Lenin è ovunque
Dall'Antartide alle Svalbard, dagli Stati Uniti all'Emilia, il mondo è disseminato di busti e statue del leader sovietico, tutte con una storia dietro
Nel 1989, mentre a Berlino crollava il muro e a Mosca si cominciava a temere seriamente per la tenuta del blocco comunista, in un parco di Addis Abeba si ergeva una statua di Vladimir Ulyanov Lenin, il primo e più importante leader comunista sovietico. Camminando per le vie dell’Africa Park, tra grandi alberi e prati seccati dal sole etiope, si poteva ammirare la figura imponente del rivoluzionario che aveva instaurato il regime sovietico più di settant’anni prima, con lo sguardo fiero rivolto a est, la mano sinistra sul bavero della giacca e le gambe divaricate e ben piantate. Nei pressi del monumento c’era un grosso edificio dell’ONU, una delle sedi della Commissione economica per l’Africa.
La statua di Lenin all’Africa Park non c’è più, ma ancora oggi in vari posti del mondo che ebbero poco o nulla a che fare con l’Unione Sovietica ci sono statue che raffigurano Lenin: in Antartide, vicino al Polo Nord, in Europa occidentale e persino negli Stati Uniti, un paese dove il comunismo non ha mai goduto di grande popolarità. I motivi sono i più diversi. In parte c’entra il lavoro propagandistico e culturale che il regime sovietico riuscì a fare fuori dai propri confini durante la Guerra fredda, ma ha contribuito anche l’aura mitologica che circonda Lenin fin dalla sua morte, avvenuta nel 1924.
Negli anni e nei decenni successivi, infatti, si rinforzò il culto della personalità intorno a Lenin, già avviato quando era ancora in vita. Il suo corpo imbalsamato fu esposto a Mosca e visitato da un milione di persone nei giorni successivi alla morte. Anche fuori dall’Unione Sovietica, e perfino in paesi ostili al regime comunista, la figura di Lenin veniva rispettata, almeno in certi ambienti. Nel corso dei decenni, in Russia e in tutte le altre repubbliche socialiste cominciarono a comparire statue e monumenti che lo celebravano, e che lo resero una parte importantissima dell’iconografia comunista internazionale. I tratti del suo volto, stilizzati e mitizzati in statue, monumenti e volantini, divennero noti e riconosciuti dai militanti di tutto il mondo, al pari di quelli di Karl Marx.
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La presenza della statua di Lenin ad Addis Abeba non si spiega solo con la potenza del mito di Lenin. Al tempo in cui fu eretta la statua, cioè nel 1983, in Etiopia c’era un regime filosovietico guidato da Menghistu Hailé Mariam. La Guerra fredda tra il blocco occidentale e quello orientale si combatteva anche in Africa, dove in alcuni paesi la situazione era fluida e instabile. Nel caso etiope, l’Unione Sovietica riuscì a far prevalere la fazione che sosteneva, quella di Menghistu. Era il 1977 e negli anni successivi i sovietici cercarono di indirizzare e formare politicamente la commissione che doveva far nascere un partito comunista etiope, i cui lavori procedevano secondo loro troppo lentamente. Per velocizzarli, nel 1983 i sovietici spedirono ad Addis Abeba una grossa fornitura di letteratura marxista-leninista. Allora Menghistu decise di esprimere il proprio impegno a costituire un partito comunista mettendo una statua di Lenin nella capitale. Assieme al regime di Menghistu, nel 1991 crollò anche la statua.
Non sorprende invece la presenza di tre statue di Lenin a Cuba, che è governata da un regime comunista da più di sessant’anni. Una delle tre, però, ha una storia che inizia molto prima che Fidel Castro giurasse come primo ministro cubano nel 1959. Nei pressi di una collina a Regla, non lontano dall’Avana, il 27 gennaio 1924 si radunarono migliaia di persone per onorare la morte appena avvenuta di Lenin. Per questo motivo il sindaco della città, il socialista Antonio Bosch, rinominò il luogo “Colina Lenin” e vi piantò un ulivo, il primo monumento a Lenin mai costruito fuori dall’Unione Sovietica. Negli anni successivi, dominati da dittature militari ostili al comunismo, Colina Lenin divenne luogo di manifestazioni e scontri, che portarono alla distruzione dell’ulivo, ripiantato solo anni dopo. Nel 1984 sulla collina venne posta una grande scultura del viso di Lenin in bronzo, creata dall’artista Thelma Marin. Oggi a Colina Lenin c’è anche un museo che racconta la storia del luogo.
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La statua di Lenin più a nord del mondo si trova in un ex villaggio russo abbandonato delle isole Svalbard, nel mezzo dell’Oceano Artico. Quella più a sud è invece in uno dei posti più inospitali del mondo: il “Polo dell’inaccessibilità” dell’Antartide, il punto più lontano dai mari che circondano il continente. Nel 1958 venne organizzata una spedizione sovietica in Antartide per raggiungere proprio il Polo dell’inaccessibilità, e per costruire una stazione per le rilevazioni meteorologiche. A una temperatura di oltre cinquanta gradi sotto zero, gli esploratori stabilirono un rifugio di circa 25 metri quadri con stazione radio e alimentato con un generatore a gasolio.
On 14 December 1958 Soviet tractor-train expedition reached the Southern Pole of Inaccessibility on the Antarctic continent for the first time in history, established temporary Pole of Inaccessibility Station. Bust of Vladimir Lenin is marking the spot to this day pic.twitter.com/RLO6IHYaFc
— Russia in South Africa 🇷🇺 (@EmbassyofRussia) December 14, 2017
Sul tetto del rifugio, sopra l’alto comignolo, venne messo un busto di Lenin rivolto in direzione di Mosca. Si racconta che al termine di una breve cerimonia, dopo aver eretto il busto, gli esploratori abbiano piantato una bandiera sovietica, urlato “Urrà” e sparato alcuni razzi in aria. Non si sa se oggi sia ancora visibile il busto di Lenin, perché la stazione fu dismessa poco dopo e visitata solo da poche spedizioni nel corso degli anni. Nel 2007 un gruppo di britannici e canadesi trovò il comignolo sommerso di neve per metà, con il busto che spuntava in mezzo a una distesa bianca. L’ultima spedizione al Polo dell’inaccessibilità risale al 2011.
In Italia, dove per decenni ci fu il partito comunista più grande e strutturato dell’Europa occidentale, ci sono due monumenti dedicati a Lenin: uno a Cavriago, in provincia di Reggio Emilia, e uno a Capri.
A Cavriago non c’è una statua qualunque di Lenin, ma un busto in bronzo realizzato a Luhansk, in Ucraina, nel 1922. Sembra che nel 1942 il busto venne trafugato dalle truppe fasciste e rispuntò poi in Toscana, recuperato dai partigiani che lo restituirono all’ambasciata sovietica dopo il 1945. L’ambasciata lo tenne fino a quando, il 19 aprile del 1970, lo donò al comune di Cavriago, in occasione del centenario della nascita di Lenin. Il sito del comune racconta che il legame tra la città e Lenin deriva da un celebre discorso che il leader sovietico tenne nel 1919 al congresso con cui venne fondata la Terza Internazionale, l’assemblea che riuniva tutti i partiti comunisti. Lenin, nel discorso, citò proprio Cavriago per via di un articolo che aveva letto sul giornale socialista L’Avanti. Riportava un ordine del giorno della sezione locale del partito socialista, particolarmente solidale nei confronti dei “sovietisti russi”, dei rivoluzionari tedeschi e di Lenin stesso:
[…] quando leggiamo una tale risoluzione di una qualsiasi sperduta poscekhonie italiana (Cavriago, un angolino sperduto, evidentemente, perché non si trova sulla carta geografica), possiamo dire a buon diritto che le masse italiane sono per noi, che le masse italiane hanno capito che cosa sono i sovietisti russi, quale è il programma dei sovietisti russi e degli spartachisti tedeschi.
Negli anni Settanta il busto fu sostituito da una copia a causa di alcuni atti vandalici, anche se la volontà della giunta sarebbe quella di esporre nuovamente al pubblico il busto originale.
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Anche il monumento di Capri ha un certo pregio. È una stele realizzata dal noto scultore Giacomo Manzù e installata nel 1969 nei giardini di Augusto, su iniziativa di alcuni iscritti alla sezione del PCI locale. I giardini si trovano vicino all’hotel Villa Krupp, dove nel 1908 Lenin fu ritratto in una fotografia mentre giocava a scacchi con il filosofo Aleksandr Bogdanov, il primo traduttore del Capitale di Marx in russo. A quell’epoca Capri era un centro culturale e intellettuale piuttosto famoso, frequentato da esuli di vari paesi. Fu lì che Lenin e Bogdanov, con il contributo fondamentale dello scrittore Maksim Gorkij, fondarono la cosiddetta scuola di Capri per istruire i futuri rivoluzionari. Nel corso degli anni anche la stele di Capri è stata imbrattata e ha subìto atti vandalici.
Negli Stati Uniti le statue che raffigurano Lenin hanno storie molto diverse da quelle italiane. A Seattle, per esempio, ce n’è una che viene da una città slovacca, Poprad, dove era stata eretta nel 1988 dal sindaco della città. L’anno dopo, però, l’allora stato comunista della Cecoslovacchia si dissolse in quella che sarebbe stata definita la “Rivoluzione di Velluto”, e la statua fu tolta.
Fu allora che la scoprì un imprenditore americano, Lew Carpenter, che si trovava in visita a Poprad. Carpenter, vedendola, per qualche motivo ne rimase colpito al punto da spendere decine di migliaia di dollari per acquistarla e farla trasportare negli Stati Uniti. Il suo piano era di esporla di fronte al ristorante che voleva aprire, ma a un anno dall’arrivo della statua negli Stati Uniti Carpenter morì in un incidente stradale.
Da allora si trova nell’eccentrico e animato quartiere di Fremont, a Seattle, dove ogni anno viene addobbata quando per la città passano le parate per il solstizio d’estate o i Gay Pride. La statua è su suolo privato ed è corredata da una targa che spiega e contestualizza sinteticamente la figura di Lenin. Viene percepita più come un’opera d’arte che come un monumento, anche se nel corso degli anni la sua presenza ha provocato alcune polemiche a livello locale e scontri tra chi la vorrebbe far rimuovere e chi invece la difende.
Negli Stati Uniti c’era un’altra statua di Lenin fino a pochi anni fa, a Las Vegas, di fronte al ristorante Red Square, cioè “Piazza Rossa”. Quando aprì nel 1999 ci fu qualche protesta, quindi si decise di decapitarla secondo un’usanza molto diffusa nell’ex Unione Sovietica, e così rimase fino a quando il ristorante chiuse, nel 2019. Altre statue di Lenin sono state erette in India (ben sette), a Caracas, in Corea del Nord (dove dovrebbero essercene tre), ad Atene di fronte alla sede del Partito Comunista, e ad Otxarkoaga, un quartiere di Bilbao, in Spagna.
Nell’ultimo anno sui giornali internazionali si è parlato di due statue di Lenin, una inaugurata lo scorso giugno a Gelsenkirchen, in Germania, e l’altra che dovrebbe essere eretta nella provincia vietnamita di Nghe An, dove nacque il rivoluzionario marxista Ho Chi Minh.
La statua di Gelsenkirchen è stata inaugurata da un piccolo partito di estrema sinistra, di fronte alla propria sede. Si ritiene che sia la prima statua del leader sovietico eretta nella ex Germania Ovest, e prima dell’inaugurazione l’amministrazione locale aveva tentato di bloccare l’iniziativa, senza riuscirci. La statua vietnamita, invece, è stata donata al paese dalla città natale di Lenin, Ulyanovsk, e fa parte di un progetto più ampio comprendente una grande piazza con una fontana e un giardino. L’iniziativa però è stata molto criticata, soprattutto sui social network, dove alcuni attivisti hanno messo in discussione l’opportunità di un progetto simile facendo notare il contrasto tra il suo costo ritenuto troppo elevato – più di 300mila euro – e la povertà e la disoccupazione giovanile della provincia di Nghe An. In Vietnam, peraltro, c’è anche un’altra statua di Lenin, ad Hanoi.