Il caos nella stampa britannica dopo l’intervista a Harry e Meghan Markle
Ci sono state accuse di razzismo e dimissioni, e si è tornati a discutere della tossicità dei tabloid
Dopo le accuse di razzismo nei confronti dei tabloid britannici fatte dal principe Harry del Regno Unito e la moglie Meghan Markle durante la discussa intervista con la conduttrice Oprah Winfrey, c’è stata parecchia agitazione nella stampa britannica. La Società degli editori britannici, che raggruppa circa 400 membri della stampa nazionale e locale, ha rifiutato le accuse di razzismo nei confronti dei media, ma la vicenda ha aperto un’ampia discussione tra giornalisti ed esperti sul fatto che la stampa britannica, in particolare i tabloid conservatori, non sia abbastanza inclusiva.
Dopo l’intervista con Winfrey, la Società degli editori britannici ha diffuso un comunicato per respingere le accuse di razzismo rivolte ai giornali e chiarire che i media del Regno Unito «non sono prevenuti e bigotti».
Il comunicato della Società degli editori è stato però ampiamente criticato, anche da più di 250 giornalisti, scrittori e accademici, che hanno firmato una lettera aperta per contestarne le posizioni. Tra i firmatari ci sono 60 giornalisti del Guardian e dell’Observer, numerosi freelance e diversi giornalisti neri: secondo loro il «totale rifiuto di ammettere che ci sia una forma di bigottismo nella stampa britannica è ridicolo».
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I giornalisti hanno detto che la Società degli editori «è incapace di riconoscere la realtà» e soprattutto non affronta il problema della mancanza di diversità nel giornalismo britannico: in particolare, secondo loro, manca la rappresentanza di etnie diverse nei ruoli dirigenziali della stampa, e questo «contribuisce alle narrazioni negative» che si leggono sui media del paese. Stando ai dati forniti dal Consiglio nazionale per la formazione dei giornalisti del Regno Unito, infatti, il 94 per cento dei giornalisti sono bianchi.
Mercoledì, dopo le critiche ricevute, la Società degli editori ha pubblicato una nota per chiarire che «c’è ancora molto lavoro da fare nei media per migliorare la diversità e l’inclusione». Il direttore esecutivo Ian Murray si è dimesso in modo che «l’organizzazione possa cominciare a ricostruire la sua reputazione». Allo stesso tempo, il giornalista televisivo Piers Morgan è stato licenziato da ITV – il canale che aveva trasmesso l’intervista di Meghan e Harry lunedì sera nel Regno Unito – per aver detto di «non aver creduto a una parola» di quello che aveva detto Markle. Dopo il commento di Morgan, l’agenzia regolatrice per le aziende di comunicazione del Regno Unito, Ofcom, aveva ricevuto oltre 41mila reclami.
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I giornali più venduti nel Regno Unito sono tabloid piuttosto inaffidabili che sono letti soprattutto da persone bianche, anziane e tendenzialmente conservatrici. Questi giornali si nutrono spesso di notizie false o esagerate, che vengono commentate per lo più con un taglio moralista: per questa ragione, la relazione di Harry con Meghan Markle – americana, divorziata, più grande di lui, di origine afroamericana – è stata fin da subito presa di mira dai tabloid. Il problema di come i tabloid parlano della famiglia reale è stato ampiamente discusso.
Nel 2016, quando Harry e Meghan avevano appena iniziato a frequentarsi, Harry aveva segnalato che alcuni fotografi avevano cercato di introdursi in casa di lei e che i giornali avevano cercato di corrompere i suoi ex fidanzati per ottenere indiscrezioni sul suo conto. Anche Camilla, duchessa di Cornovaglia e moglie del principe Carlo, fu descritta dai tabloid come una “sfascia-famiglie” per essere stata a lungo l’amante di Carlo. Il Financial Times ha raccontato che nel 2006, quasi dieci anni dopo la sua morte, il Daily Express aveva pubblicato 47 prime pagine su Lady Diana.
Mercoledì mattina, due giorni dopo che era andata in onda l’intervista di Meghan e Harry con Winfrey nel Regno Unito, la homepage del Daily Mail (MailOnline) aveva 20 diversi articoli che ne parlavano.
Nell’intervista con Winfrey, Harry ha detto che la famiglia reale ha sottoscritto una specie di «contratto invisibile» con i tabloid per timore che i giornali «si rivoltino contro di loro».
Secondo Harry, il problema è che se i membri della famiglia reale trattano bene e danno ampio spazio a questi reporter, allora saranno trattati bene dai tabloid; se invece cercano di sfuggire alla copertura mediatica oppure si rifiutano di collaborare con loro – come avevano fatto Harry e Meghan l’anno scorso, quando avevano deciso di diventare più indipendenti e occuparsi della loro comunicazione in maniera più autonoma – allora rischiano di essere attaccati. E le pressioni e il razzismo dei tabloid scandalistici sono stati alcuni dei motivi per cui la coppia ha deciso di non far più parte attivamente della monarchia e di andarsene dal Regno Unito.
Anche Camilla, come Meghan, parlò apertamente del trattamento ostile che aveva subito da parte della stampa, ma lo fece in un’intervista data al Mail on Sunday, altro tabloid conservatore dello stesso editore del Daily Mail. Penny Junor, biografa di Camilla, ha detto che la duchessa era «una donna decisamente malvista e denigrata», ma è riuscita a «capovolgere la situazione semplicemente comportandosi in maniera gentile con le persone che si occupano di lei per lavoro». Camilla «è diversa», ha detto Junor, «sa il nome di ogni reporter che segue la casa reale, sa chi sono i loro figli».