Cosa si sono inventati i musei per fare i musei durante la pandemia
In Italia e nel mondo hanno sperimentato e si sono ingegnati, mettendo in piedi iniziative anche di grosso successo
di Lucrezia Cogliati
È ormai passato più di un anno dal decreto del 23 febbraio 2020 che portò alla chiusura dei musei prima in Lombardia e poi in tutta Italia. Da allora i musei italiani e non solo hanno subìto le conseguenze delle restrizioni imposte durante i lockdown. Dopo un’estate tutto sommato positiva con minori limitazioni per il coronavirus, i musei nelle varie regioni italiane hanno dovuto chiudere e riaprire più volte a seconda delle disposizioni via via imposte.
La riduzione di biglietti venduti ha ovviamente portato a una perdita significativa di ricavi. Secondo uno studio di Confcommercio, i consumi culturali sono diminuiti del 47 per cento dal dicembre del 2019 a quello del 2020, passando da 113 euro di spesa media mensile per famiglia a 60 euro. Il dato è ancora più significativo per i musei, per i quali la spesa media per famiglia è diminuita del 62 per cento.
In un rapporto sui musei statali, l’ISTAT ha stimato che tra marzo e maggio 2020 gli incassi siano diminuiti di 78 milioni di euro, con 19 milioni di visitatori in meno. Secondo l’UNESCO e l’ICOM (International Council of Museums), circa il 13 per cento dei musei in tutto il mondo potrebbe non riaprire al termine della pandemia.
Musei online
Non potendo accogliere i visitatori nelle loro strutture e volendo mantenere i contatti col pubblico, i musei di tutto il mondo hanno cominciato fin da subito a rivedere la loro offerta, e per forza di cose queste strategie hanno ruotato principalmente intorno al digitale. Un questionario sottoposto a centinaia di musei in giro per l’Europa dal NEMO (Network of European Museum Organisations) ha rilevato che il 93 per cento dei musei ha potenziato o attivato servizi online durante la pandemia, più del 75 per cento ha incrementato o cominciato a usare i social network e il 53 per cento ha incrementato o cominciato a creare contenuti video. Anche in Italia, i musei hanno cominciato a concentrarsi sempre più sul digitale, trovando modi innovativi per offrire i propri servizi al pubblico, con iniziative che hanno avuto più o meno successo.
Visite virtuali
Fra le iniziative più comuni intraprese dai musei ci sono le visite virtuali online, grazie alle quali viene ricreata l’esperienza della visita al museo su uno schermo. Con l’utilizzo di simulazioni e ricostruzioni, agli utenti viene offerta la possibilità di ‘muoversi’ per le sale del museo con una vista a 360 gradi. In Italia e nel mondo sono molti i musei che hanno cominciato ad offrire servizi simili a partire dal secondo lockdown.
Uno degli esempi più emblematici di questo periodo di chiusura è quello del Brooklyn Museum, il quale in collaborazione con Netflix ha indetto una mostra sui costumi delle serie The Crown e La Regina degli Scacchi, due tra le più seguite del 2020. A tutti è stata offerta la possibilità di visitare online l’esibizione gratuitamente e interagire con le versioni digitalizzate e a 360 gradi dei costumi esposti.
Oltre alle tecnologie 360 e 3D, alcuni musei tra cui il Museo Egizio di Torino – che nel 2020 ha avuto un calo di oltre il 70 per cento nel numero di visitatori – hanno adottato modalità diverse per offrire la possibilità di entrare a contatto con le opere esposte, da casa propria. Con il format su YouTube ‘Le Passeggiate del Direttore’, il direttore del museo Christian Greco fa da guida per gli spettatori, illustrando i reperti storici e i loro contesti. Con oltre 1 milione e 170 mila visualizzazioni, l’iniziativa si è rivelata un successo per il museo.
Un altro esempio innovativo è quello della collaborazione del MET di New York con Animal Crossing, videogioco di particolare successo durante la pandemia e grazie alla quale i giocatori possono aggiungere le opere d’arte dei musei alle loro “case virtuali”.
Bambini
Per continuare a mantenere i contatti con i più piccoli e provare a riempire le giornate di milioni di bambini in DAD e con tanto tempo libero, i musei hanno cominciato ad offrire contenuti specificamente rivolti ai più giovani. Prima della pandemia, gli studenti e le gite scolastiche rappresentavano una parte significativa del loro pubblico, del resto.
Il museo Peggy Guggenheim di Venezia, per esempio, pubblica un tutorial ogni domenica con attività come “Crea un ritratto cubista come Picasso” o “Crea una composizione metafisica come Giorgio de Chirico”. Con questo “Kids day”, il museo ha totalizzato più di 260mila visualizzazioni fino a inizio marzo 2021. Anche il Museo Egizio di Torino ha deciso di puntare sui bambini, pubblicando contenuti su YouTube dedicati ai più piccoli come la ‘Stelevisione’, con 50.000 visualizzazioni.
A Londra, il Natural History Museum si è concentrato sui contenuti per le famiglie, con l’iniziativa ‘Try this at home’ (‘Provalo a casa’): video tutorial per bambini e adulti su come creare un dinosauro con gli origami o disegnare un T-rex, e un “club dei compiti” con quiz su temi come l’oceano o la fauna selvatica invernale.
Lezioni in remoto
A partire da aprile 2020 il Peggy Guggenheim di Venezia ha offerto lezioni di storia dell’arte online, che prima della pandemia avvenivano in presenza nelle sedi dell’Università Ca’ Foscari. Al contrario della maggior parte dei servizi offerti gratuitamente dai musei in questi tempi, alcune lezioni sono a pagamento e riservate ai soci del museo. Nell’aprile e nel novembre 2020, ai soci sono stati chiesti 50 euro di contributo per partecipare ad un ciclo di quattro/cinque lezioni.
Le due serie, Incontri e L’arte è vita, hanno avuto successo, con 1099 partecipanti, dei quali 506 nuovi soci che hanno quindi anche contribuito con la quota di iscrizione. L’iniziativa è un esempio di come i musei possano usare la loro presenza online in modo da generare ricavi che contrastino le perdite causate dalle chiusure, gli ingressi contingentati e la mancanza di turisti stranieri.
Il Museo Egizio di Torino ha raccolto una media di 10mila visualizzazioni a puntata nella serie di video #Ask2Curators, in cui i curatori del museo rispondono a curiosità e domande su temi come la storia del Museo Egizio, la vita degli archeologi o i sovrani egizi.
A York, la Frick Collection sta avendo molto successo con la serie “Cocktails with a Curator”, un appuntamento settimanale cominciato ad aprile del 2020 in cui i curatori presentano un quadro o un artista specifico, sorseggiando un cocktail per ricreare l’atmosfera di un’uscita fra amici. Nelle prime 30 puntate, la serie ha guadagnato circa 800.000 visualizzazioni, con nuove puntate che continuano a uscire settimanalmente.
Social network
In generale, durante il periodo di chiusure i social media sono diventati sempre più importanti per i musei. Il museo degli Uffizi, per esempio, ha creato la propria pagina Facebook durante il primo lockdown, ed ha avuto particolarmente successo con il suo account TikTok, pubblicando video divertenti usando i protagonisti dei quadri per sketch che seguono i trend del momento. Ad oggi, l’account ha superato i 70 mila follower e ha circa 500mila “Mi piace”.
We challenge you to recreate a work of art with objects (and people) in your home.
🥇 Choose your favorite artwork
🥈 Find three things lying around your house⠀
🥉 Recreate the artwork with those itemsAnd share with us. pic.twitter.com/9BNq35HY2V
— Getty (@GettyMuseum) March 25, 2020
Fra i contenuti virali pubblicati dai musei in questo periodo c’è sicuramente la challenge di marzo del 2020 del Getty Museum. Il museo ha usato Twitter per rivolgersi ai suoi follower, chiedendo loro di ricreare le loro opere d’arte preferite con gli oggetti che avevano in casa.
Questo e gli altri articoli della sezione Il coronavirus e il mondo della cultura sono un progetto del corso di giornalismo 2020/2021 del Post alla scuola Belleville, pensato e completato dagli studenti del corso.