La Ever Given per ora non si muove
I tentativi di disincagliare la nave nel canale di Suez potrebbero dare risultati nei prossimi giorni: per il piano B servono settimane
L’enorme nave portacontainer che da martedì è incastrata nel canale di Suez, e che sta ritardando e complicando i trasporti marittimi internazionali, è ancora lì. Una dichiarazione dei proprietari giapponesi della Ever Given – che è il nome della nave, mentre Evergreen è il nome della compagnia – secondo cui c’era la speranza di liberarla entro sabato è stata smentita, e attualmente le previsioni più ottimiste parlano dell’inizio della prossima settimana. I tentativi in corso hanno dato piccoli risultati, ma le persone e i macchinari in azione stanno aumentando in vista di nuove operazioni nel weekend. Se non dovessero funzionare ci si prepara a un piano alternativo assai più lungo e laborioso. Nel frattempo, gli Stati Uniti sono l’ultimo paese ad aver offerto aiuto all’Egitto per sbloccare la situazione.
Finora l’approccio adottato è stato quello di affiancare la Ever Given, che con i suoi 400 metri è più lunga dell’Empire State Building, con diverse navi-rimorchio su ciascun lato, e di allargare gli argini del canale con delle escavatrici. Tirando a prua e a poppa la nave, l’obiettivo è di farla ruotare abbastanza da liberarla. Ma è un’operazione delicata, e comunque finora non ha dato veri risultati. Ai lavori si sono quindi aggiunti dei battelli-draga che stanno lavorando per rimuovere alcune decine di migliaia di metri cubi di sabbia dal fondale intorno alla Ever Given. Questa operazione, combinata a un alleggerimento del carico della nave, potrebbe farla tornare a galleggiare, rendendo di nuovo possibile la sua navigazione lungo il canale.
Da giovedì ci sta lavorando una squadra di esperti olandesi che in passato si è occupata di complesse operazioni marine come recuperare il sottomarino russo K-141 Kursk dal fondo del mare di Barents. Peter Berdowski, il capo della società olandese, ha paragonato la situazione della Ever Given a quella di una balena spiaggiata.
Nella migliore delle ipotesi, il tentativo attualmente in atto potrebbe liberare la nave tra domenica e lunedì. Berdowski ha spiegato che si proverà a sfruttare il fatto che la poppa della nave non è completamente nel fango, a differenza della prua. Il dragaggio del fondale sta arrivando alle fasi finali, e nel weekend arriveranno nuovi rimorchiatori: insieme a un momento di alta marea, Berdowski dice che se tutte le cose andranno bene si potrà liberare il canale all’inizio della prossima settimana. Il timone, la placca fissata dietro all’elica che dà la direzione alla nave, è stato liberato.
Se invece le cose andassero male, l’unica alternativa sarà continuare a scavare gli argini e il fondale procedendo contemporaneamente con una più massiccia e laboriosa operazione di alleggerimento: spostare parte dei ventimila container presenti sulla nave a terra, usare gru alte alcune decine di metri, e rimuovere parte del carburante e dell’acqua che alloggia in alcuni spazi dello scafo. Potrebbero volerci settimane, avvertono gli esperti, e bisognerà fare attenzione a non sbilanciare la nave rischiando che si spezzi. Una volta spostata, occorrerà vedere in che condizioni è il fondale, i cui sommovimenti potrebbero complicare la navigazione anche in assenza della Ever Given.
Le navi in attesa di percorrere il canale, a nord, a sud e nel Grande Lago Amaro sono 276, secondo l’agenzia Leth Agencies che si occupa del traffico nel canale. Oltre 8 miliardi di euro di merci al giorno sono bloccati a causa della Ever Given, secondo le stime. Decine di navi che devono spostarsi dall’Asia all’Europa e viceversa stanno invece valutando se deviare le proprie rotte percorrendo gli oltre 5mila chilometri che servono a circumnavigare il Capo di Buona Speranza, e quindi l’intero continente africano, cosa che può richiedere una decina di giorni in più.
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Le conseguenze commerciali del blocco sono difficili da calcolare, e dipenderanno fortemente da quanto servirà per liberare la nave. I commerci marittimi sono abituati ad adattarsi agli imprevisti, e si pensa che se il canale sarà liberato entro lunedì i danni saranno contenuti. Ma un ulteriore ritardo può causare guai soprattutto per i carichi di prodotti che deperiscono, o per quelli di dispositivi medici. C’è un po’ di preoccupazione anche per le fabbriche di automobili europee, le cui catene di rifornimento hanno tempi molto serrati. I porti del Nord Europa rischiano di affollarsi, mentre i costi delle spedizioni via mare aumenteranno notevolmente se per un po’ sarà necessario circumnavigare l’Africa, cosa che richiede molto più carburante, la spesa maggiore nei costi operativi di una nave portacontainer.
La compagnia assicurativa Allianz ha stimato perdite tra i 5 e gli 8,5 miliardi di euro a settimana per il commercio internazionale, e in questi giorni i costi delle spedizioni marittime di petrolio sono già quasi raddoppiati per la crescente domanda. Un blocco lungo settimane avrà conseguenze soprattutto sui costi di trasporto di nafta e altro carburante dall’Europa all’Asia, specialmente per le navi più piccole, dicono gli esperti. I prezzi globali del petrolio sono già aumentati del 3 per cento, ma è bassa stagione per quanto riguarda la richiesta internazionale di greggio e gas naturale liquefatto, e perciò l’impatto del blocco è un po’ meno grave.
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