Che fine ha fatto l’acqua su Marte?

Una nuova ricerca ipotizza che non sia andata da nessuna parte e che sia ancora sul pianeta, tra le sue rocce

Marte (NASA)
Marte (NASA)

Miliardi di anni fa sulla superficie di Marte abbondava l’acqua, poi nel corso del tempo scomparve e il suolo marziano divenne brullo e arido come lo conosciamo oggi. Negli ultimi tempi sono state formulate molte teorie per spiegare questa scomparsa: la più condivisa dice che l’acqua si sia via via dispersa nello Spazio, ma non convince tutti. Ora un nuovo studio ipotizza che la maggior parte dell’acqua sia in realtà rimasta su Marte, nascosta nelle sue rocce.

La ricerca è stata pubblicata questa settimana sulla rivista scientifica Science, una delle più importanti al mondo, e ha attirato l’attenzione di numerosi studiosi e appassionati di Spazio. È stata realizzata da un gruppo di ricercatori del California Institute of Technology (Caltech, a Pasadena) ed è basata sui dati raccolti in questi anni dai numerosi robot e sonde che abbiamo inviato per studiare le caratteristiche geologiche del suolo marziano, alla ricerca di indizi sulla sua storia.

Marte è un pianeta roccioso come il nostro, anche se più piccolo, con un decimo della massa della Terra. La conformazione delle sue grandi pianure, dei rilievi e degli avvallamenti testimonia come più di 3 miliardi di anni fa su Marte ci fossero fiumi, laghi e oceani e fa supporre che ci potesse essere qualche forma di vita, almeno per come la conosciamo qui sulla Terra.

Le ricostruzioni più condivise indicano che in circa un miliardo e mezzo di anni, Marte attraversò una transizione da pianeta caldo e umido a pianeta freddo e arido, come ci appare oggi. Il passaggio avvenne durante una fase molto turbolenta dovuta a un’attività vulcanica molto intensa, che contribuì a un progressivo cambiamento dell’atmosfera marziana. Questa divenne sempre più rarefatta, con una pressione atmosferica ora pari a meno dell’1 per cento rispetto a quella terrestre.

Un panorama marziano ripreso dal rover Perseverance della NASA (NASA/JPL-Caltech)

All’attuale pressione atmosferica, l’acqua si potrebbe trovare allo stato liquido su Marte a circa -40 °C (con differenze a seconda della pressione locale), ma basterebbe una variazione minima per farla ghiacciare o evaporare velocemente. L’acqua è per lo più presente in grandi riserve ghiacciate ai poli, ma dai dati raccolti finora si ritiene ci siano anche riserve di acqua liquida nel sottosuolo e sporadiche formazioni in superficie.

Una delle ipotesi più diffuse è che l’acqua sia scomparsa dal pianeta man mano che cambiavano le condizioni atmosferiche, nei processi che portarono Marte a raffreddarsi. Per il loro nuovo studio, i ricercatori del Caltech hanno preso in considerazione questa ipotesi e l’hanno messa a confronto con le stime di quanta acqua marziana ci fosse un tempo. Dai loro calcoli, in 4 miliardi di anni quell’intera massa non avrebbe potuto fare in tempo a lasciare il pianeta. I ricercatori si sono quindi chiesti dove fosse finito il resto.

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Secondo le loro analisi, buona parte dell’acqua sarebbe rimasta sul pianeta finendo nella struttura cristallina dei minerali sulla crosta (il “guscio” esterno) di Marte. I ricercatori stimano che il processo abbia interessato una massa d’acqua pari all’incirca a metà di quella dell’oceano Atlantico.

(NASA)

In alcune circostanze, le molecole d’acqua possono farsi strada nelle strutture cristalline delle rocce, portando a un processo di idratazione minerale. Il gesso per esempio mantiene buona parte della propria acqua fino a quando non viene riscaldato oltre i 100 °C, ed è un minerale piuttosto comune su Marte.

L’idratazione minerale è un processo che si verifica anche sulla Terra, ma il nostro pianeta è geologicamente più attivo di Marte, e questo fa sì che parte della crosta sia ciclicamente fusa negli strati più profondi del pianeta, con il rilascio di acqua dai minerali che viene poi emessa sotto forma di vapore in varie circostanze, comprese le eruzioni vulcaniche. Il vapore rimane intrappolato dall’atmosfera e va a contribuire al ciclo dell’acqua.

(Howard Perlman, USGS)

Marte è in una fase meno turbolenta della nostra; secondo i ricercatori, questo spiega almeno in parte perché l’acqua sia rimasta intrappolata nei minerali. Le numerose osservazioni compiute negli ultimi anni grazie alle sonde in orbita intorno al pianeta hanno permesso di identificare le aree in cui si trovano gli idrati minerali, ma le immagini non consentono sempre di fare stime accurate sulle loro quantità. Le attività al suolo con robot statici (lander) e mobili (rover) hanno permesso di ottenere qualche informazione in più sulla composizione geologica del pianeta, ma molto resta da scoprire.

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Il 18 febbraio scorso, la NASA ha portato con successo su Marte il nuovo rover Perseverance, che avrà tra i propri compiti l’analisi di alcuni minerali idrati.

Nei prossimi mesi Perseverance esplorerà un cratere largo quasi 50 chilometri che si chiama Jezero, “lago” in diverse lingue slave: si trova sul lato occidentale della grande pianura Isidis Planitia. La zona è stata scelta sulla base delle ricerche svolte negli ultimi anni, e basate sulle rilevazioni fornite da diverse sonde in orbita intorno a Marte. I ricercatori ritengono che un tempo Jezero ospitasse un fiume, che sfociava in un lago. Il corso d’acqua avrebbe portato con sé sedimenti e minerali che nel lago avrebbero costituito la giusta ricetta per alimentare microbi, e forse altre forme di vita.

L’area di Jezero in cui si trova Perseverance (NASA)

Perseverance raccoglierà anche alcuni campioni di suolo e rocce marziane, che con una futura missione spaziale potranno essere riportati sulla Terra per essere studiati in laboratorio. La loro analisi potrebbe portare nuovi elementi per confermare l’ipotesi sulla scomparsa dell’acqua su Marte.