Il telescopio spaziale più grande di sempre è pronto

Con 14 anni di ritardo, la NASA si prepara a lanciare il James Webb Space Telescope in orbita, con qualche timore per i pirati

Una fase di assemblaggio dello specchio del James Webb Space Telescope (NASA)
Una fase di assemblaggio dello specchio del James Webb Space Telescope (NASA)

La sera dell’8 luglio 1872, Samuel Pierpont Langley stava rincasando dopo avere partecipato a una conferenza quando fu avvisato da un collaboratore di uno strano furto: qualcuno aveva rubato la lente principale del telescopio Fitz dell’osservatorio Allegheny, nei pressi di Pittsburgh, del quale Langley era direttore. La lente sarebbe stata restituita solo dietro il pagamento di un riscatto, ma Langley decise di non scucire nemmeno un soldo benché la lente avesse un importante valore scientifico.

Che cosa accadrebbe se qualcosa di analogo accadesse oggi, magari con il telescopio spaziale più costoso e potente mai realizzato, da 10 miliardi di dollari?

La domanda è saltata fuori in una delle recenti riunioni della NASA organizzate per gestire il lancio del James Webb Space Telescope (JWST), che avverrà all’inizio dell’autunno dopo gli innumerevoli ritardi dovuti a problemi nel suo sviluppo, la cui messa in orbita sarebbe dovuta avvenire in origine nel 2007. Il progetto è in ritardo di 14 anni ed è costato decine di volte più del previsto, e per questo la NASA non vuole correre rischi, nemmeno con i pirati.

Via nave
Il JWST è troppo ingombrante e pesante per essere trasportato in aereo dalla California – dove saranno eseguiti gli ultimi test – alla base di lancio di Kourou nella Guyana Francese. Dovrà quindi essere consegnato via nave, con un lungo viaggio che prevede l’attraversamento del Canale di Panama. La NASA è orientata a mantenere segreta fino all’ultimo la data del trasferimento per non correre il rischio di subire qualche sabotaggio, o secondo altri che il prezioso carico finisca negli interessi delle organizzazioni criminali che compiono furti e sequestri delle navi per il trasporto merci.

Un sequestro del JWST appare improbabile, ma qualche precauzione in più non guasta e si vuole evitare che i pirati si aggiungano alla già lunga lista di contrattempi che hanno fatto ritardare il lancio del telescopio. Si sa comunque che il trasporto avverrà tra la fine di luglio e la prima metà di agosto, mentre non sono state ancora fornite informazioni sulla presenza di navi della marina militare statunitense per fare da scorta.

Imprevisti
L’eventualità di un furto sollevata alla riunione della NASA è stata accolta con una certa ironia da esperti e appassionati di Spazio, ma anche da chi ha seguito in tutti questi anni il complicato sviluppo del JWST. La proposta di costruirlo era stata presentata per la prima volta 25 anni fa, dopo alcune considerazioni sugli ottimi risultati ottenuti con il telescopio spaziale Hubble, che da oltre 30 anni è in orbita in media a 530 chilometri dalla Terra e ci offre immagini spettacolari e utili per le ricerche sul nostro sistema solare, la Via Lattea e le altre galassie.

(Northrop Grumman / NASA)

Il JWST non sarà comunque un diretto concorrente di Hubble, perché avrà la capacità di vedere molto più in profondità. Lo potrà fare grazie a uno specchio più grande e al fatto di trovarsi a quasi 1,5 milioni di chilometri da noi, nei periodi di massima distanza dalla Terra: circa quattro volte lo spazio che separa il nostro pianeta dalla Luna. Lontano dal bagliore e dalle interferenze del nostro pianeta, il telescopio potrà effettuare osservazioni più accurate e precise.

(NASA)

Lo specchio di JWST, il sistema ottico che raccoglie la luce e la indirizza verso i sensori del telescopio, ha un diametro di 6,5 metri ed è molto più grande di quello di Hubble da 2,4 metri.

È enorme e sarebbe stato molto difficile spedirlo nello Spazio così com’è: i progettisti hanno quindi lavorato a una sorta di origami, suddividendolo in 18 esagoni che si dovranno dispiegare una volta in orbita. Ogni esagono è rivestito da una sottilissima lamina di oro, che rende la superficie riflettente.

Test di apertura dello specchio del JWST (NASA)

La presenza del materiale prezioso è una delle preoccupazioni per il trasporto via nave del telescopio. Ma più dei furti, i responsabili del progetto sono preoccupati dalla delicata apertura dello specchio, che dovrà avvenire automaticamente: un minimo imprevisto potrebbe rendere inservibile il telescopio, impossibile da riparare considerata la distanza a cui si troverà dalla Terra.

Scudo termico
Il JWST sarà trasportato in orbita da un razzo Ariane 5. Una volta nello Spazio continuerà a viaggiare per raggiungere il punto di inserimento nella sua orbita, e intanto inizierà a esporre gli esagoni che formano lo specchio primario. Per raffreddare i suoi strumenti ed evitare che sbalzi di temperatura influiscano sulle rilevazioni, il telescopio potrà fare affidamento su uno scudo termico, una sorta di parasole, grande quanto un campo da tennis. È stato realizzato in Kapton, una materia plastica piuttosto resistente e che viene utilizzata anche per lo strato esterno delle tute spaziali. I progettisti ne hanno messi insieme cinque strati, che avranno il compito di dissipare il calore e riflettere la luce solare.

Lo scudo termico del JWST in una fase di assemblaggio nell’estate del 2014 (NASA Goddard Space Flight Center)

Lo scudo termico ha dato qualche grattacapo ai progettisti ed è stato una delle numerose cause dei ritardi nello sviluppo del telescopio. Nel 2018 un test per provare a farlo dispiegare andò storto: parte del Kapton si impigliò in un altro elemento del telescopio e iniziò a tagliarsi, rendendo necessaria la rinuncia all’esperimento. In precedenza, un altro test aveva evidenziato un problema nella tenuta di alcune viti se sottoposte a particolari vibrazioni. In seguito furono riscontrati problemi di tenuta di alcune valvole, che avrebbero potuto compromettere il funzionamento di altri strumenti.

Progressi
Per alcuni anni sembrò che qualsiasi cosa potesse andare storta lo stesse facendo. In realtà, come per molti progetti per dispositivi così complessi da utilizzare nello Spazio, i progressi c’erano stati eccome. I 18 esagoni dello specchi furono completati e testati senza particolari problemi, così come buona parte degli strumenti per effettuare le osservazioni. La costruzione di un telescopio spaziale così grande, potente e versatile era del resto una novità e costituiva di per sé un esperimento scientifico, con tutti gli imprevisti del caso.

Nell’ultimo anno, la NASA e l’Agenzia spaziale europea (ESA) e canadese (CSA) che partecipano al progetto non hanno avuto molti altri problemi. A marzo del 2020 un importante test per simulare il comportamento del JWST in assenza di peso è stato un successo, così come la prova generale di assemblaggio del telescopio per fare in modo che stia all’interno del razzo che lo porterà in orbita. Nell’estate dello scorso anno, e nonostante le difficoltà aggiuntive dovute alla pandemia, i tecnici hanno concluso i principali test su software e componenti elettronici, effettuando poi con successo una nuova prova di apertura dello scudo termico.

(Northrop Grumman / NASA)

I test svolti quest’anno sono andati come previsto e tra qualche mese il JWST sarà pronto per essere impacchettato e trasportato nella Guyana Francese. Il telescopio deve il proprio nome a James Edwin Webb, il secondo amministratore della NASA e soprattutto uno dei principali artefici del programma Apollo, che portò per la prima volta gli esseri umani sulla Luna.

Furto
Anche Langley, il direttore dell’osservatorio vicino a Pittsburgh, non nascondeva un certo interesse per la Luna. Aveva provato a calcolarne la temperatura superficiale utilizzando un bolometro, uno strumento che aveva inventato lui stesso per misurare la radiazione infrarossa, invisibile ai nostri occhi. All’epoca difficilmente avrebbe immaginato che proprio l’infrarosso sarebbe stato sfruttato un giorno da un enorme telescopio in orbita oltre la Luna, con qualche rischio seppure molto remoto di un furto.

A distanza di quasi un secolo e mezzo, la storia della lente rubata all’osservatorio di Allegheny mantiene ancora qualche mistero. Si racconta che Langley e l’autore del furto si fossero incontrati poi nottetempo in un bosco e che per riavere la lente Langley avrebbe dovuto pagare un riscatto: si rifiutò di farlo, perché non si negozia con i sequestratori di oggetti scientifici.

Alla fine il direttore dell’osservatorio riuscì a farsi dire dove fosse stata nascosta la lente, promettendo in cambio di non rivelare l’identità dell’autore del furto. Secondo altre versioni la posizione della lente non fu svelata, ma chi l’aveva rubata preferì non proseguire con la storia del riscatto nel timore di essere scoperto.

La lente del telescopio fu trovata in seguito in una stanza di albergo a Beaver Falls, una piccola città della Pennsylvania a circa 50 chilometri da Pittsburgh. Fu notata in un cestino per la carta straccia e, una volta riportata all’osservatorio, Langley notò con grande disappunto la presenza di diversi graffi, tali da renderla inutilizzabile. La fece levigare e sistemare ad Alvan Clark, uno dei più rispettati e abili costruttori di telescopi dell’epoca. Clark non solo riuscì a rimuovere i graffi, ma ne migliorò le qualità ottiche rendendo ancora più preciso il telescopio Fitz. In un certo senso, il furto della lente si era rivelato vantaggioso per l’osservatorio.

Il telescopio, che da allora porta anche il nome di Clark, funziona ancora oggi e viene utilizzato per lo più a scopo dimostrativo durante le visite aperte al pubblico. Il James Webb Space Telescope osserverà lo stesso cielo, ma con la capacità di rilevare galassie e corpi celesti lontanissimi, tra i primi a essersi formati nell’Universo e offrirà nuovi dati per studiarne meglio l’evoluzione.