I problemi con i traduttori europei di Amanda Gorman
Quelli scelti originariamente nei Paesi Bassi e in Spagna, bianchi, sono stati sostituiti dopo le proteste di chi pensa debba occuparsene una persona nera
Da alcuni giorni nell’editoria europea è in corso un dibattito che riguarda la poeta 22enne afroamericana Amanda Gorman, diventata famosa dopo aver letto la poesia The Hill We Climb alla cerimonia di insediamento di Joe Biden. Stavolta però non si discute della potenza della sua esibizione né del suo gusto nel vestire, ma delle persone scelte per tradurre all’estero la sua poesia, che uscirà ovunque a fine marzo. Nei Paesi Bassi e in Spagna, infatti, i traduttori scelti originariamente sono poi stati sostituiti – nel primo caso per un ritiro spontaneo, nel secondo su decisione della casa editrice – dopo critiche e discussioni riguardo all’opportunità di scegliere una persona bianca per tradurre un testo così specificamente legato alle questioni razziali e all’identità afroamericana, come quello di Gorman.
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La casa editrice olandese Meulenhoff aveva scelto Marieke Lucas Rijneveld, che ha 29 anni ed è la persona più giovane ad aver ricevuto l’International Booker Prize, il più prestigioso premio letterario dell’editoria angloamericana per i libri di narrativa tradotti in inglese da altre lingue. Rijneveld, che non si riconosce né nel genere femminile né in quello maschile e ha la pelle bianca, era «ideale» per tradurre Gorman secondo la casa editrice, in quanto scrive sia romanzi che poesie e aveva parlato più volte di uguaglianza di genere e sanità mentale.
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La scelta era stata approvata dalla stessa Gorman, ma nei Paesi Bassi aveva provocato qualche polemica animata da chi domandava se Rijneveld fosse in grado di rendere in modo accurato il senso e le sfumature della poesia di Gorman, che esprime il punto di vista di una persona nera ed è molto incentrata sui temi razziali. Il punto non era solo il colore della pelle di Rijneveld ma la sua identità in generale, e un vissuto considerato da alcuni lontano da quello di Gorman.
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In particolare la giornalista e attivista Janice Deul aveva scritto sul giornale olandese Volkskrant che la scelta era «incomprensibile» e che bisognava affidarla a qualcuno come Gorman: «un’artista della parola parlata, giovane, una donna e fieramente nera». Anche secondo Quinsy Gario, un artista olandese nero, «la lingua olandese ha bisogno di un tramite, di una persona in grado di spingerla nella stessa misura in cui ha fatto Amanda Gorman e favorire la comprensione locale del significato di quelle parole». La proposta era quindi di rivolgersi ad autrici come Zaire Krieger, che racconta le difficoltà di essere una donna nera nei Paesi Bassi, o a Rachel Rumai, apparsa di recente in un’antologia di letteratura moderna della diaspora africana.
Viste le proteste, a fine febbraio Rijneveld ha preferito rinunciare alla traduzione e ne ha spiegato le ragioni con una poesia, Alles bewoonbaar, pubblicata su alcuni giornali olandesi e tradotta anche in Regno Unito. Ribadisce la disponibilità a farsi da parte quando «qualcuno sa rendere una poesia più abitabile di te», «perché sai che c’è tanta ineguaglianza e le persone sono ancora discriminate».
Mercoledì scorso qualcosa di simile è accaduto in Spagna. Victor Obiols, che era stato scelto dalla casa editrice barcellonese Univers per tradurre la poesia in catalano, è stato rimosso dall’incarico. Obiols, che ha tradotto opere di Omero e di Shakespeare, ha raccontato di aver consegnato il lavoro ma che nel frattempo il suo editore aveva ricevuto un messaggio che diceva che non era la «persona giusta»; non sa se il rifiuto sia venuto dall’editore americano o dall’agente di Gorman.
«Non hanno messo in dubbio le mie capacità» ha spiegato, «ma volevano un profilo diverso: doveva essere una donna, giovane, attivista e preferibilmente nera». Obiols, che verrà comunque pagato dalla casa editrice per il lavoro svolto, ha aggiunto che «se non posso tradurre un poeta perché è una donna, giovane, nera e americana del XXI secolo, allora non posso neanche tradurre Omero perché non sono un greco dell’VIII secolo a.C. O non avrei potuto tradurre Shakespeare perché non sono un inglese del Cinquecento».
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Le due vicende hanno aperto un dibattito sulla traduzione e sul ruolo del traduttore, la cui bravura comprende anche la capacità di fare da ponte tra l’autore originale e i lettori che leggeranno il testo. Alcuni hanno per esempio criticato le richieste di Deul, contestando che allora nemmeno un’autrice nera contemporanea sarebbe adatta a tradurre un autore classico. Lei ha chiarito a BBC la sua posizione: «non voglio dire che una persona nera non possa tradurre l’opera di una bianca o viceversa: mi riferisco a questa specifica poesia di questa specifica oratrice in un tema che riguarda Black Lives Matter», cioè il movimento per i diritti degli afroamericani. Secondo Deul, quindi, non sarebbe un discorso valido per ogni opera, ma riguarderebbe The Hill We Climb, imperniata sui temi della discriminazione razziale e scritta da una persona molto impegnata a riguardo.
Una soluzione più accorta è stata considerata quella dell’editore tedesco Hoffmann und Campe, che ha selezionato un gruppo di tre donne per lavorare alla traduzione. Sono la 33enne attivista Kübra Gümüşay, autrice di un libro sul ruolo del linguaggio per una comunicazione rispettosa; Hadija Haruna-Oelker, giornalista afrotedesca che ha scritto una ricerca sulle migrazioni, e la specialista di traduzione poetica Uda Strätling, che ha già tradotto opere di autori come Teju Cole, americano di origine nigeriana, e Claudia Rankine, americano di origine giamaicana. In Francia invece è stato tradotto dalla 23enne Marie-Pierra Kakoma, una cantante belga di origine congolese nata in Congo e nota con il nome d’arte Lous and the Yakuza.
In Italia la poesia sarà pubblicata da Garzanti nella traduzione di Francesca Spinelli, traduttrice e giornalista di Internazionale che da anni si occupa anche di razzismo e immigrazione.