Il Quartiere Latino di Parigi non è più quello di una volta
La pandemia sta accelerando il processo avviato dalla gentrificazione, svuotandolo degli studenti e della sua vita culturale
«Quando la grande libreria Gibert Jeune abbasserà definitivamente le saracinesche alla fine di marzo, quando le bancarelle e gli scaffali verranno ripuliti dalla moltitudine di libri nuovi o di seconda mano che ne hanno fatto fama e gloria (…) si volterà, tristemente, una lunga pagina di storia» ha scritto Le Monde a proposito della chiusura di quattro storiche librerie indipendenti di Parigi. Gibert Jeune rappresentava, da oltre cent’anni, lo spirito del Quartiere Latino della città, diventato celebre nel corso del Novecento per la sua vivacità e rilevanza culturale, caratteristiche che a detta di molti sta tristemente perdendo: come testimoniano le chiusure delle librerie, e non solo.
Il Quartiere Latino non corrisponde a una reale divisione amministrativa di Parigi. Il suo nome deriva dall’uso del latino che si faceva nei corsi delle scuole e delle università medievali che ancora oggi hanno lì la loro sede, prima fra tutte la Sorbona, che venne fondata nel 1253. Il quartiere si estende sulla “rive gauche” (la sinistra) della Senna, tra due arrondissement, il V e il VI, e va da Saint-Germain-des-Prés ai Giardini del Lussemburgo.
Il Quartiere Latino è stato risparmiato, come ha spiegato al New York Times lo storico Éric Anceau, dalla ri-progettazione della città lungo grandi viali avvenuta nel XIX secolo: «I suoi vicoli stretti, tortuosi e coperti di ciottoli conservano un frammento della Parigi medievale». Il quartiere, ha raccontato ancora Anceau, che insegna alla Sorbona, «ospita una costellazione di minuscole sale cinematografiche dove, prima della pandemia, la gente si accalcava per andare a guardare i classici per pochi euro, insieme alle antiche librerie le cui finestre polverose espongono libri ingialliti accatastati fino al soffitto».
Le librerie Gibert Jeune, fondate nel 1886 sul principio che la cultura dovesse essere accessibile a tutti anche da un punto di vista economico, incarnavano al meglio lo spirito del Quartiere Latino, che fu per molto tempo il centro della vita culturale e intellettuale della città, quello da cui partì il maggio francese, e quello abitato da scrittori, filosofi, artisti, rivoluzionari e studenti. Gibert Jeune era in crisi da tempo e, come hanno fatto sapere i proprietari, la chiusura è stata la conseguenza della crisi causata dal coronavirus e dal progressivo svuotamento del quartiere.
Il Quartiere Latino è da tempo colpito dalla cosiddetta gentrificazione, quel fenomeno che ha trasformato e sta trasformando i quartieri storicamente più popolari di molte città del mondo. Tradizionalmente, le prime persone a trasferirsi in questi quartieri centrali erano artisti, intellettuali, “bohemien”, attratti dai prezzi più bassi e dall’autenticità dei luoghi. Con l’aumento delle persone che si trasferivano qui, arrivò anche chi voleva guadagnarci: le case, spesso vecchie e in cattive condizioni, vennero ristrutturate, e vennero costruiti nuovi palazzi. I prezzi iniziarono dunque a salire, poi arrivarono grandi supermercati, negozi di moda e fast-food che cominciarono ad occupare molti degli spazi dove un tempo c’erano caffè, librerie, cinema, negozi di dischi.
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Michel Carmona, storico e geografo esperto di Parigi, ha raccontato al New York Times che l’erosione culturale del Quartiere Latino è iniziata negli anni Ottanta, intrecciandosi ben presto con il progressivo declino della vita studentesca («Le librerie economiche, i caffè e le sale cinematografiche erano principalmente per gli studenti»). Oggi, il Quartiere Latino continua ad ospitare molte e prestigiose scuole e università, ma sempre meno studenti: sono stati allontanati dai prezzi delle case, e dalla creazione di nuovi campus in periferia.
Uno dei primi effetti della gentrificazione è l’aumento degli affitti, dovuto a sua volta all’aumento della richiesta di case, che spesso non è sostenibile dagli abitanti storici, che o si trasferiscono o vengono sfrattati. Ora i residenti del Quartiere Latino, ha spiegato Carmona, sono sempre di più “persone di transito”: ricchi stranieri desiderosi di avere un pied-à-terre a Parigi che non partecipano alla vita culturale del quartiere o turisti che affittano appartamenti solo per qualche giorno.
Oltre agli abitanti, sono le attività economiche di questi quartieri a subire le conseguenze della gentrificazione: devono chiudere per l’aumento del prezzo degli affitti e per la progressiva scomparsa della loro clientela abituale. Se riescono ad adeguarsi alle esigenze dei nuovi abitanti possono aumentare i propri affari, ma in molti casi, proprio per preservare la loro originalità, scelgono di non modernizzarsi venendo perciò superati dalla concorrenza delle grandi multinazionali o delle catene generaliste. Tutto questo processo ha un effetto paradossale: molti quartieri gentrificati, compreso il Quartiere Latino di Parigi, sono diventati con il tempo vittime del loro stesso successo. Le nuove costruzioni, l’aumento dei nuovi residenti e dei nuovi negozi, e la scomparsa di quelli vecchi, hanno cioè portato la maggior parte dei quartieri gentrificati a perdere la loro attrattiva, strettamente legata all’autenticità e all’identità originali.
Anche la chiusura delle librerie Gibert Jeune è una conseguenza della gentrificazione, ed è solo l’ultima di una serie di chiusure significative che hanno via via trasformato il Quartiere Latino. Secondo i dati dell’Atelier parisien d’urbanisme (Apur, associazione legata al comune di Parigi che studia le trasformazioni urbanistiche della città) il 42 per cento delle librerie del Quartiere Latino è scomparso negli ultimi vent’anni.
Nel Quartiere Latino, alcuni residenti hanno formato un Comitato per difendere l’identità culturale del posto e fare pressione sull’amministrazione comunale. Per ora, il municipio di Parigi, attraverso la società Semaest – che controlla al 50 per cento e che si occupa di rivitalizzare dal punto di vista economico i quartieri – ha deciso di acquisire gli spazi di alcune librerie in difficoltà, offrendo affitti “leggermente inferiori” ai prezzi di mercato.
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