Perché il Cile va così bene coi vaccini
Sia per la scelta di preordinare i vaccini da diverse società – anche dalla cinese Sinovac – sia per una campagna ben organizzata
Tra i paesi che stanno procedendo più velocemente con le vaccinazioni contro il coronavirus c’è il Cile, che è stato anche uno di quelli più colpiti dalla pandemia in tutta l’America Latina. Il Cile non ha risorse economiche paragonabili a quelle di Stati Uniti o dell’Unione Europea, eppure nel giro di pochi mesi è riuscito a vaccinare più del 20 per cento della popolazione con almeno la prima dose. Non è stato soltanto merito di una campagna vaccinale ben organizzata, ma è dipeso anche dalla capacità negoziale del governo cileno, che tra le altre cose ha deciso subito di preordinare vaccini di diverse società farmaceutiche.
Al momento in Cile sono stati accertati più di 860mila contagi da coronavirus e più di 21mila morti per cause legate alla COVID-19. Dopo alcuni mesi di relativa stabilità, a partire da dicembre, con l’inizio dell’estate, i contagi hanno ricominciato a salire, raggiungendo i 5.325 casi giornalieri lo scorso 5 marzo. Tuttavia a oggi in Cile sono state vaccinate almeno una volta più di 4 milioni di persone sui 19 milioni circa di abitanti: un risultato molto superiore rispetto alla maggior parte dei paesi che hanno avviato le vaccinazioni anche alcune settimane prima del Cile, Italia compresa.
Le primissime vaccinazioni nel paese erano state effettuate tra la fine di dicembre e la metà di gennaio, utilizzando il vaccino sviluppato da Pfizer-BioNTech. Come in molti altri paesi, i primi a essere vaccinati erano stati i medici e gli infermieri più esposti al contagio. La campagna di vaccinazione vera e propria è cominciata all’inizio di febbraio, quando grazie alle prime di dosi ricevute del vaccino sviluppato dall’azienda cinese Sinovac (CoronaVac) è stato possibile iniziare a vaccinare anche altri gruppi di persone considerati a rischio: tutti gli altri operatori sanitari, gli anziani (partendo da quelli con più di 90 anni), le persone con malattie croniche e i lavoratori essenziali.
Per fare un confronto, in questi giorni il Cile sta vaccinando le persone tra i 54 e i 59 anni di età che soffrono di patologie croniche, mentre a Roma è appena stata avviata la campagna vaccinale per i nati fino al 1941, cioè per chi ha dai 79 anni in su, come il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
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Ci sono diverse ragioni per cui in Cile le cose stanno andando meglio che in altri paesi.
Prima di tutto, il governo cileno è stato veloce a negoziare con le società farmaceutiche che hanno sviluppato i vaccini contro il coronavirus: già attorno alla metà del 2020, infatti, il Cile aveva prenotato più di 30 milioni di dosi di diversi vaccini. Inoltre, è stato uno dei primi paesi a scegliere di diversificare e di preordinare vaccini da diverse società, anche in diverse fasi del loro sviluppo, mentre la maggior parte dei paesi occidentali ha puntato su vaccini prodotti in Occidente.
Per questa ragione, il Cile potrà contare in totale su circa 90 milioni di dosi di vaccini, compresi quelli di Pfizer-BioNTech, AstraZeneca e Johnson & Johnson, oltre appunto al CoronaVac, di cui sono state ordinate circa 60 milioni di dosi. In più, dovrebbe ricevere altre dosi attraverso il programma COVAX, che ha l’obiettivo di mettere a disposizione circa 2 miliardi di dosi di vaccino entro la fine dell’anno per i paesi a medio e basso reddito.
In secondo luogo, la campagna vaccinale è stata ben organizzata e coordinata in maniera efficace, grazie anche all’esperienza ottenuta da precedenti campagne di vaccinazioni di massa. Sono stati coinvolti tutti gli operatori sanitari qualificati, compresi per esempio dentisti e ostetriche, e le vaccinazioni si stanno svolgendo anche in palestre e centri sportivi, allestiti appositamente per poter vaccinare anche nei luoghi più remoti del paese.
In Cile ci sono circa 1.400 punti di vaccinazione attivi e vengono vaccinate circa 130-140mila persone al giorno; in Italia, dove abitano più di 60 milioni di persone, i punti di vaccinazione sono meno di 1.700 e a oggi sono state somministrate poco meno di 6 milioni di dosi di vaccino (le persone che hanno ricevuto sia la prima sia la seconda dose di vaccino in Italia sono meno di 2 milioni).
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Un altro dei motivi per cui il paese è stato avvantaggiato nelle negoziazioni con le case farmaceutiche, ha raccontato la ricercatrice esperta di Cile Veronica Diaz-Cerda su The Conversation, è che diverse istituzioni cilene hanno partecipato alla sperimentazione dei vaccini. Per esempio, la Pontificia università cattolica del Cile, importante università con sede a Santiago del Cile, stava già collaborando con Sinovac per lo sviluppo di vaccini contro virus che attaccano il sistema respiratorio prima dell’arrivo della COVID-19. Per questa ragione, il governo non ha avuto grossi problemi nell’investire nelle attività di ricerca sul CoronaVac nel paese, e Sinovac ha garantito diverse dosi del suo vaccino in tempi minori e a prezzi più bassi.
Secondo Gonzalo Muller, professore dell’Universidad del Desarrollo che si occupa di sviluppo e politiche pubbliche, è stato centrale anche il ruolo del presidente del Cile, Sebastián Piñera, che ha «mostrato le sue capacità negli affari e nello smobilizzare risorse, oltre che nella gestione e nelle negoziazioni».
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All’inizio del 2020 Piñera aveva il sostegno solo del 6 per cento dei cileni, anche per via delle diverse proteste antigovernative contro le molte disuguaglianze nel paese, gli alti costi dell’assistenza sanitaria e lo scarso finanziamento all’istruzione. Oggi, secondo un sondaggio svolto da una società di consulenza cilena, l’83 per cento delle persone intervistate ha detto di essere soddisfatta o molto soddisfatta della campagna vaccinale del paese, e grazie alla campagna di vaccinazioni veloce ed efficace la percentuale di gradimento nei confronti di Piñera è salita al 24 per cento (un dato comunque molto basso).
Un paio di settimane fa alcuni giornali cileni avevano segnalato che circa 37mila persone avevano ricevuto il vaccino prima che il programma di vaccinazione lo prevedesse, ma questo non sembra aver rallentato né compromesso la campagna vaccinale. Pochi giorni fa, il governo cileno ha detto di aver donato 40mila dosi di CoronaVac a Ecuador e Paraguay, destinate al personale sanitario.