I milioni di vaccini inutilizzati in Europa
Le campagne vaccinali sono in ritardo anche per le inefficienze dei singoli governi, che non riescono a somministrare tutte le dosi a loro disposizione
I dati sulla distribuzione e sulla somministrazione dei vaccini in Europa mostrano come i ritmi lenti delle campagne vaccinali siano dovuti anche alla scarsa organizzazione dei paesi europei, oltre che ai ritardi delle aziende farmaceutiche. Nei frigoriferi degli ospedali, infatti, sono custodite milioni di dosi in attesa di essere somministrate alle persone in tutta Europa.
Fin dall’inizio dell’anno, governi nazionali, Unione Europea e aziende farmaceutiche si sono date la colpa a vicenda per il ritardo nelle vaccinazioni.
Molti leader europei hanno incolpato l’Europa e le società produttrici di vaccini, senza prendersi la responsabilità dei rallentamenti e delle inefficienze delle proprie campagne vaccinali. Tra i soggetti più attaccati c’è stata la Commissione europea, secondo molti colpevole di avere negoziato troppo a lungo con le aziende farmaceutiche e di avere avuto meno flessibilità rispetto a Regno Unito e Stati Uniti. E la stessa Commissione ha più volte attaccato i produttori dei vaccini a causa dei tagli alle consegne, che effettivamente ci sono stati: a metà gennaio Pfizer aveva annunciato ritardi a causa di un intervento nello stabilimento di Puurs, in Belgio, e AstraZeneca aveva consegnato solo 40 milioni di dosi, la metà di quanto era stato previsto nei contratti sottoscritti con l’Unione Europea.
L’ultimo possibile ritardo riguarda Johnson & Johnson: martedì Reuters ha dato la notizia di ritardi nella consegna del vaccino Janssen. In serata l’azienda ha precisato che rispetterà la quantità di dosi stabilita dagli accordi per il 2021.
Anche al netto dei tagli e delle successive rinegoziazioni, le campagne vaccinali dei paesi europei non sembrano essere efficienti. I dati analizzati da Politico mostrano che la maggior parte dei paesi non ha utilizzato milioni di dosi a disposizione. Mentre una certa quantità di dosi, circa il 30 per cento, viene deliberatamente tenuta come scorta per garantire un numero sufficiente di richiami, l’elevata percentuale di vaccini lasciata nei magazzini suggerisce che molte dosi sono semplicemente inutilizzate.
Il problema più rilevante riguarda il vaccino di AstraZeneca, che è quello meno costoso, più facile da stoccare e trasportare. I dati disponibili dicono che finora è stata somministrata una bassa percentuale sul totale delle dosi consegnate. In Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Slovenia, Spagna, Svezia, Paesi Bassi, Belgio e Germania è stato somministrato meno del 50 per cento dei vaccini consegnati da AstraZeneca. Al contrario, in tutti gli Stati – Italia compresa – la percentuale di utilizzo del vaccino sviluppato da Pfizer-BioNTech è molto alta.
In questo grafico viene mostrata la percentuale di utilizzo dei vaccini sul totale delle dosi consegnate. Questi dati sono stati elaborati e pubblicati da Politico e analizzati sulla base degli aggiornamenti forniti dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC). È bene precisare che questi dati, gli unici a disposizione, spesso non sono completi e accurati perché arrivano dagli stessi stati. Rispetto all’articolo pubblicato da Politico, con i dati aggiornati al 28 febbraio, il dato delle somministrazioni in Italia è stato aggiornato a oggi grazie agli open data pubblicati dal ministero della Salute.
In Italia la soglia del 50 per cento per il vaccino AstraZeneca è stata superata solo da pochi giorni, cioè da quando in quasi tutte le regioni è iniziata la somministrazione al personale scolastico e alle forze dell’ordine. Fino a dieci giorni fa, era stato utilizzato solo il 20 per cento delle dosi a disposizione.
Nei prossimi giorni il ritmo di utilizzo di questo vaccino dovrebbe aumentare perché inizieranno a essere vaccinate con AstraZeneca anche le persone con più di 65 anni, inizialmente escluse dall’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco.
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Tra le possibili ragioni del sottoutilizzo c’è anche una certa diffidenza, ingiustificata, nei confronti di AstraZeneca, ma è difficile quantificarne l’impatto sulla campagna vaccinale.
In Italia sembra che i ritardi siano dovuti alla scarsa organizzazione di alcune regioni, che non hanno studiato un piano efficiente per somministrare il maggior numero di dosi nel minor tempo possibile: mancano medici e infermieri, i sistemi di prenotazione vanno spesso in tilt, la distribuzione dei punti vaccinali sul territorio non è capillare. Superare questi problemi è l’obiettivo del nuovo governo guidato da Mario Draghi, che ha sostituito i vertici degli organismi che gestiscono la campagna e sta cercando di centralizzare le operazioni di somministrazione, in capo alle regioni.