Come si fanno i gemelli nel cinema

Storia ed evoluzione delle tecniche per sdoppiare gli attori, dai taglia e cuci ottocenteschi al digitale di oggi

(Il cowboy con il velo da sposa)
(Il cowboy con il velo da sposa)

Vedere un singolo attore o attrice fare due o più parti in un film è spesso interessante, specie se a essere interpretati e a interagire tra loro sono due gemelli o addirittura due personaggi che in qualche modo sono la stessa persona: copiata, clonata, sdoppiata, sognata o in viaggio nel tempo. Soluzioni narrative di questo tipo sono vecchie quasi quanto il cinema, ma nei decenni le tecniche sono cambiate profondamente: come ha raccontato di recente Insider, si partì con un creativo ma molto artigianale taglia-e-cuci e, dopo una serie di miglioramenti tecnici e tecnologici, si è arrivati alla vastissima (ma costosissima) gamma di possibili soluzioni digitali di questi anni.


Uno dei primi a sperimentare lo sdoppiamento nel cinema fu l’illusionista, inventore e regista francese Georges Méliès: “uno dei primi” a fare parecchie cose, nel cinema. In Un homme de têtes, un cortissimo cortometraggio del 1898, Méliès mise contemporaneamente in scena diverse versioni della sua testa, e lo fece grazie a una tecnica nota come mascherino/contromascherino: in breve, prevedeva che un pezzo di lente della cinepresa venisse coperto, così che l’immagine non si imprimesse sul corrispettivo pezzo di pellicola, lasciando quindi quel pezzo libero per una diversa immagine (in questo caso una delle teste di Méliès).


Visto che nella storia del cinema sono state rare le coppie di attori o attrici che fossero davvero gemelli o gemelle, molti altri registi dovettero ingegnarsi quanto e più di Méliès per fare scene con doppelgänger sempre più lunghe e complicate. Ma in genere l’approccio non fu granché diverso: Il cowboy con il velo da sposa, film del 1961 doppiamente interpretato da Hayley Mills, fu girato oscurando di volta in volta la metà a sinistra o quella a destra della lente della cinepresa, e unendo poi le due diverse metà. Sempre prestando grandissime attenzioni affinché nessuno spostasse la cinepresa o qualche oggetto del set tra una scena e l’altra.


La tecnica usata in Il cowboy con il velo da sposa aveva però i suoi limiti, in quanto impediva un vero contatto fisico tra le due metà e obbligava a fare scene tra loro molto simili e spesso forzatamente simmetriche: un gemello a sinistra, un gemello a destra e in mezzo, tra loro, qualche elemento di arredamento che permettesse di capire bene dove e come tagliare e ricucire le due metà.

Già nella prima metà del Novecento, comunque, ci fu chi riuscì a far interagire fra loro due gemelli. In Il prigioniero di Zenda, Ronald Colman interpreta due personaggi: la scena in cui si stringono la mano fu girata con due attori, Colman e una controfigura il cui viso era dietro una parte di lente coperta. Poi fu riavvolta la pellicola, e la scena fu di nuovo girata coprendo tutto tranne la parte col viso precedentemente coperto, che al secondo giro apparteneva a Colman. La tecnica di Méliès, ma portata agli estremi.

Le cose cambiarono alla fine degli anni Settanta, dopo che diversi registi iniziarono a impratichirsi con la tecnologia che permetteva di registrare e duplicare più volte i medesimi movimenti di cinepresa. Il primo film a usarla diffusamente fu Star Wars: Episodio IV – Una nuova speranza, ma poi tornò utile a molti altri, specialmente ai film con i gemelli. Permise infatti di girare una scena con svariati movimenti di cinepresa con un attore che interpretava il gemello A, e poi rigirarne un’altra daccapo, con quello stesso attore che interpretava il gemello B. Una sua efficace applicazione è quella di Inseparabili, con due gemelli monozigoti interpretati da Jeremy Irons.


Un altro miglioramento fu portato poi dal green screen, che permise di far recitare gli attori (anche uno per volta) davanti a uno schermo verde, aggiungendo in seguito altri attori o sfondi di ogni tipo. Questa tecnica, insieme ad alcune altre, fu usata nel 2002 per Il ladro di orchidee, un film che secondo Insider contiene circa 130 scene in cui il protagonista Nicolas Cage è presente due volte, nei panni dei gemelli Charlie e Donald Kaufman.


Non sempre però il green screen funziona, perché in certi casi – in particolare in quelli con scene all’aperto e con luminosità variabile – può dare spiacevoli problemi. Nel caso di Il ladro di orchidee, per esempio, fu usato per circa una scena gemellare su cinque. Per quelle più complicate fu invece utilizzato il “digital rotoscoping”: una tecnica che, in buona sostanza, permette di tagliare e ricucire tra loro digitalmente vari pezzi di scena, anche nel caso in cui la scena non sia stata girata originariamente su un green screen. Con questa tecnica si possono quindi prendere un busto, una mano o una testa e spostarle in una scena diversa, al posto di un altro busto, un’altra mano o un’altra testa.

Ma nemmeno questo è sufficiente se, anziché due gemelli, si vogliono ottenere decine di versioni di uno stesso personaggio, come nel caso degli agenti di Matrix. Per situazioni come questa si deve fare affidamento alle immagini generate a computer e alla creazione di una serie di cloni digitali di un unico attore e personaggio. Immagini di questo tipo sono però ancora lontane dall’essere davvero indistinguibili da quelle reali, e quindi spesso usate solo per inquadrature senza troppi primi piani, e soprattutto incredibilmente costose. Tutto Matrix Reloaded, un film pieno zeppo di effetti speciali, costò 15o milioni di dollari e la sua scena con decine di agenti ricreati digitalmente contribuì, da sola, a quasi un terzo di quel budget.

Nel caso in cui i cloni siano pochi o i gemelli solo due, in anni recenti si è spesso scelto di usare la tecnica della performance capture, quella usata ad esempio dall’attore Andy Serkis per il personaggio di Gollum nel Signore degli Anelli. Per far sì che nel film The Social Network entrambi i gemelli Winklevoss fossero interpretati da Armie Hammer, il regista David Fincher scelse di mettere sulla faccia di un altro attore di corporatura simile a quella di Hammer una versione digitale della faccia di Hammer. L’altro attore (Josh Pence) si dovette quindi allenare insieme a Hammer perché i loro movimenti diventassero molto simili tra loro. Nel film, quindi, ogni tanto si vede il corpo di Pence, ma mai il suo volto.


Le più innovative tecniche usate per mostrare gemelli, cloni o versioni alternative di certi personaggi si stanno avvicinando sempre più alla creazione di quelli che sono a tutti gli effetti dei doppi digitali di certi attori. Se ne parlò in particolare dopo Gemini Man, film del 2o19 di Ang Lee con due Will Smith protagonisti: uno è l’attore, oggi 52enne, l’altro una sua versione digitale con la metà dei suoi anni, creata apposta per il film. Ma, volendo, riutilizzabile anche in futuro.

– Leggi anche: Gli attori ringiovaniti

Per Noi – film del 2019 di Jordan Peele, in cui ogni membro di una famiglia è assalito dal suo doppelgänger si scelse invece di utilizzare di volta in volta una tecnica diversa, a seconda delle esigenze di ogni scena. A suo tempo, Insider dedicò al film un video monografico, la cui visione è però sconsigliata a chi preferisce non sapere troppo sulla trama.


Non sempre, infatti, si sceglie di usare la soluzione più recente e innovativa: ci sono ancora casi, anche nel grande cinema, in cui ci si può accontentare di una controfigura che assomiglia molto a un attore, o anche di di tecniche di per sé non molto differenti da quelle che a suo tempo usò Méliès.

Anche perché se è vero che la tecnologia può ormai fare moltissimo, è pure vero che per gli attori e le attrici non sempre è facile recitare in mezzo al niente, davanti a uno schermo verde e magari addirittura con una tutina addosso, provando a immaginarsi tutto quello che qualcuno aggiungerà solo in seguito. Insider fa vedere, per esempio, che per il film del 2013 Enemy Jake Gyllenhaal passò una parte del suo tempo sul set recitando davanti a una pallina da tennis messa su un’asta.

La pallina serviva a Gyllenhaal per avere qualcosa da guardare così da non dare l’idea di stare fissando il vuoto. E per chi si occupava di postproduzione era relativamente semplice da rimuovere (di certo più semplice rispetto a una controfigura umana).

Più avanti, in postproduzione, qualcuno tolse asta e pallina e aggiunse Gyllenhaal.