Il vaccino di Johnson & Johnson è stato autorizzato negli Stati Uniti
Prevede la somministrazione di una sola dose e non richiede di essere conservato in potenti congelatori: in Europa potrebbe essere autorizzato a marzo
La Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia federale statunitense che si occupa di farmaci, ha autorizzato l’uso del vaccino contro il coronavirus sviluppato dalla multinazionale statunitense Johnson & Johnson: gli Stati Uniti sono quindi il primo paese nel quale si potrà usare il vaccino di Johnson & Johnson, che a differenza degli altri autorizzati fin qui nel paese prevede la somministrazione di una sola dose.
L’autorizzazione della FDA è arrivata sabato 27 febbraio, ma la notizia era stata anticipata dai giornali venerdì quando si era saputo del parere positivo al vaccino dato all’unanimità dal gruppo consultivo che ne stava valutando la sicurezza. Le prime consegne dei flaconcini di vaccino negli Stati Uniti sono previste già nei prossimi giorni e Johnson & Johnson ha promesso di consegnare 100 milioni di dosi entro giugno.
Secondo un’analisi diffusa il 24 febbraio dalla FDA – che aveva confermato i buoni riscontri che il vaccino aveva già fatto rilevare nei mesi scorsi – il vaccino di Johnson & Johnson fornisce una buona protezione contro le forme più gravi di COVID-19, riducendo il rischio di ricovero in ospedale e di morte a causa delle complicazioni dovute dalla malattia. Il vaccino sembra anche ridurre la diffusione del coronavirus da parte di chi è vaccinato, ma i dati su questo aspetto sono ancora preliminari.
L’efficacia rilevata in media è stata del 72 per cento negli Stati Uniti e del 64 per cento in Sudafrica, 7 punti percentuali in più di una precedente rilevazione di gennaio. Contro le forme più gravi di COVID-19, la percentuale di efficacia è invece risultata dell’86 per cento negli Stati Uniti e dell’82 per cento in Sudafrica, dove da alcuni mesi si è diffusa una variante del coronavirus che sembra essere più contagiosa. Le percentuali di efficacia rilevate sono inferiori rispetto a quelle di altri produttori, ma il vaccino di Johnson & Johnson ha il vantaggio di essere monodose e non richiede di essere conservato in potenti congelatori.
La scorsa settimana Johnson & Johnson aveva presentato domanda di autorizzazione anche nell’Unione Europea: dovrebbe essere autorizzato entro metà marzo. L’Unione Europea aveva già prenotato 200 milioni di dosi del vaccino Johnson & Johnson, con un’opzione per acquistarne altri 200 milioni. All’Italia, entro la fine dell’anno, dovrebbero arrivare 26 milioni di dosi del vaccino, ma non è chiaro quando potranno cominciare le consegne: a gennaio Johnson & Johnson aveva infatti parlato di problemi che ne stavano rallentando la produzione.
A differenza di Pfizer-BioNTech e Moderna, che hanno realizzato vaccini basati sull’RNA messaggero, J&J ha seguito come AstraZeneca un approccio più tradizionale. Il suo vaccino è basato su un adenovirus che non causa particolari problemi di salute, nel quale è stato inserito un gene contenente le istruzioni per produrre una proteina del coronavirus. Quando si riceve una dose, gli adenovirus inducono alcuni tipi di cellule a produrre copie della proteina, che viene poi riconosciuta come una minaccia dal sistema immunitario. In questo modo, il nostro organismo impara a sviluppare una difesa contro la proteina del coronavirus, senza dover entrare in contatto con il coronavirus vero e proprio, evitando i rischi del caso.
Questa soluzione non è una novità. Era già stata sperimentata in passato con altri tipi di vaccini, compresi quelli per contrastare la malattia Ebola. Un vaccino di questo tipo è solitamente ben tollerato dal nostro organismo e non comporta particolari reazioni avverse.
Nei test di laboratorio su primati non umani, i ricercatori avevano rilevato che una singola dose offriva una protezione sufficiente. Nelle fasi successive di sperimentazione, su esseri umani, avevano poi scoperto che modulando la concentrazione del vaccino si poteva ottenere una formula per indurre una forte reazione immunitaria con una sola dose. Sono comunque in corso altri studi per valutare se l’uso di una seconda dose possa aumentare l’efficacia del vaccino, ma i risultati non dovrebbero arrivare prima della prossima estate.