I dati della settimana sul coronavirus in Italia
La crescita dei nuovi positivi si è fermata grazie al calo dei contagi in Emilia-Romagna e Lombardia
Per la prima volta nell’ultimo mese si è fermata la crescita dei nuovi positivi al coronavirus. Nell’ultima settimana, dal 19 al 25 marzo, sono stati trovati 147.205 nuovi casi. I dati sono un segnale molto chiaro della flessione dell’epidemia dovuta soprattutto alle misure restrittive.
Da metà febbraio fino a metà marzo c’era stato un notevole aumento dei nuovi casi provocato dalla diffusione delle varianti, più contagiose. Le misure introdotte con le zone rosse estese in molte regioni d’italia, come la chiusura dei negozi e il divieto di spostarsi da casa se non per motivi di salute, lavoro e urgenza, insieme alla campagna vaccinale, hanno contribuito a proteggere la popolazione con più efficacia rispetto ai primi due mesi del 2021.
L’interruzione della crescita dei nuovi casi si vede chiaramente in questo grafico che mostra il numero di nuovi positivi settimanali. Il monitoraggio della prossima settimana sarà molto importante per capire se il calo continuerà e soprattutto quanto sarà consistente.
Se gli effetti sulla curva dei contagi sembrano confortanti, lo stesso non si può ancora dire con l’andamento dei decessi. Come è noto, la curva della mortalità si muove in ritardo di almeno un paio di settimane rispetto a quella dei contagi, per una serie di ragioni: innanzitutto perché tra l’inizio dei sintomi e l’eventuale morte trascorrono in media un paio di settimane e poi perché è bene ricordare che i dati relativi ai decessi vengono notificati con qualche giorno di ritardo.
Nell’ultima settimana sono stati notificati 2944 decessi, il 10,2 per cento in più rispetto ai 2671 registrati nei sette giorni precedenti. È ancora presto per dire se la campagna vaccinale stia provocando un calo dei decessi: per saperne qualcosa in più si dovrà aspettare di avere vaccinato più persone.
Anche gli studi pubblicati dall’Istituto superiore di sanità, in particolare un report che ha coinvolto gli ospiti di molte RSA in alcune regioni italiane, al momento non evidenziano una sensibile variazione rispetto all’andamento di inizio anno. Già nelle prossime due settimane, però, si potrà avere qualche dato più utile per trarre conclusioni.
– Leggi anche: I primi effetti dei vaccini sui contagi nelle RSA
La regione con l’incidenza più alta di decessi rispetto alla popolazione è stata il Friuli Venezia Giulia, con 10,1 decessi ogni 100mila abitanti, in crescita rispetto agli 8,6 registrati nei sette giorni precedenti. Seguono l’Abruzzo con 9,5 decessi ogni 100mila abitanti, l’Emilia-Romagna con 7,3 e il Piemonte, dove nell’ultima settimana l’incidenza è stata di 6,5 decessi ogni 100mila abitanti.
L’unica regione che nell’ultima settimana non ha registrato decessi è la Valle d’Aosta.
La provincia di Udine è quella con la più alta incidenza di nuovi positivi negli ultimi sette giorni: 494 nuovi casi ogni 100mila abitanti. La situazione epidemiologica è delicata anche nella provincia di Forlì-Cesena, dove sono stati trovati 464 nuovi casi ogni 100mila abitanti.
Confrontando questi dati con quelli degli ultimi monitoraggi, però, si può notare un calo dell’incidenza in molte province dell’Emilia-Romagna, soprattutto Bologna che è passata da 523 a 384 nuovi casi ogni 100mila abitanti. C’è stata una diminuzione anche a Modena, Rimini e Ravenna.
Dopo la crescita delle ultime settimane, l’incidenza è tornata a diminuire anche in molte province lombarde come Brescia, Mantova, Como e Lecco. Brescia, una delle province con più contagiati nella cosiddetta terza ondata dell’epidemia, è passata da 474 a 388 nuovi casi ogni 100mila abitanti per effetto delle stringenti misure restrittive in vigore da oltre un mese.
Un generale calo dell’incidenza si può osservare anche da questo grafico che mostra la variazione dei casi ogni 100mila abitanti rispetto ai sette giorni precedenti. L’incidenza è diminuita in Friuli Venezia Giulia e in Emilia-Romagna, pur rimanendo a livelli piuttosto alti. È calata anche in Lombardia e nelle Marche, mentre è cresciuta del 2 per cento in Piemonte.
Le prime regioni a introdurre le aree rosse locali, Umbria e Molise, stanno vedendo gli effetti delle misure restrittive: l’incidenza è diminuita rispettivamente del 19,5 e del 38,4 per cento. Il numero di nuovi casi ogni 100mila abitanti è cresciuto invece in Sardegna.
Questo andamento si nota anche nel grafico che mostra il numero assoluto di nuovi casi nelle ultime settimane: sembra che il picco sia stato raggiunto in Emilia-Romagna, Lombardia, Campania e Marche, mentre c’è stato un aumento dei casi in Puglia e Sicilia.
Come spiega il grafico con l’incidenza dei casi settimanali ogni 100mila abitanti e con la variazione percentuale rispetto ai sette giorni precedenti, tutte le regioni in area rossa hanno un’incidenza piuttosto alta nonostante il calo registrato nell’ultima settimana. Va sempre monitorata la situazione in Friuli Venezia Giulia, in Piemonte e in Emilia-Romagna.
Come nel monitoraggio della settimana scorsa, tredici regioni superano la soglia del 30 per cento dei posti letto in terapia intensiva occupati da malati di COVID-19 sul totale dei posti disponibili.
Nelle Marche è occupato il 62,8 per cento dei posti totali, in Lombardia il 59,7 per cento, mentre in Piemonte il 56,8 per cento. Le regioni con il tasso di saturazione dei reparti di rianimazione più basso sono la Sardegna, con il 13 per cento dei posti letto occupati dai malati di COVID-19, e la Sicilia con il 14,1 per cento.
Questo grafico mostra il numero assoluto dei nuovi ingressi nelle terapie intensive degli ospedali, regione per regione. La pressione quotidiana è diminuita in Lombardia, dove negli ultimi sette giorni sono stati ricoverati 346 pazienti in gravi condizioni contro i 392 dei sette giorni precedenti. Il numero è in crescita nel Lazio, in Campania e in Veneto.
Si conferma la diminuzione del tasso di positività dei tamponi, iniziata a metà marzo. Il tasso di positività dei tamponi antigenici invece è sempre rimasto piuttosto contenuto nelle ultime settimane.
Il numero di tamponi eseguiti nell’ultima settimana è leggermente calato rispetto ai sette giorni precedenti: 2 milioni e 214 mila contro i 2 milioni e 287 mila della settimana precedente. È cresciuto, invece, il numero di nuove persone testate, 860 mila.
Al momento in Italia sono state somministrate 5,9 milioni di prime dosi del vaccino contro il coronavirus e 2,7 milioni di persone hanno ricevuto anche la seconda dose. Questa mappa mostra la differenza di somministrazione nelle regioni italiane. L’intensità del colore indica la percentuale di persone che ha ricevuto la prima dose, mentre il numero in evidenza indica la percentuale di persone a cui è stata somministrata anche la seconda dose.
Negli ultimi giorni si è parlato molto della lentezza e degli intoppi della campagna vaccinale.
Oltre al caso della Lombardia, dovuto principalmente a errori tecnici del sistema di prenotazione, molte altre regioni stanno vaccinando le persone con più di 80 anni a ritmi piuttosto lenti. Nonostante la campagna vaccinale sia iniziata da tre mesi, solo metà delle regioni hanno superato il 50 per cento degli anziani vaccinati.
Uno dei dati più interessanti riguarda il numero giornaliero di somministrazioni, soprattutto dopo la sospensione dell’uso del vaccino AstraZeneca, dal 15 al 19 marzo. In questo grafico si può vedere il numero di somministrazioni giornaliere nelle regioni italiane secondo il fornitore. Cliccando sul filtro si possono selezionare tutte le regioni italiane.
Molte regioni hanno utilizzato quasi tutti i vaccini a disposizione: in Valle d’Aosta, Molise, provincia autonoma di Bolzano, Abruzzo, Campania, Lazio, Marche, Emilia-Romagna, provincia autonoma di Trento, Puglia e Sicilia è stato somministrato oltre il 90 per cento delle dosi consegnate.