L’India fa i conti con una nuova ondata
I dati sui nuovi positivi sono i peggiori dallo scorso ottobre, e ora ci sono dubbi sulla tanto discussa teoria dell'immunità di gregge
Giovedì in India sono stati segnalati 53mila nuovi casi positivi al coronavirus rilevati nelle ultime 24 ore, l’aumento più significativo dallo scorso ottobre. Più in generale, con oltre 40mila nuovi casi giornalieri rilevati negli ultimi giorni, si può dire che in India sia in corso una seconda ondata della pandemia. Diversi esperti avevano ventilato la possibilità che in ampie aree del paese fosse stata raggiunta l’immunità di gregge, ma i nuovi dati sembrano contraddire questa ipotesi. Appena un mese fa, i casi giornalieri erano stati per diverso tempo intorno a 10mila, a ulteriore indicazione della rapidità con cui sono ripresi i contagi.
L’aumento dei casi positivi è stato rilevato in 23 dei 30 stati e territori per i quali sono disponibili aggiornamenti quotidiani. Secondo le analisi del Financial Times, il tasso di positività raddoppia ogni cinque giorni in diversi stati, quindi con una velocità superiore rispetto a quella rilevata in diversi paesi occidentali quando iniziò ad affermarsi B.1.1.7, la cosiddetta “variante inglese” in grado di rendere il coronavirus molto più contagioso.
La situazione è difficile soprattutto nel Maharashtra, la cui capitale è Mumbai, dove negli ultimi giorni sono stati rilevati in media 30mila nuovi casi quotidiani. In media, un test su cinque si rivela positivo, un’incidenza particolarmente alta che conferma la rapida diffusione del coronavirus nella zona.
Molte delle province del Maharashtra hanno fatto registrare un tasso di incidenza più alto rispetto a settembre, quando si era raggiunto il massimo della prima ondata. A Nagpur, area che conta circa 2 milioni di abitanti e dove è ripreso il lockdown, negli ultimi giorni sono stati rilevati in media 67 nuovi casi positivi ogni 100mila abitanti, circa tre volte la quantità rilevata nell’intero stato, e i contagi raddoppiano ogni 10 giorni.
Al momento epidemiologi ed esperti stanno cercando di capire quali siano stati i fattori del nuovo aumento dei casi. Nei mesi scorsi alcuni di loro avevano ipotizzato che un’ampia porzione della popolazione indiana fosse stata esposta al coronavirus, sviluppando un’immunità di gregge. In questo scenario, anche se una persona diventa infetta non può contagiarne molte altre, perché tra la popolazione ci sono pochi individui ancora suscettibili grazie al fatto di avere sviluppato un’immunità, derivante da un precedente contagio o da una vaccinazione, che impedisce l’ulteriore diffusione di ciò che causa la malattia.
L’impressione è che fosse stata sovrastimata la parte di popolazione esposta al coronavirus in India, ma probabilmente diversi altri fattori hanno contribuito all’aumento dei casi.
Avendo rilevato un numero contenuto di nuovi positivi per diverse settimane, buona parte degli stati indiani nei mesi scorsi aveva ridotto le restrizioni, consentendo per esempio di riaprire i ristoranti, partecipare alle cerimonie religiose e a eventi sportivi piuttosto affollati. Le minori precauzioni hanno probabilmente consentito al coronavirus di tornare a circolare più facilmente, e non si esclude che la diffusione di alcune varianti abbia favorito ulteriormente i contagi.
Al momento quella delle varianti è comunque una teoria, perché si stanno eseguendo poche analisi per rilevare le caratteristiche genetiche del coronavirus. Le autorità sanitarie indiane dicono da tempo di essere al lavoro per potenziare le attività di sequenziamento, che consentirebbero quindi di fare stime più accurate sulla prevalenza di determinate varianti, ma finora non ci sono stati grandi progressi.
Il governo federale sta intanto rivedendo il piano vaccinale, in modo da accelerare la somministrazione dei vaccini. Ha annunciato che a partire da aprile chiunque abbia più di 45 anni potrà fare richiesta per vaccinarsi, dopo che erano state sollevate alcune critiche sul piano attuale più restrittivo sulle fasce della popolazione da vaccinare in via prioritaria.
Per ora l’aumento dei ricoveri e dei decessi è comunque contenuto, a conferma di quanto fosse già avvenuto in alcuni periodi del 2020. L’età media in India è sensibilmente più bassa rispetto a quella in Europa o negli Stati Uniti, di conseguenza la maggior parte dei contagi interessa individui più giovani e con minor rischio di avere complicazioni nel caso in cui si ammalino di COVID-19. Sulla letalità, così come sull’effettiva quantità di casi positivi, incide comunque la scarsa capacità di rilevare i casi e certificare i decessi dovuti al coronavirus.