La grotta di Central Park
Scoperta durante la costruzione del parco di Manhattan ospitò ragazze in fuga, senzatetto e alcuni episodi violenti, finché le autorità la sigillarono: ma è ancora lì
A New York, camminando per i sentieri vicini a uno dei laghi di Central Park – quello che viene chiamato didascalicamente “The Lake” – si raggiunge una zona con una folta vegetazione e alcuni percorsi stretti e tortuosi. La zona si chiama “Ramble” (cioè “la passeggiata”) e in certi punti le chiome degli alberi sono così fitte e i sentieri talmente mimetizzati tra le piante che non sembra di stare a Manhattan. Nella parte a nord del lago, molto vicino alla sponda e oggi seminascosta dalla vegetazione e dai sassi, c’è una grotta che ha tutta una sua storia, e che è nota come Ramble Cave o Indian Cave, perché si pensa che in passato sia stata abitata o utilizzata in qualche modo dagli indiani americani.
Inizialmente la grotta non faceva parte del piano per costruire il parco, che si chiamava Greensward Plan e fu ideato nel 1857 dagli architetti Frederick Law Olmsted e Calvert Vaux. La Ramble e il lago, invece, nel Greensward Plan c’erano e furono pensati proprio per dare al parco un aspetto “selvaggio”, per offrire ai cittadini newyorkesi un posto dalle sembianze naturali dove passeggiare. A quasi due secoli dal progetto di Law Olmsted e Vaux, la Ramble è ancora oggi considerata una riserva naturale della città.
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Per dare alla zona un aspetto che sembrasse autentico fu necessario fare grossi scavi e creare colline e avvallamenti. Durante uno di questi scavi, gli operai trovarono un deposito di terriccio di una consistenza diversa da quello circostante, e decisero di rimuoverlo. Man mano che portavano via il terriccio, però, videro che copriva una cavità nel terreno, circondata da pareti di roccia alte circa dieci metri.
Una grotta all’interno della Ramble non era nei piani di Law Olmsted e Vaux, ma i due architetti decisero di mantenerla comunque. Per renderla visitabile, ci aggiunsero una serie di pietre grezze all’entrata per formare una scala. Poi ci misero intorno altri sassi di varie dimensioni, sempre per far apparire il tutto meno artificiale possibile.
Fin dalla fine dell’Ottocento la grotta divenne molto popolare in città. Una guida turistica di quel periodo la definiva così: «Una grande attrazione per ragazzi e ragazze, ma anche per bambini un po’ più cresciuti!». In realtà era frequentata soprattutto dagli adulti, in particolare da coppie in cerca di un luogo appartato ma a volte anche da senzatetto in cerca di un riparo. Nel 1897 ci si rifugiò una ragazza di quindici anni scappata di casa, rimanendo nascosta lì per un mese. Anni dopo, durante la Grande depressione, una coppia rimasta senza lavoro e senza casa ci avrebbe vissuto per mesi.
Ma a partire dal Novecento, una serie di vicende violente fece assumere alla grotta una pessima fama, che nel giro di alcuni decenni convinse le autorità a chiuderla.
La prima risale al 1904, quando sulla scala al suo esterno fu trovato un uomo gravemente ferito con un proiettile nel petto, dovuto a quello che probabilmente era stato un tentativo di suicidio. L’uomo si salvò, ma sui giornali americani si parlò molto di quella storia perché aveva dei contorni poco chiari, e intorno alla grotta cominciò a crescere la fama di posto inquietante.
Negli anni successivi un altro tentato suicidio accrebbe questa fama, in particolare perché l’uomo che era stato ritrovato ferito disse poi di aver agito su suggerimento di un corvo. Nel 1929 poi 335 uomini furono arrestati in città per motivi poco chiari: il New York Times scrisse che avevano «infastidito» delle donne, senza molti dettagli, ma quello che è certo è che i fatti erano avvenuti nella grotta della Ramble.
Nel 1934, a causa della sua ormai pessima reputazione, l’entrata della grotta fu murata e l’apertura sulla sua sommità fu coperta e sigillata in modo da sembrare una normale collinetta come le altre della Ramble. La grotta non fu mai più aperta al pubblico, ma le scale sono ancora lì, nascoste dalle rocce.
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