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  • Domenica 28 marzo 2021

Perché la nave nel Canale di Suez ci affascina

È una vicenda non pandemica visivamente spettacolare, con aspetti insieme comici e preoccupanti: e rivela meccanismi che diamo per scontati

di Stefano Vizio

 (AP Photo/Mohamed Elshahed)
(AP Photo/Mohamed Elshahed)

Le immagini della enorme nave portacontainer Ever Given incagliata all’imbocco del Canale di Suez sono state di gran lunga le più viste e commentate della settimana, e mentre passavano da testimonianza di un evento spettacolare e inatteso a sfondo di meme condivisi sui social network hanno rivelato a moltissime persone i meccanismi e le dimensioni dell’infrastruttura delle spedizioni navali, tanto fondamentale e influente nella vita quotidiana di ciascuno di noi quanto invisibile a praticamente chiunque non ci abbia a che fare per lavoro.

Allo stesso tempo, quello della Ever Given ha evidenziato fragilità e paradossi del mercato globalizzato, e ricordato quanto incidenti relativamente banali e imprevedibili possano avere conseguenze enormi per l’economia mondiale. Se la nave non sarà liberata entro qualche giorno, l’impatto sui commerci avrà probabilmente conseguenze percepibili direttamente da milioni di persone. Ma c’è probabilmente altro dietro all’attenzione collettiva verso la nave e il suo enorme imprevisto, che sta affascinando molti per la sua casualità, la sua estetica, il suo lato comico e la sua natura per una volta estranea alle notizie epidemiologiche che hanno occupato le vite di tutti nell’ultimo anno.

(Mahmoud Khaled/Getty Images)

Dopo mesi nei quali seguire e capire le notizie sulla pandemia ha richiesto lo sviluppo di una notevole dose di nozioni scientifiche su virus e vaccini, e in generale in un’epoca storica in cui le cause, ramificazioni e implicazioni della gran parte dei fenomeni globali appaiono – e sono – spesso troppo complesse per essere interpretate e valutate pienamente, la storia della Ever Given sta appassionando molte persone per la sua semplicità. Per cause ancora da chiarire ma tutto sommato intuibili, legate probabilmente a una combinazione di fattori atmosferici (il forte vento), ambientali (la conformazione del canale in quel tratto) e umani (si ipotizza un qualche tipo di errore di manovra), una enorme nave si è incastrata dove proprio non doveva incastrarsi. E spostarla è un’impresa complicatissima.

– Leggi anche: La storia del Canale di Suez

«Le persone come me e voi non dovrebbero davvero sapere cosa fanno le navi come quella», ha scritto sull’Atlantic Amanda Mull. «Non è previsto che pensiate, e nemmeno che notiate, il commercio marittimo globale: ma la Ever Given, con modalità da cartone animato, ha reso evidente un pezzo delle infrastrutture cruciali del capitale globale, normalmente invisibile nelle vite quotidiane delle persone. Lo ha fatto con una gag visiva assolutamente sublime, resa migliore da ogni nuovo dettaglio sui problemi che sta causando la nave e da ogni foto delle impotenti azioni umane intraprese per risolvere la situazione».

(Suez Canal Authority via AP)

Le operazioni per liberare la nave, coordinate da una squadra specializzata olandese che in passato aveva recuperato il sottomarino russo K-141 Kursk dal fondo del mare di Barents, stanno procedendo lentamente e stanno rivelando una certa impotenza delle attrezzature e tecniche disponibili per far fronte a incidenti simili. Le foto della ruspa solitaria accanto all’enorme scafo della Ever Given erano in parte ingannevoli: attualmente sono al lavoro battelli-draga che drenano il fondale e navi-rimorchio per tirare la nave, e presto potrebbero intervenire anche enormi gru per spostare i container e alleggerirne il carico. Per certi versi, l’attenzione internazionale verso un così specifico e insolito rompicapo ingegneristico ricorda quella nei confronti delle operazioni per estrarre i ragazzi intrappolati nella grotta thailandese nel 2018.


In questi giorni, in molti hanno seguito le vicende della Ever Given su siti come Vessel Finder o Marine Traffic, che mostrano le posizioni di tutte le navi sopra una certa dimensione nei mari e negli oceani del globo, con modalità particolarmente appaganti per gli appassionati di mappe e geografia. Nonostante la collocazione piuttosto isolata dell’incidente, col passare dei giorni i giornali e le agenzie di stampa internazionali hanno pubblicato foto spettacolari della nave, gigantesca rispetto alle escavatrici, alle barche e alle case ai suoi piedi. Se non avesse assunto un’inclinazione imprevista, per gli abitanti delle città e dei villaggi lungo il Canale il profilo della Ever Given sarebbe stato uno dei tanti che ogni giorno transitano placidamente all’orizzonte.

Le proporzioni della nave e lo sfondo del deserto egiziano, interrotto dai pattern cromatici dei container, hanno reso per certi versi ipnotiche le foto della Ever Given, a metà tra un incrociatore imperiale arenato su un pianeta di Star Wars e il battello trascinato nella foresta amazzonica del Fitzcarraldo di Werner Herzog. L’assenza di morti, feriti o anche solo vittime evidenti dell’incidente – che potrebbero emergere più chiaramente se il blocco continuerà e danneggerà alcuni settori dell’economia – ha reso probabilmente più spensierata la reinterpretazione comica dell’incidente nei moltissimi meme circolati online.

«La Ever Given si è messa di traverso in una delle più importanti vie commerciali al mondo gridando “Ooops!”. Sta rovinando tutto, e almeno per il momento non può essere fermata (o meglio: non può essere messa in movimento)», scrive Mull.

(EPA/SUEZ CANAL AUTHORITY)

Quello delle navi cargo è un settore enorme, fondamentale e di fatto misterioso, raccontato dal giornalista William Langewiesche in un libro del 2004, Terrore dal mare. Tra previsioni non avveratesi sulla minaccia terroristica rappresentata dalle grandi navi e ricostruzioni di epocali incidenti navali, Langewiesche racconta l’intricato e anarchico mondo del trasporto marittimo, fatto di navi alle cui proprietà è sostanzialmente impossibile risalire e di complessi e truffaldini sistemi di immatricolazioni transnazionali. Questo nasconde frequentissime attività illecite, e rende complicato e poco efficace lo sforzo dei governi e delle istituzioni internazionali di stabilire e soprattutto far rispettare le regole.

La società di ricerca Alphaliner stima che siano circa 5.500 le grandi navi portacontainer attive, per una capacità complessiva di oltre 24 milioni di TEU, l’unità corrispondente a un container di 6,1 x 2,4 x 2,6 metri considerata lo standard nel trasporto marittimo. La portata massima di un container di queste dimensioni è di 24 tonnellate, anche se vengono normalmente caricati molto meno. Quello della “containerizzazione” è un fenomeno relativamente recente, nato negli anni Cinquanta ma cresciuto soprattutto dagli anni Ottanta, che ha rivoluzionato il commercio internazionale e contribuito in modo determinante alla costruzione di un vero mercato globale, rendendo drasticamente più economico spostare le merci da un capo all’altro del mondo.

La Ever Given comunque non è una nave portacontainer qualunque, bensì una delle più grandi in circolazione. Lunga 400 metri – più dell’Empire State Building e della Torre Eiffel – e pesante oltre 200mila tonnellate, può ospitare quasi ventimila container. Ha una capacità che è superiore a quella dell’intera flotta commerciale dell’Impero britannico alla fine del Cinquecento, stimata dallo storico Yuval Noah Harari in circa 68mila tonnellate. I marinai inglesi che rendevano possibile il commercio globale britannico all’epoca erano 16mila: l’equipaggio della Ever Given è composto da meno di trenta persone.

Il porto di Oakland, in California. (Justin Sullivan/Getty Images)

«Guardatevi intorno: il 90 per cento di quello che è nella vostra stanza arriva dalla Cina», ha detto al New York Times Alan Murphy, fondatore della società di analisi marittime Sea-Intelligence. «Almeno il 90 per cento del traffico commerciale globale si muove sui container, quindi tutto è coinvolto. Dite un qualsiasi marchio, e sarà bloccato su una di quelle navi» che stanno aspettando di passare dal Canale di Suez.

– Leggi anche: Come è fatto il Canale di Suez

Gran parte di quello che compriamo online viene trasportato su una nave portacontainer come la Ever Given, e per chi vive in Italia, Francia o Regno Unito una parte considerevole degli oggetti di uso quotidiano passa proprio attraverso il Canale di Suez, la principale via di comunicazione marittima tra Asia ed Europa. Ma l’incidente non rivela solo questo meccanismo, normalmente non pensato o quantomeno dato per scontato.

Peter S. Goodman, giornalista economico del New York Times, ha spiegato che tra le tante ed enormi conseguenze della containerizzazione, che vanno dalle delocalizzazioni produttive all’abbattimento dei costi per i consumatori, c’è anche il fatto che le aziende hanno iniziato a fare affidamento sulle rapide ed efficienti catene di spedizioni internazionali per risparmiare sulle scorte di materiali e componenti. Come spiega Goodman:

Invece di spendere grandi somme per ammassare le merci, le società possono contare sulla magia di internet e del settore delle spedizioni globali per ordinare e ottenere tempestivamente quello che vogliono quando vogliono. I soldi non spesi a riempire i magazzini con parti di automobili non immediatamente necessarie possono essere distribuiti come dividendi agli azionisti.

Questo sistema, reso possibile da imponenti modelli di ottimizzazione logistica che hanno permesso di contenere i costi e aumentare sensibilmente i profitti, ha ingigantito certe fragilità del mercato globalizzato di cui i consumatori normalmente vengono a conoscenza soltanto sporadicamente, in corrispondenza di particolari carenze di specifici prodotti. Le difficoltà dei governi nel reperire mascherine e dispositivi medici durante la prima ondata della pandemia hanno reso evidenti queste debolezze del sistema, normalmente abituato all’immediata e illimitata disponibilità delle merci. La Ever Given, con la sua chiglia incastrata di traverso in qualche decina di migliaia di metri cubi di fango di troppo, potrebbe fare lo stesso svelando altri limiti e contraddizioni del modello economico e commerciale contemporaneo.

(Planet Labs Inc. via AP)

Per capire le dimensioni delle conseguenze del blocco del canale occorrerà sapere quanto ci vorrà per spostare la Ever Given. Il trasporto marittimo è abituato a gestire imprevisti, dal maltempo ai guasti meccanici, e l’opinione degli esperti è che se la situazione si risolverà entro l’inizio della prossima settimana i danni saranno contenuti. Ma dal Canale di Suez passa circa il 12 per cento del commercio mondiale, e secondo l’agenzia Lloyd’s List il blocco riguarda l’equivalente di 9,6 miliardi di dollari di merci ogni giorno. Le navi in attesa di passare sono oltre 320 secondo l’agenzia Leth Agencies, che si occupa del traffico nel canale, e diverse compagnie stanno decidendo o valutando se deviare le rotte in modo da circumnavigare il capo di Buona Speranza, in Sudafrica, percorso che può richiedere una decina di giorni in più e una notevole spesa aggiuntiva in carburante.

– Leggi anche: Le navi che rimasero bloccate otto anni nel canale di Suez

Come spiega Ian Goldin, professore di globalizzazione a Oxford, «mentre diventiamo sempre più interdipendenti, siamo ancora più soggetti alle fragilità che compaiono e che sono sempre imprevedibili. Nessuno poteva prevedere che una nave si sarebbe incagliata nel canale, così come nessuno poteva prevedere da dove sarebbe arrivata la pandemia. Così come non possiamo prevedere il prossimo attacco informatico, o la prossima crisi finanziaria: ma sappiamo che arriverà».