Il memorabile passato e il sorprendente presente del Televideo

Per un decennio sembrò un'alternativa a internet, resistette mentre tutto intorno il mondo cambiava e oggi è ancora dentro alle nostre tv

di Gabriele Gargantini

Il 5 settembre 1984 su Rai 1 c’era il gioco a premi Caccia al Tesoro, su Rai 2 il concerto “Tra la via Emilia e il West” di Francesco Guccini, su Rai 3 il film Il giorno più lungo. E in quei televisori c’erano già anche Canale 5, Italia 1 e Rete 4, che pochi giorni prima era stata comprata da Fininvest. I quotidiani raccontavano di un “Fanfani critico sul pentapartito” e parlavano di “rapporti intertedeschi” che si erano raffreddati “dopo un’estate di distensioni”.

Sempre quel 5 settembre 1984, per la prima volta chi lo avesse voluto avrebbe potuto sfogliare la propria tv, usando il telecomando per passare da una pagina all’altra dello schermo e scegliere quali notizie leggere. Quel giorno del 1984, infatti, nacque ufficialmente il Televideo, uno strano ibrido tra una televisione e un giornale, una televisione scritta e un giornale su schermo. A suo modo un’anteprima di quello che sarebbero poi state le pagine web. Gratuito, aggiornato quasi in tempo reale e sempre consultabile, il Televideo sembrava il futuro. E sebbene ci mise piuttosto poco a diventare il passato, ebbe comunque un decennio abbondante di notevole rilevanza, con una coda lunga di popolarità che si protrasse fino agli anni Duemila inoltrati.

E il Televideo esiste ancora. Ai suoi contenuti lavorano oltre venti persone, alcune delle quali non erano nemmeno nate quando il servizio apparve per la prima volta nelle tv degli italiani. Metà circa sono dedicati ai contenuti giornalistici, come spiega il responsabile Sergio Rafaniello: con regole di stile piuttosto rare nel giornalismo italiano, i redattori pubblicano migliaia di pagine al giorno – molte compilate automaticamente – i cui contenuti vanno dalle notizie più importanti della politica estera fino ai risultati dei campionati di tamburello, con tutto quello che ci sta in mezzo. Anche saltando giù dal letto di notte, se le circostanze lo richiedono. Il numero di lettori è difficile da stimare, è probabilmente perlopiù anziano e capita per esempio che protesti quando c’è qualche errore nell’elenco dei programmi televisivi. Ne esiste anche una versione online, con quella sua storica impaginazione su sfondo nero, oppure in una più pulita e minimale nero su bianco.

Dal Teletext al Televideo
Televideo è il nome del servizio italiano, ma non della tecnologia che lo rese possibile. Quella fu sviluppata nel Regno Unito negli anni Settanta, con il nome di Teletext: un sistema non interattivo che permetteva una comunicazione uno-a-molti e che, in pochissime parole, sfruttava certi spazi vuoti all’interno dei segnali televisivi per inserirci sequenze di parole.

Il primo servizio di Teletext al mondo, gestito dalla britannica BBC, fu lanciato nel 1974 quando in Italia le televisioni erano ancora in bianco e nero. Si chiamava Ceefax: una storpiatura delle parole see facts, “vedere i fatti”. Negli anni successivi arrivò in Germania Ovest e in Francia, dove si impose uno standard alternativo a quello britannico. Dopo alcuni anni di sperimentazioni presso il Centro Ricerche Rai di Torino, la Rai ottenne le necessarie autorizzazioni per lavorare a un modello basato sullo standard britannico. Fu chiamato Televideo e non, come sarebbe stato più logico, Teletesto.

Come raccontano Luca Barra e Gabriele Balbi nel loro saggio The Italian Way to Teletext – che è parte del libro del 2016 Teletext in Europe – le prime autorizzazioni per la sperimentazione furono concesse alla Rai dall’Istituto Superiore delle Poste e delle Telecomunicazioni e dall’ANIE, l’Associazione Nazionale delle Industrie Elettroniche. In effetti il Televideo, così come diversi altri media definiti “convergenti”, fu fin da subito due cose insieme: un mezzo di telecomunicazione, ma anche una tecnologia.

Già dal 1982, quando non c’erano le trasmissioni televisive Rai – che allora ancora non erano a flusso continuo – al posto del monoscopio cominciarono a essere trasmesse alcune pagine dimostrative del Televideo, per far si che gli spettatori ci familiarizzassero. In sottofondo c’era della musica. Prima del lancio del 5 settembre 1984 fu creata anche un’apposita redazione giornalistica, autonoma rispetto a quella degli altri canali Rai. Nel loro saggio, Barra e Balbi fanno notare che in tutta quella fase sperimentale e di preparazione la politica non si interessò più di tanto al Televideo, di fatto lasciandogli molte libertà e autonomie.

L’inizio del Televideo
Nei giorni del lancio il Radiocorriere, la rivista settimanale della Rai, parlò del Televideo come di una innovativa “tv da sfogliare”, qualcosa di futuristico. In effetti, era una tecnologia che permetteva di poter ottenere in ogni momento informazioni e notizie di ogni tipo: dagli aggiornamenti dell’Ultim’ora fino alle previsioni meteo.

Tutte cose per cui, allora, c’era da aspettare un telegiornale, o fare affidamento su qualche quotidiano scritto e stampato diverse ore prima. Per il Televideo, invece, bastava avere un televisore predisposto a ricevere quel tipo di segnale, quindi relativamente recente o quantomeno compatibile con una sorta di scheda esterna. Ma tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta il Televideo divenne “di serie” in ogni nuovo televisore.

Allora, e poi per diversi anni, per poter vedere la pagina desiderata bisognava però pazientare un po’. Le pagine del Televideo, infatti, venivano mandate sfruttando gli spazi vuoti tra le varie 25 immagini al secondo necessarie per il segnale televisivo, i “tempi morti” tra un fotogramma e l’altro. E visto che le immagini al secondo erano 25, voleva dire che in ogni secondo potevano essere trasmesse altrettante pagine. Perlomeno nei suoi primi tempi, una pagina del Televideo pesava circa un kilobyte, fatte di 24 righe ciascuna con un massimo di 40 caratteri. Visto che già nel 1984 le pagine disponibili erano alcune centinaia, bisognava aspettare un po’ perché trovassero spazio e modo di arrivare sul proprio televisore, tra un’immagine televisiva e l’altra.

Fin da subito, il Televideo fu esteticamente simile al Teletext di altri paesi, e fin da subito si scelse di non fare pagine visivamente troppo ricche e però pesanti da trasmettere e caricare. Per puntare su rapidità e semplicità: più era semplice il segnale, più erano i televisori in grado di riceverlo, e maggiore diventava il pubblico potenziale. Ma non fu affatto semplice. Come spiega Barra al Post, anche il Televideo fu soggetto a «una serie di contrattazioni, negoziazioni continue, di esigenze diverse, e di aggiustamenti di natura tecnologica, politica ed economica».

Gli anni d’oro
Durante gli Ottanta – sotto la direzione di Giorgio Cingoli, ex direttore di Paese Sera – il Televideo crebbe in ampiezza e frequenza di aggiornamenti, e tra le tante altre cose arrivò a ospitare anche quella che sarebbe poi diventata famosa come la pagina 777, quella dei sottotitoli, utilissima alle persone sorde. Il primo film trasmesso dalla Rai a beneficiare dei sottotitoli della pagina 777 fu La finestra sul cortile, nel 1986.

Negli anni Novanta, in particolare dopo l’arrivo alla direzione di Televideo di Aldo Bello, la parte giornalistica fu potenziata con l’assunzione di 25 giornalisti destinati a lavorarci a tempo pieno. A proposito dell’Ultim’ora, Bello disse al Radiocorriere che era il «cardine polare del Televideo», perché presentava «la notizia significativa colta in sé, nell’essenzialità dei dati informativi» con «il fatto separato dal commento» e «la messa in onda il più possibile contigua al tempo reale». Il suo arrivo fu «un punto di svolta», secondo Barra e Balbi, perché significò che la Rai «iniziava a vedere il Televideo non più come uno strumento tecnico, bensì come una vera e propria testata giornalistica».

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All’inizio degli anni Novanta il Televideo arrivò a ospitare oltre mille pagine: in molti casi, infatti, a uno stesso numero potevano corrispondere due, tre o quattro sottopagine, che si alternavano ogni 25 secondi circa. Quando si diceva “le Ferrari sono cadute dal Televideo” si intendeva, per esempio, che durante una certa gara di Formula 1 le due automobili fossero così indietro da non comparire nemmeno nella prima pagina.

Il Televideo ebbe anche una serie di peculiarità rispetto alla maggior parte dei Teletext stranieri, in gran parte dovute al suo essere parte di un’azienda grande e dai funzionamenti complessi e per certi aspetti poco flessibili come la Rai. Quando la sua rilevanza iniziò a delinearsi, entrò nei complessi meccanismi di quella pratica nota come “lottizzazione”, cioè la spartizione di cariche, ruoli e mansioni sulla base di logiche di potere e politica.

Nell’Italia degli anni Novanta il Televideo del servizio pubblico si trovò anche a dover competere con quelli delle televisioni private e in particolar modo con il Mediavideo, il Teletext di Mediaset. Come spiegano nel loro saggio Barra e Balbi, similmente a quello che fu Mediaset per la Rai anche Mediavideo (lanciato nel 1997) potè permettersi più frivolezze e meno attività legate al servizio pubblico. In particolare, Mediavideo fu sfruttato come importante mezzo di raccolta pubblicitaria (una cosa che avveniva anche sul Televideo) e anche come via di accesso a una serie di servizi paralleli, per esempio quelli per i clienti di Banca Mediolanum.

«Più o meno verso la metà degli anni Novanta» spiega Barra «c’è stato il momento in cui sembrava che il Televideo fosse davvero il futuro, anche in termini pubblicitari. In un momento in cui internet c’era ma non era ancora raggiungibile il Televideo si presentava come una formula gratuita, semplice, immediata, già presente sul televisore, e capace di offrire servizi paragonabili a quest’altra cosa che invece doveva ancora arrivare. E che era complicata, ti occupava la linea telefonica, aveva bisogno di apparecchiature ad hoc e aveva un costo in bolletta».

Il direttore di Televideo Alberto Severi, nel 1998 (FILIPPO MONTEFORTE / ANSA / PAL)

Televideo – che nei suoi giorni migliori arrivò a dare lavoro a più di cento persone – ebbe aggiunte e cambiamenti. Nei fatti, però, restò sempre molto simile a quello che era stato nei suoi primi anni: nell’aspetto, nell’approccio e nel linguaggio. Un linguaggio che per questioni di spazio doveva essere dritto e diretto e a suo modo neutro e non schierato, e che negli anni fu proprio per questo molto apprezzato. Con articoli ben organizzati secondo una chiara gerarchia e però con una loro intertestualità. Perché da ogni pagina si poteva andare verso tante altre, e per farlo bastava premere tre volte il telecomando. Tutto questo senza fastidiosi pop-up, colonne di destra o boxini morbosi.

Come scrisse qualche anno fa Pietro Minto su Prismo: «le breaking news, i risultati delle partite di calcio, il meteo, gli orari dei treni: erano tutti punti forti del teletext, e sono tutti oggi nel World Wide Web, diluiti e moltiplicati».

Il Ventunesimo secolo
Il Televideo, che per qualche tempo ebbe anche una sua app ufficiale, resistette all’arrivo di internet e poi anche a quello del digitale terrestre. Altrove, per esempio nel Regno Unito, l’arrivo del digitale terrestre determinò invece la chiusura dei servizi Teletext, ormai ritenuti obsoleti e non più necessari.

Fausto Bertinotti in una foto del 2003 (GIULIO NAPOLITANO/LAPRESSE)

Dal 2013 il Televideo smise di essere una testata autonoma e divenne parte di RaiNews con cui da allora condivide i direttori: Monica Maggioni per un paio di anni e poi, in anni più recenti, Antonio Di Bella e Andrea Vianello.

Non sono mai esistiti dati esaustivi sugli spettatori (o sui lettori) di Televideo, perché non erano rilevati dall’Auditel e non potevano essere controllati in altro modo. Esistono altri dati, legati a indagini e sondaggi, che però erano spesso interni alla Rai e alle volte finalizzati a una successiva raccolta pubblicitaria, e quindi non necessariamente attendibili. Secondo dati Rai raccolti e analizzati da Barra e Balbi, per diversi anni i “contatti giornalieri” furono superiori ai 20 milioni:

Tabella tratta da “The Italian Way to Teletex” contenuto nel libro del 2016 “Teletext in Europe

Per il 2000 si parlò, per l’edizione online di Televideo, di «8 milioni di click al mese». Nel 2002, il neodirettore Antonio Bagnardi (che mantenne l’incarico fino al 2013) disse che Televideo era «un giornale letto ogni giorno da almeno 11 milioni di italiani». Nel 2008, una ricerca di GFK disse che si poteva stimare che almeno 20 milioni di persone lo consultassero almeno una volta al mese, e ancora nel 2018 si parlò di una sua penetrazione pari all’8,6 per cento della popolazione, simile a quella dei giornali online. Per avere informazioni più recenti si possono consultare i rapporti semestrali sulla “corporate reputation” della Rai, i cui dati variano però moltissimo da un semestre all’altro.

Il Televideo oggi
Dopo essere stato una nuova tecnologia piuttosto trascurata, e poi un importante mezzo informativo, il Televideo è quindi sopravvissuto al Mediavideo, a internet e al digitale terrestre, di volta in volta ri-mediandosi ma mantenendo intatte certe sue caratteristiche e intuizioni.

Oggi il Televideo continua a essere diviso in due grandi parti: quella giornalistica, sulle pagine che vanno dalla 101 alla 399; e quella relativa ai servizi di pubblica utilità, quindi le pagine da 400 in avanti e tutte quelle relative alle sezioni regionali, accessibili attraverso il Televideo di Rai 3, oppure via internet.

Giuseppe Sangiovanni, direttore di Rai Pubblica Utilità, ha spiegato al Post che «tra nazionale e regionale» della parte non giornalistica di Televideo si occupano «14 persone», comprese «due o tre sotto i trent’anni», e quindi nate dopo il Televideo. «Nel complesso» prosegue Sangiovanni «tra nazionale e regionale Televideo pubblica ogni giorno 13mila pagine». Una parte sono «materialmente scritte ogni giorno da apposite redazioni» ed esclusivamente per il Televideo, altre sono invece «automatiche o con informazioni standard».

Sangiovanni spiega per esempio che nel 2020 Televideo ha pubblicato «8mila pagine dedicate alla guida dei programmi tv», delle quali dice: «ci mettiamo le informazioni di tutti i programmi nazionali, non solo della Rai, e quest’area è una delle più lette in assoluto dai nostri lettori». Le pagine «di ambiente» sono state 1.500, quelle «a tema sociale» 7.500. Ma vincono, con gran distacco, le pagine sportive, che nel corso del 2020 sono state in tutto 31mila. «Noi comunichiamo risultati e classifiche di circa 500 sport minori» precisa Sangiovanni: «non solo il calcio dilettantistico o il calcio a 5, ma anche le bocce, il tennistavolo, il tamburello o l’hockey su ghiaccio». A proposito delle pagine regionali (ce n’è anche una in tedesco per l’Alto Adige), «è tutto gestito centralmente da Roma, poi se c’è da interloquire con le sedi territoriali per qualche approfondimento, lo si fa». Secondo Sangiovanni, «le fake news sulle nostre pagine originali non esistono, perché abbiamo un controllo capillare e articolato». 

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Sergio Rafaniello, caporedattore centrale di RaiNews, è invece responsabile della parte giornalistica, e quindi dell’Ultima ora, della pagina 103 (la “Prima”) e di tutte quelle fino alla 399. Ovviamente non da solo: con lui collaborano circa altre 15 persone, tutte unicamente o comunque perlopiù dedicate a Televideo. E questo non comprende la redazione sportiva, a sua volta composta da almeno cinque persone.

Rafaniello, nato nel 1958 e arrivato a Televideo nel 1988, spiega che bene o male da allora «il sistema di trasmissione delle pagine è sempre lo stesso», che è oggettivamente «piuttosto datato» e che «non è che abbia avuto particolari ammodernamenti». È un lavoro «semplice nella sua brutalità», che parte quasi sempre dal lavoro sulla pagina 101, «che almeno nelle pretese vorrebbe presentare la notizia che in quel momento è più importante». Ogni giorno le notizie pubblicate sul Televideo da Ultim’ora sono circa 40, e «a partire dal lavoro della 101 si fa poi un vero e proprio giornale, tuttora articolato per indici tematici», ai quali «nell’ultimo anno si è aggiunto un indice speciale dedicato in tutto e per tutto all’emergenza coronavirus».

«Il superindice» prosegue Rafaniello «è la pagina 103, che è una sorta di homepage,  il condensato delle notizie principali raccolte nel Televideo». A proposito della scrittura, invece, «le regole sono quelle di asciuttezza e di freddezza, le famose 5 W» e bisogna «evitare commenti ed evitare troppi aggettivi». Per come segue le notizie nelle loro evoluzioni e in cui abbozza anche qualche approfondimento, secondo Rafaniello quello del Televideo «è un lavoro che spesso paragono a quello dei controllori di volo».

«Ha ancora successo perché è essenziale: se uno vuole avere la scaletta delle notizie della giornata, se uno vuole sapere che ha fatto la Roma, chi ha segnato, che ha detto Draghi in poche parole, il Televideo ancora può vendersi bene. È come una specie di sito internet, da nonno però, dove al posto del computer tu hai il televisore e al posto del mouse hai il telecomando».

A proposito dei suoi collaboratori, Rafaniello cita «una media di età piuttosto alta» per una «redazione che non ha avuto troppi ricambi negli ultimi anni» e che «forse non è troppo appetibile per un giornalista giovane». E aggiunge: «forse è un peccato perché come scuola potrebbe essere assai efficace».

Alle volte c’è qualcuno che fa il turno di notte, e se invece manca e succede qualcosa di grosso «c’è un meccanismo di cellulare-sul-comodino» per cui qualcuno comunque si sveglia e, se necessario, scrive e pubblica, «anche alle due di notte senza nemmeno togliersi il pigiama». In contesti un po’ più normali, invece, c’è qualcuno che scrive e qualcuno (spesso Rafaniello) che rivede e poi pubblica in pagine con «grafiche già formattate» e con «un sistema grafico che permette con un comando di trascinamento di passare dall’editing alla pubblicazione». Da dietro, il Televideo è fatto così:

Foto di Sergio Rafaniello, 19 marzo

A oggi, insomma, il Televideo ha smesso di essere una vera e propria testata nazionale, ma continua ad avere una sostanziosa redazione che da qualche mese sta lavorando perlopiù da remoto. Altrimenti avrebbe un luogo fisico e, spiega Rafaniello, «un paio di riunioni lampo» ogni giorno per organizzare il lavoro.

Continuano a non esserci numeri certi e chiari su quanti lo consultano (si potrebbero avere per quanto riguarda internet, ma non sono disponibili). «Secondo i nostri dati relativi al 2019/2020», dice Sangiovanni, «circa il 23 per cento della popolazione dai 14 anni in su ha consultato almeno una volta al giorno le pagine di Televideo». Che vorrebbe dire, in termini assoluti, diversi milioni di lettori. Ma, di nuovo, si tratta di stime conseguenti a indagini interne: «non abbiamo un contatore che possa essere utilizzato per misurare in termini precisi» precisa Sangiovanni. Tra i lettori «la fascia d’età preponderante è quella sopra i 65 anni» e che «il 35 per cento circa sono pensionati».

Su internet, Televideo «è il brand Rai più copiato in assoluto, con una decina di siti non ufficiali che riportano le sue pagine». Ora il servizio non ha più un’app (tutte quelle disponibili non sono ufficiali) e non è presente sui social, ma Sangiovanni dice che nonostante tutto «il rapporto con gli utenti è significativo, in alcuni casi maniacale». E aggiunge: «nel senso che ci chiamano se la ricetta di cucina ha degli ingredienti che non tornano, o anche per protestare se la pagina del magazine tv non è aggiornata».

Il Televideo del futuro
Di certo, all’orizzonte non si vedono segni di una possibile chiusura di Televideo. «Certi suoi aspetti informativi e di servizio rimangono» dice Barra «e credo che ancora oggi siano l’assicurazione sulla vita del Televideo», che tra le altre cose continua a beneficiare di certe «forti persistenze legate ad abitudini, inerzie e pigrizie che sono parte integrante del modo in cui agiamo».

Riguardo a ogni possibile previsione, Barra spiega che sono una cosa da cui «in campo mediale è bene stare alla larga». Ma anche che, sempre nel campo dei media, si può dire che «tutto quello che non muore subito, di solito è lì per restare, trovando altre forme e definendosi in altro modo».

Sul futuro di Televideo, Sangiovanni dice: «stiamo studiando un rinnovamento del palinsesto. Abbiamo un piano che stiamo aggiornando e aspettiamo che vada avanti l’aggiornamento tecnologico che dal 2022 dovrebbe far sì che le due piattaforme di gestione del televideo nazionale e regionale vengano sostituite da un’unica piattaforma di gestione che ci consentirà una sinergia operativa tra gli addetti».

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