5 domande sull’origine del coronavirus
La rivista Nature ha messo insieme le molte cose che ancora non sappiamo su come andarono le cose a Wuhan più di un anno fa
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) prevede di pubblicare a metà marzo il primo rapporto completo sulle origini della pandemia da coronavirus in Cina, basato sulle indagini svolte tra gennaio e febbraio da una spedizione di suoi esperti nel paese. La relazione è piuttosto attesa, ma dalle informazioni finora anticipate dall’OMS non sembra che possa offrire risposte chiare e definitive.
Al termine del loro lavoro in Cina, i responsabili della missione avevano anticipato alcune conclusioni, escludendo per esempio che il coronavirus con il quale facciamo i conti da più di un anno avesse avuto origine in un laboratorio. L’ipotesi più condivisa, ma ancora da confermare, è che il virus abbia avuto origine nei pipistrelli e che si sia poi trasmesso ai primi esseri umani, tramite un passaggio intermedio in un altro animale.
Esperti e osservatori ritengono che il rapporto dell’OMS non offrirà molte risposte certe, nonostante il lavoro della spedizione in Cina abbia ricevuto apprezzamenti per le modalità in cui si è svolto. Partendo da questi dubbi, il sito della rivista scientifica Nature, una delle più importanti e rispettate al mondo, ha messo insieme cinque domande sulle cose che ancora non sappiamo sulle origini del coronavirus.
Il virus stava già circolando a Wuhan prima che fossero rilevati i primi casi?
A Wuhan, la città cinese epicentro della pandemia, le prime polmoniti atipiche poi ricondotte al coronavirus furono identificate negli ultimi mesi del 2019. La spedizione dell’OMS ritiene che la prima persona individuata con COVID-19 fosse un impiegato che non aveva lasciato la città da diverso tempo. Mostrò i primi sintomi l’8 dicembre del 2019, ma la quantità di casi rilevati entro la fine di quell’anno fa ipotizzare che il coronavirus fosse già in circolazione tra la popolazione.
Il problema è che finora non si sono trovati molti indizi su questa circostanza. Un’analisi svolta da un gruppo di ricercatori cinesi a posteriori, quindi con le difficoltà nel rintracciare i casi, ha preso in considerazione cartelle cliniche e informazioni sui ricoveri negli ospedali di Wuhan tra ottobre e dicembre 2019. Lo studio ha permesso di identificare poco meno di 100 individui con sintomi simili a quelli causati dalla COVID-19. I ricercatori hanno eseguito test sierologici su 67 di questi pazienti, senza però trovare traccia degli anticorpi che si sviluppano in seguito a un’infezione da coronavirus.
L’esito dell’analisi non sembra quindi indicare che ci fossero molti casi da coronavirus prima di dicembre 2019, ma l’OMS ritiene che si potrebbe ripetere l’indagine prendendo in considerazione una maggiore quantità di persone che all’epoca avevano sviluppato sintomi più lievi. Un ulteriore approfondimento potrebbe derivare dall’analisi di circa 200mila campioni di sangue prelevati negli ultimi mesi del 2019 per vari motivi, clinici e di test, e conservati presso il Centro del sangue di Wuhan. Analisi sierologiche potrebbero aiutare a stimare la prevalenza del coronavirus tra la popolazione nell’autunno del 2019, quando il virus non era stato ancora isolato e ricondotto alle polmoniti atipiche.
Le analisi sui campioni di sangue potrebbero portare a risultati di difficile interpretazione, perché non sempre i test sono precisi a sufficienza per rilevare la presenza di specifici anticorpi, sviluppati in seguito a un’infezione da coronavirus. In generale, gli esperti ritengono che si potrebbero effettuare più studi di laboratorio su campioni di sangue, o di tessuti, raccolti nel 2019 non solo tramite normali prelievi, ma anche nel caso di autopsie dei pazienti morti a causa delle complicazioni a livello polmonare e cardiaco.
Il coronavirus era in circolazione fuori dalla Cina prima di dicembre 2019?
Se non è semplice rilevare il momento in cui si è iniziato a diffondere il coronavirus a Wuhan, è ancora più difficile stimare se il virus fosse in circolazione altrove prima della fine del 2019. Alcune analisi condotte in Europa, sempre su campioni di sangue prelevati nell’autunno del 2019, hanno portato a qualche indizio, ma non a prove definitive o ritenute completamente affidabili.
L’eventuale circolazione del coronavirus altrove non implica che il virus abbia avuto origine fuori dalla Cina, dicono gli stessi esperti dell’OMS. Questa circostanza potrebbe semplicemente indicare che il coronavirus fosse già presente nell’area di Wuhan, e che di conseguenza si fosse diffuso all’estero tramite lo spostamento in aereo di chi viaggiava per lavoro o turismo.
Il mercato di Huanan c’entra qualcosa?
Quando emersero le prime informazioni sul coronavirus, fu segnalato il mercato di animali vivi di Huanan nei pressi di Wuhan come possibile fonte del primo contagio, ma a oggi non sono state trovate prove definitive.
L’animale intermedio attraverso il quale il coronavirus è passato dai pipistrelli agli esseri umani non è noto, ma si pensa possa essere una specie selvatica tra quelle solitamente vendute nei mercati di animali vivi. Le indagini hanno però portato a identificare casi difficilmente riconducibili al mercato di Huanan, senza contare che le analisi a campione svolte all’epoca non avevano portato a rilevare la presenza del coronavirus tra gli animali in vendita.
L’OMS ritiene comunque che ci siano indagini da approfondire sul mercato, visto che era frequentato da numerose persone poi risultate infette. Il coronavirus sarebbe potuto arrivare nella zona da allevamenti nella provincia dello Hubei, di cui Wuhan è il capoluogo. Le indagini dovrebbero essere estese ad altri mercati della zona, ricostruendo con maggiore accuratezza quali specie fossero vendute e in che condizioni, soprattutto dal punto di vista igienico e di isolamento degli animali tra loro e tra gli operatori e i clienti.
Gli animali selvatici surgelati hanno contribuito alla diffusione del virus?
Non è per ora escluso che il coronavirus sia arrivato al mercato di Huanan tramite una consegna di animali selvatici surgelati provenienti da allevamenti nella Cina meridionale. Gli indiziati sono i tassi furetto (se ne conoscono cinque specie appartenenti al genere Melogale) che avrebbero potuto essere infetti: venivano macellati al mercato, quindi con operatori che entravano in contatto diretto con le loro carni.
A oggi le conoscenze sulla diffusione del coronavirus tramite alimenti congelati sono però molto parziali, e non sono state trovate prove convincenti a sostegno dell’ipotesi degli animali selvatici surgelati infetti introdotti nel mercato.
Il coronavirus era già in circolazione tra gli animali in Cina?
Da oltre un anno, alcuni gruppi di ricerca sono al lavoro per stabilire da quale animale abbia avuto origine il SARS-CoV-2. Tra il 2019 e il 2020, in Cina sono stati effettuati test su oltre 30mila animali domestici e da allevamento, ma senza trovare tracce di una recente infezione da coronavirus nel loro sangue.
In Cina ci sono milioni di allevamenti e miliardi di animali, e per questo l’OMS ritiene che le analisi svolte finora non siano state molto rappresentative e che se ne debbano effettuare altre soprattutto negli allevamenti.