Cos’è la storia dei giornalisti intercettati dalla procura di Trapani
Le conversazioni di molti giornalisti sono state ascoltate e trascritte nell'ambito di un'indagine sulle ONG, nonostante nessuno di loro fosse indagato
Un articolo pubblicato venerdì dal quotidiano Domani ha raccontato che negli ultimi anni la procura di Trapani ha intercettato e sorvegliato le telefonate di molti giornalisti, trascrivendo i contenuti delle loro conversazioni con colleghi, fonti e avvocati nonostante non fossero indagati. Di questa storia si sta discutendo molto perché, tra le altre cose, i rapporti confidenziali dei giornalisti con le loro fonti sono protetti dalla legge e perché la sorveglianza telefonica di persone non indagate dovrebbe essere fatta solo in casi rari ed eccezionali.
Le intercettazioni delle conversazioni dei giornalisti sono state fatte nell’ambito di un’indagine avviata nel 2016 dalla procura di Trapani sull’attività di alcune ONG che operavano in mare per salvare i migranti che cercavano di raggiungere l’Europa dal Nordafrica. Le indagini si sono concluse a inizio marzo e, secondo i giornali, sarà chiesto il rinvio a giudizio per 21 persone: membri delle ONG Jugend Rettet, Save the Children e Medici Senza Frontiere, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Tra i documenti depositati dalla procura alla chiusura delle indagini ci sono circa 300 pagine di trascrizioni di conversazioni di giornalisti, senza che nessuno di loro però risulti essere stato formalmente indagato.
Il caso di cui si sta parlando di più è quello delle intercettazioni delle telefonate della giornalista Nancy Porsia, collaboratrice di molte testate italiane e internazionali ed esperta in particolare di Libia. Circa 100 delle pagine di trascrizioni depositate dalla procura, ha scritto Porsia stessa, riguardano sue conversazioni con fonti confidenziali, colleghi e anche con la sua avvocata, Alessandra Ballerini. Sembra che Porsia, che non è indagata, sia stata sotto sorveglianza per circa 6 mesi e che la polizia abbia prodotto sul suo conto una sorta di dossier che secondo Domani conteneva «fotografie, contatti sui social, rapporti personali e nomi di fonti», senza che queste informazioni fossero direttamente utili per l’indagine sulle ONG.
Scrive Domani:
Molti altri giornalisti sono stati intercettati indirettamente, mentre parlavano con rappresentanti delle Ong. Si trattava di un normale rapporto – spesso fiduciario – dei giornalisti che seguivano i flussi migratori provenienti dalla Libia con le proprie fonti. In molti casi nel corso delle telefonate viene fatto riferimento a testimoni o circostanze sensibili. L’inviato di Avvenire Nello Scavo, ad esempio, viene intercettato mentre parla con una sua fonte sulle modalità per ricevere un video che dimostra le violenze subite dai migranti in Libia. Nelle carte sono riportati anche i contenuti delle conversazioni della giornalista Francesca Mannocchi con esponenti delle Ong, dove si fa riferimento ai viaggi in Libia.
È stato intercettato anche il cronista di Radio Radicale Sergio Scandurra, mentre chiedeva informazioni ad alcuni esponenti di organizzazioni umanitarie, impegnate in quei mesi nei salvataggi dei migranti. Negli atti sono poi finite diverse telefonate del giornalista del Fatto quotidiano Antonio Massari che raccontò nell’agosto del 2018 i rapporti tra gli operatori della Imi e Matteo Salvini. Anche in questo caso il cronista stava parlando con alcune fonti. Intercettati, infine, anche Fausto Biloslavo, del Giornale, e Claudia Di Pasquale, di Report.
Secondo il Codice di procedura penale, i giornalisti non sono tenuti a comunicare all’autorità giudiziaria i nomi delle fonti da cui «hanno avuto notizie di carattere fiduciario nell’esercizio della loro professione», tranne che in casi molto particolari e solo dopo la decisione di un giudice. Per questa ragione, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il sindacato dei giornalisti, ha definito un «abuso» le intercettazioni trascritte dalla procura di Trapani. Le intercettazioni telefoniche dovrebbero essere infatti limitate alle persone indagate per alcuni tipi di reato e dovrebbero essere trascritte e tenute agli atti solo se giudicate legittime e inerenti all’inchiesta in corso. Solo in alcuni casi è prevista la possibilità di intercettare telefonate di persone non indagate – per raccogliere prove utili all’indagine –, ma in questi casi le intercettazioni dovrebbero avere uno scopo molto limitato.