Dieci grandi film di spionaggio

Visto che le spie sono tornate un tema d'attualità: dal “nonno" del genere fino ai suoi ultimi discendenti, passando spesso per Berlino e le Carré

Così come per tanti altri generi o sottogeneri del cinema, anche per i film di spionaggio è impossibile determinare chiari confini. Se è evidente che la presenza di una o più spie sia un forte indizio, nemmeno si può dire che basti solo quello, e si potrebbe anche sostenere che esistano film di spionaggio senza vere e proprie spie al loro interno. Di certo, i film di spionaggio hanno una lunga storia e un’ampia evoluzione, da quelli d’azione e d’avventura a quelli di dialogo e ragionamento. Da quelli con protagonisti eleganti circondati dal lusso, a quelli brutti, sporchi e cattivi.

Un buon modo per distinguere tra i tanti possibili film di spionaggio consiste nel dividerli, come spiega TV Tropes tra quelli “Martini” e quelli “birra stantia”. I primi sono quelli alla James Bond, i secondo sono quelli più cupi, senza macchine veloci e femmes fatales. I secondi hanno normalmente protagonisti che agiscono davvero nell’ombra e dietro le quinte, dove tutto è opaco e tutti sembrano avere qualcosa da nascondere e spesso pure qualcosa di cui si vergognano almeno un po’. Ci sono ovviamente anche tante vie di mezzo e alcune alternative, ma è una distinzione che in genere regge.

– Leggi anche: Cose che avete di sicuro già visto al cinema

Visto che le spie – non cinematografiche – sono state un recente argomento di dibattito e persino preoccupazione nazionale (per una storia che sembra essere molto poco “Martini”), qui avanti ci sono un po’ di film di spionaggio: non necessariamente i migliori in assoluto, ma che a loro modo possono essere considerati “grandi film” con un po’ di varietà di epoche e approcci e privilegiando quelli non ispirati a precise e note vicende storiche. E senza prendere in considerazione le saghe con protagonisti i celebri agenti segreti che rispondono ai nomi di James Bond, Jason Bourne o Ethan Hunt.

Spione
È un film muto tedesco del 1928, diretto da Fritz Lang e scritto da lui e da sua moglie Thea von Harbou, definito «il nonno di tutti i film di spionaggio». Ha per protagonista uno stimato direttore di banca che allo stesso tempo è a capo di una organizzazione criminale internazionale. Il quale, innamorandosi di una giovane donna russa, le offre un lavoro come spia che ha a che fare con l’Austria. E questo è solo l’inizio, perché poi arrivano anche un agente dei servizi segreti, una serie di vicende che hanno a che fare con il Giappone e un viaggio sull’Orient Express.

Il film – il cui titolo italiano è L’inafferrabile – non piacque granché a Lang, che lo definì «un film piccolo, ma con molta azione». Eppure salta fuori spesso in classifiche ed elenchi come questo: con apprezzamenti per il modo chiaro e deciso con cui presenta subito le sue premesse e i suoi personaggi e proprio per le sue scene d’azione. «È facile immaginare» ha scritto Esquire «un giovane Alfred Hitchcock che lo guarda prendendo appunti su come Lang riesce a mescolare con cura morte, pericolo e intrattenimento».


Atomica Bionda
Un film del 2017 in cui Charlize Theron è Lorraine Broughton, agente dell’MI6 (i servizi segreti britannici). È ambientato a Berlino alla fine degli anni Ottanta, quindi poco prima che il Muro stia per cadere, e Broughton viene mandata a Berlino per sistemare casini, recuperare documenti, fare un po’ d’ordine prima della fine della Guerra fredda. Il film è tratto dal graphic novel The Coldest City ed è diretto David Leitch, un ex capo-stuntmen, evidentemente molto attento alle scene d’azione e in particolare ai combattimenti corpo-a-corpo. C’è, per esempio, un’avvincente e tecnicamente complicatissima scena di lotta che dura quasi dieci minuti e che sembra essere un unico piano sequenza. Piacque molto anche la colonna sonora.


– Leggi anche: Charlize Theron fa tutto quello che fa John Wick, ma all’indietro e sui tacchi

Il ponte delle spie
Diretto da Steven Spielberg, scritto dai fratelli Coen e con Tom Hanks e Mark Rylance come protagonisti, è un film del 2015 ma è piuttosto classico nel suo svolgimento e di grande qualità ed eleganza per come è scritto, recitato e girato. Con dialoghi e ragionamenti e con meno azione rispetto a molti altri film di questo genere (sebbene abbia comunque una sua interessante scena di inseguimento nella metropolitana).

La trama, tratta da una storia vera, ha per protagonista l’avvocato assicurativo James B. Donovan, che nel bel mezzo della Guerra fredda dovette difendere in tribunale una spia del KGB (i servizi segreti sovietici) e poi negoziare lo scambio tra la spia e un pilota dell’aeronautica statunitense il cui aereo era stato abbattuto dai sovietici. Donovan, insomma, è uno di quegli uomini comuni e assai per bene interpretati spesso da Hanks, che si trovano in mezzo a una storia molto più grande di loro. Il ponte del titolo è il ponte di Glienicke, che collegava e ancora collega la città di Potsdam e Berlino. Ai tempi della Guerra fredda venne associato alle spie perché collegava la parte della città controllata dall’occidente a quella dei sovietici. Capitò quindi in più occasioni che agenti, spie e emissari dei due blocchi si incontrassero proprio lì.


I tre giorni del Condor
Adattato dal romanzo I sei giorni del Condor, diretto da Sydney Pollack e con Robert Redford e Faye Dunaway, è stato definito «il film di spionaggio post-Watergate per eccellenza» e «un intenso e spettacolare cubo di Rubik sul controspionaggio». Ha per protagonista un giovane analista di basso rango della CIA, che dopo essere uscito di nascosto dall’ufficio per comprarsi qualcosa da mangiare ritorna e scopre che tutti i suoi colleghi sono stati uccisi. Capisce, dunque, di essere finito in mezzo a qualcosa di molto più grande di lui, di non potersi fidare di nessuno e di dover usare grande astuzia e tanta cautela per sopravvivere e magari anche capire cos’è successo.

In una sua lista dei 50 migliori film di spionaggio di sempre (dove I tre giorni del Condor è al 17° posto), Vulture ha scritto che «Redford riesce a immedesimarsi molto bene nella dura e sconvolgente realtà di un uomo che in poco tempo deve capire e imparare a fare molte cose dalle quali dipende la sua sopravvivenza». E ha aggiunto che «Pollack offre alcune incredibili scene di suspense», ma tuttavia «i momenti migliori sono quelli in cui Redford si muove tra le strade di New York pensando che chiunque potrebbe essere una minaccia».


Spy Game
Un altro Robert Redford, questa volta un po’ più anziano e affiancato da un giovane Brad Pitt. Nel film, diretto da Tony Scott, Redford è un agente della CIA che sta per andare in pensione; prima però deve compiere un’ultima complicatissima missione per salvare il personaggio di Brad Pitt al quale, prima che i due si allontanassero, aveva insegnato i segreti del mestiere. Il film procede soprattutto attraverso una serie di flashback sulla carriera del personaggio di Redford e sul suo rapporto con quello di Pitt.


Notorious
In un elenco sui film di spionaggio quelli di Hitchcock potrebbero essere molti, ma questo – uscito nel 1946 – forse merita di rappresentarli tutti per la sua eleganza e per come divenne a suo modo una sorta di modello formale, narrativo e visivo per tanti successivi film. Aiuta anche il fatto che i suoi due protagonisti siano Cary Grant e Ingrid Bergman. Nel film, lei è la figlia di una spia nazista e lui un agente segreto che la convince a infiltrarsi per conto dei servizi segreti statunitensi in un’organizzazione nazista con sede in Brasile. Lei accetta e incidentalmente si innamora anche di lui (e lui di lei, e infatti si baciano molto); solo che poi – diciamo per lavoro – lei finisce col dover sposare il capo dell’organizzazione nazista.


Notorious era uno dei film preferiti del regista francese François Truffaut e anche del grande critico americano Roger Ebert, che nel 1997 scrisse: «È l’espressione più raffinata dello stile visivo del maestro, proprio come Vertigo era la più compiuta espressione delle sue ossessioni. Contiene alcune delle riprese più efficaci della sua carriera (o di quella di chiunque altro), e tutte conducono ai grandi passaggi finali in cui i due uomini scoprono quanto si erano sbagliati».

– Leggi anche: Alfred Hitchcock visto di lato

La talpa
È un film del 2011, diretto da Tomas Alfredson, tratto da un romanzo di John le Carré e con un cast niente male composto tra gli altri da Gary Oldman, Colin Firth, Tom Hardy, Mark Strong, Ciarán Hinds e Benedict Cumberbatch. È ambientato a Londra negli anni Settanta e la sua ricca e avvincente trama parte da una semplice premessa: nei servizi segreti britannici c’è una talpa, un infiltrato. Il compito di trovarla (o trovarlo) è affidato a George Smiley, lo svogliato e taciturno agente interpretato da un eccellente Oldman.

In una sua lista dei migliori film di spie di questo secolo, Collider ha definito La talpa (il cui titolo originale è Tinker Tailor Soldier Spy) un film «elegante e intricato, i cui protagonisti sono ben lontani dai super agenti segreti di certi film», che non ha «strani gadget o inseguimenti a folle velocità e si concentra invece sull’arte dello spionaggio dei tempi andati», in cui il confronto è soprattutto fatto di inganni e reciproche astuzie. Collider ha aggiunto che «è un film che chiede molto ai suoi spettatori» ma anche che «la ricompensa finale vale dieci volte tanto l’impegno che si è messo nel guardarlo».


Il terzo uomo
Un film del 1949 diretto da Carol Reed e con una sceneggiatura scritta da Graham Greene, di grande bellezza estetica e con un andamento quasi ipnotico, trainato anche dalla celebre colonna sonora originale scritta da Anton Karas. Parla di un mistero nella Vienna occupata dagli alleati e ci recita, tra gli altri, Orson Welles: che collaborò alla scrittura di alcuni dialoghi (tra cui quello leggendario sulla Svizzera, l’Italia e gli orologi a cucù) e che compare tardissimo, pur essendo stato nel film dall’inizio. «È un film che è stato spesso imitato» ha scritto Esquire «ma mai superato».


– Leggi anche: 20 grandi finali cinematografici

La spia – A Most Wanted Man
Un film del 2014, un altro tratto da un libro di le Carré e uno degli ultimi in cui recitò Philip Seymour Hoffman, amatissimo attore che morì a 46 anni nel febbraio di quell’anno. A Most Wanted Man racconta la storia di un gruppo di terroristi residenti in Europa coinvolti negli attentati dell’11 settembre, e dei tentativi di catturarli da parte dell’intelligence tedesca e americana. Insieme a Seymour Hoffman – la cui interpretazione è stata definita «misurata e sconcertante» – recitano Rachel McAdams, Robin Wright, Willem Dafoe e Daniel Brühl. È un film raramente ricordato e non granché celebrato ma è di certo pieno di eventi e colpi di scena, oltre che di grandi personaggi, con una profondità non comune per un film di questo genere, e con così tanti eventi al suo interno.


La spia che venne dal freddo
Un’altra storia di le Carré, che è morto nel dicembre 2020 ed è stato forse lo scrittore a cui il genere dello spionaggio deve di più. Il film uscì nel 1965, con Martin Ritt regista e Richard Burton protagonista. È ambientato a Berlino, inizia da una parte del muro e finisce dall’altra. Il protagonista è Alec Leamas, un agente segreto britannico che deve fingere di collaborare col nemico, facendo arrivare a chi di dovere informazioni false e destabilizzanti. Tra le tante altre cose, il film contiene un discorso in cui Leamas dice che le spie, a ben vedere, sono molto meno di quello che si creda: dei «seedy, squalid bastards like me», dice lui.


– Leggi anche: Non ci sono più le spie di una volta