Le nuove prove che scagionerebbero la più nota serial killer australiana
Kathleen Folbigg è in carcere per l'omicidio dei suoi quattro figli, che però potrebbero essere morti a causa di anomalie genetiche
La scorsa settimana 90 scienziati ed esperti di genetica hanno presentato una petizione alla governatrice del Nuovo Galles del Sud per chiedere la liberazione di Kathleen Folbigg, che è considerata la più nota serial killer australiana ed è in carcere dal 2003.
Folbigg fu condannata a 40 anni di carcere per aver soffocato i suoi figli, morti tra il 1989 e il 1999, quando nessuno di loro aveva superato i 2 anni di età. Si è sempre detta innocente, e secondo le prove scientifiche emerse da un recente studio che riguarda alcune rare mutazioni genetiche i bambini sarebbero morti per cause naturali: i giudici sono sempre rimasti convinti della colpevolezza della donna, ma per gli scienziati che hanno firmato la petizione Folbigg dovrebbe essere scagionata.
Folbigg è nata nel 1967 e prima di andare in carcere viveva a Newcastle, circa 170 chilometri a nord di Sydney, in Australia. A 35 anni fu condannata per omicidio colposo per la morte del suo primogenito, Caleb, e per aver ucciso gli altri tre figli, Patrick, Sarah e Laura.
Fu il marito a denunciare Folbigg alla polizia, dopo aver letto nel suo diario che Sarah era morta «con un po’ di aiuto»: lei gli aveva detto che l’“aiuto” che intendeva era quello di Dio, e durante il processo del 2003, durato sette settimane, aveva sostenuto che i bambini fossero morti per cause naturali. Caleb era morto il 20 febbraio del 1989, 19 giorni dopo essere nato, e la sua morte era stata attribuita alla sindrome della morte improvvisa infantile (SIDS, in inglese Sudden Infant Death Syndrome), su cui si sa ancora molto poco. Due anni dopo morì anche Patrick: aveva 8 mesi, era cieco e soffriva di epilessia, e secondo il certificato di morte era morto per asfissia. Anche la morte di Sarah nel 1993, a 10 mesi, fu attribuita alla SIDS, mentre Laura morì nel marzo del 1999, a 18 mesi, per cause «incerte».
Nel suo diario, Folbigg aveva scritto: «Con Sarah volevo solo che stesse zitta. E un giorno è accaduto». Aveva scritto anche: «È chiaro che io sia la figlia di mio padre». Quando Kathleen Folbigg aveva 18 mesi, suo padre, Thomas Britton, accoltellò la madre, uccidendola. Folbigg fu accusata e incarcerata senza che ci fossero prove mediche che dimostrassero il soffocamento dei bambini, e fu ritenuta colpevole in base alle prove circostanziali.
Una perizia eseguita sulle autopsie dei bambini nel 2015 stabilì che non c’erano prove dei soffocamenti, e nessuno di loro era in buona salute al momento della morte: Caleb, per esempio, aveva una malformazione alla laringe e respirava con difficoltà, mentre Laura aveva contratto un’infezione respiratoria, e un’autopsia eseguita in un secondo momento aveva evidenziato anche un’infiammazione al cuore. Non potendo fare altri appelli formali ai giudici, gli avvocati della donna chiesero così ad alcuni genetisti di riesaminare il caso.
I risultati degli studi sono stati presentati ai giudici tra il 2018 e il 2019 e sono stati pubblicati a novembre in un articolo uscito sulla rivista medica Europace, soggetto a peer review (per valutarne l’attendibilità da parte altri scienziati).
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Le ricerche sono state svolte da un gruppo di 27 scienziati di diversi paesi, tra i quali ci sono Michael Toft Overgaard, esperto di mutazioni genetiche dell’Università di Aalborg (Danimarca), e il cardiologo Peter Schwartz, direttore del Centro per lo studio e la cura delle aritmie cardiache di origine genetica dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano.
Come prima cosa, gli esperti hanno analizzato il genoma di Folbigg, riscontrando nella donna una rara mutazione del gene CALM2 (CALM2 G114R). Le anomalie dei geni CALM (ce ne sono tre) sono associate a patologie che provocano aritmie cardiache e che nell’infanzia possono causare un arresto cardiaco o la morte improvvisa. Grazie all’analisi di campioni di sangue e tessuto raccolti dopo la nascita dei bambini, gli scienziati hanno scoperto che Sarah e Laura avevano la stessa mutazione del gene che era stata riscontrata nella madre: secondo gli esperti, la variante genetica potrebbe aver accelerato la morte delle due bambine e, nel caso di Laura, potrebbe aver peggiorato l’infezione in corso, causando un’aritmia fatale.
L’immunologa dell’Università nazionale australiana di Canberra Carola Garcia de Vinuesa, che ha condotto le ricerche, ha spiegato che mutazioni di questa famiglia di geni sono state riscontrate soltanto su 75 individui in tutto il mondo, tra cui persone adulte che non avevano mai avuto sintomi: almeno 20 figli di queste persone sono morti per cause legate alla mutazione del gene, e molti altri hanno avuto problemi cardiaci.
Inoltre, gli studi hanno evidenziato che Caleb e Patrick avevano due diverse varianti molto rare del gene BSN, che in base alla sperimentazione condotta sui topi è stato collegato a problemi neurologici e attacchi epilettici letali. A Patrick era stata diagnosticata l’epilessia ancora prima della nascita.
Bob Moles, professore di Legge alla Flinders University di Adelaide, ha detto al New York Times che «uno dei problemi principali è che i tribunali ammettono prove scientifiche che non sono realmente scientifiche». Durante il processo, il medico che aveva classificato le cause della morte di Laura come «incerte», Allan Cala, aveva detto di non aver mai visto morire quattro bambini all’interno della stessa famiglia. Secondo un procuratore dell’accusa era «ridicolo» pensare che ci potesse essere un «ragionevole dubbio» sulla colpevolezza di Folbigg.
Sebbene Vinuesa abbia spiegato che in genetica «gli eventi unici sono ordinari», secondo Reginald Blanch, uno dei giudici che hanno esaminato le prove scientifiche fornite dagli scienziati nel 2019, «l’unica conclusione ragionevolmente sensata è che qualcuno avesse fatto del male ai bambini in maniera intenzionale». Blanch aveva detto di aver trovato il diario di Folbigg piuttosto convincente e che non aveva dubbi ragionevoli circa la sua colpevolezza.
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Finora il tribunale del Nuovo Galles del Sud ha respinto due appelli contro la condanna di Folbigg, che nel 2005 è passata da 40 a 30 anni, senza possibilità di libertà condizionale.
Tra i 90 firmatari della petizione ci sono anche Elizabeth Blackburn e Peter Doherty, che hanno vinto il premio Nobel per la Medicina rispettivamente nel 2009 e nel 1996, e il presidente della Australian Academy of Science, John Shine. Gli esperti hanno detto che, alla luce delle nuove prove scientifiche, la governatrice del Nuovo Galles del Sud, Margaret Beazley «ha il compito di fermare il fallimento della giustizia subìto dalla signora Folbigg». Il procuratore dello stato, Mark Speakman, ha detto che la petizione verrà valutata con attenzione.