Gli ennesimi guai di Virginia Raggi a Roma
Un'altra consigliera del M5S ha lasciato il partito e ora la maggioranza è di un solo voto, mentre ci sono nuove polemiche sulle nomine
Martedì un’altra consigliera comunale di Roma del Movimento 5 Stelle ha lasciato il partito: è la quinta, e ora la maggioranza che sostiene la sindaca Virginia Raggi può contare su un solo voto in più rispetto all’opposizione, compreso quello di Raggi stessa. La situazione è poi complicata dai dissidi interni al M5S anche a livello locale, dalle critiche che hanno a che fare con le nomine dell’amministrazione e con la ricandidatura già annunciata di Raggi alle prossime amministrative.
Ieri, in apertura di seduta, la consigliera comunale Gemma Guerrini ha detto di voler lasciare il Movimento 5 Stelle per passare al gruppo Misto chiarendo, tra le altre cose, che non sosterrà la candidatura di Raggi per un nuovo mandato e che non sosterrà nemmeno le forze politiche che appoggeranno la sindaca uscente alle prossime elezioni amministrative: si voterà tra qualche mese (la definizione della data è legata all’evoluzione della pandemia).
Guerrini è un’esponente storica del Movimento, al quale si era iscritta nel 2011, ed è la quinta eletta a uscire dal partito dal 2016, dall’inizio cioè della nuova amministrazione. Le altre sono Simona Ficcardi, Cristina Grancio, Monica Montella e Agnese Catini. Al momento sono dunque 24 i consiglieri di opposizione e 25 quelli di maggioranza, compresa la sindaca e il presidente del consiglio comunale Marcello De Vito che spesso non partecipa al voto e che di recente ha preso una posizione contraria alla linea della maggioranza dei 5 Stelle e della sindaca sulla questione degli ambulanti.
Nel 2019, provocando molte tensioni nella dirigenza del partito, De Vito venne tra l’altro arrestato per corruzione nell’inchiesta sui rapporti tra politica e impresa a Roma – inchiesta spesso impropriamente collegata alla costruzione del nuovo stadio della Roma – e dopo il carcere e i domiciliari è tornato da qualche mese a presiedere il consiglio comunale. De Vito ora è in attesa della sentenza di primo grado, dopo il giudizio della Cassazione che ha annullato il provvedimento cautelare a cui era stato sottoposto. A parte le vicende di De Vito, all’interno della maggioranza la situazione è complicata anche dalla cosiddetta “fronda”, rappresentata da quattro consiglieri del M5S molto critici nei confronti di Raggi che hanno già dichiarato di non volere una sua ricandidatura.
La scelta della consigliera Guerrini e la posizione dei dissidenti vanno inserite in un contesto più generale, quello della spaccatura interna al partito tra l’ala più istituzionale e governista, vicina ai vertici, e quella più critica e intransigente che nei territori e in parlamento sta abbandonando il M5S. Guerrini ha dichiarato che il movimento «ha ufficialmente cambiato veste e natura», che lei «continua a sentire preminenti i suoi valori originari», mentre c’è chi «ritiene valore primario la fedeltà al partito con cui è stato eletto nonostante quel partito oggi si caratterizzi per variopinte e poliedriche metamorfosi». Dopo aver ripreso le parole di Beppe Grillo in vista della fiducia al governo Draghi (“i grillini non sono più marziani”), Guerrini ha citato lo scrittore Ennio Flaiano, spiegando che «non tutti i marziani accettano di non essere più tali».
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Le tensioni interne hanno a che fare anche con la questione delle future alleanze in vista delle amministrative: e Roma ha in questa discussione un ruolo centrale. Si voterà tra settembre e ottobre, e Virginia Raggi ha già detto di volersi ricandidare ricevendo anche il sostegno di Beppe Grillo che, sul suo blog, ha pubblicato un post dove l’attuale sindaca è ritratta come Wonder Woman: «Massimo sostegno alla nostra guerriera». Sembra però che dentro al movimento ci siano due posizioni inconciliabili, e non solo a livello locale.
La scorsa settimana, Raggi aveva criticato molto duramente la giunta regionale guidata da Nicola Zingaretti, del Partito Democratico, sulla questione delle discariche: «A breve si vota. Chi si candida a Roma abbia il coraggio di disconoscere l’operato di Zingaretti», aveva detto Raggi. Da qualche settimana, però, nella giunta regionale sono entrate anche Roberta Lombardi e Valentina Corrado, del M5S, per volere di Zingaretti e con il sostegno pubblico di Giuseppe Conte, indicato come possibile capo politico del Movimento 5 Stelle.
Mercoledì il nuovo segretario del PD Enrico Letta incontrerà Conte per discutere, scrivono i giornali, anche di elezioni amministrative e dunque di Roma, dove nei giorni scorsi era stata annunciata informalmente la candidatura per il PD dell’ex ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, poi successivamente smentita. Sembra infatti che Letta non sia ancora convinto sulla strategia da seguire e sulle eventuali alleanze: vista la già annunciata candidatura di Carlo Calenda di Azione, tra Raggi e Gualtieri potrebbe esserci una frammentazione del voto che potrebbe portare a un risultato deludente per il PD, e sono in corso ragionamenti per evitarlo. Con la popolarità di Raggi assai ridotta dopo i tanti guai del suo primo mandato, e data l’assenza per ora di una candidatura chiara e forte per la destra, il PD vorrebbe giocarsi al meglio le possibilità di vincere nella capitale.
A mettere in difficoltà l’amministrazione Raggi ci sono state, negli ultimi giorni, anche le critiche nate dall’assunzione di Silvia Di Manno come capo segreteria dell’assessore all’Urbanistica Luca Montuori. Di Manno non sembrava avere particolari competenze per questo ruolo, fa la libraia, è di Pietrasanta, Toscana, e soprattutto è la compagna dell’assessore al Bilancio Gianni Lemmetti. Di Manno era stata indicata in una delibera di giunta della scorsa settimana, ma la sindaca, dopo che la notizia aveva cominciato a circolare, aveva fatto sapere di non condividerla e e di non esserne stata informata. Di Manno, alla fine, si è dimessa, ma le critiche interne e da parte dell’opposizione nei confronti di Raggi non si sono fermate.
Alcuni consiglieri della cosiddetta “fronda” hanno attaccato la sindaca, chiedendole di «spiegare come si sono svolti i fatti e di chi sono le responsabilità»: una sindaca, hanno detto, «ha la responsabilità di tutte le decisioni assunte dalla giunta composta da assessori di sua fiducia pertanto non comprendiamo come le ultime nomine possano essere state deliberate a sua insaputa. È doveroso nei confronti dei cittadini e dell’aula fare immediatamente luce sull’accaduto ristabilendo la trasparenza sugli atti e individuando le relative responsabilità».
Il PD, a sua volta, attraverso il capogruppo del partito in consiglio comunale Giulio Pelonzi, ha dichiarato che nonostante le dimissioni di Di Manno «resta da chiarire il fatto politico rilevante: la sindaca ha il controllo di ciò che succede in Campidoglio rispetto alle decisioni della sua giunta e del cerchio dei fedelissimi che ha messo nei posti chiave dell’amministrazione?». La Lega, infine, ha detto che presenterà «un esposto dettagliato alla Corte dei Conti» sulla questione delle nomine fatte negli ultimi mesi dall’amministrazione, e che ritiene sospette: «In Campidoglio lottizzazione senza precedenti, mogli, sorelle, amici ed ex colleghi: tutti nella casa, non più di vetro, del comune di Roma. L’amministrazione chiarisca su questa ultima infornata di nomine; desta scandalo questo criterio “familistico” con personaggi assunti in Campidoglio non per meriti e competenze».