I dati della settimana sul coronavirus in Italia
L'andamento dei contagi è in crescita dopo oltre un mese di stabilità, in particolare in Emilia-Romagna e Lombardia
Dopo una fase di stabilità durata da metà gennaio fino alla settimana scorsa, negli ultimi sette giorni in Italia c’è stato un aumento dei nuovi contagi da coronavirus. Dal 19 al 25 febbraio sono stati registrati 103.023 casi di positività, il 25,6 per cento in più rispetto al monitoraggio settimanale di venerdì scorso. È la prima crescita significativa dopo il graduale contenimento avvenuto dal periodo di Natale fino alla seconda settimana di febbraio. Gli effetti delle misure restrittive natalizie sembrano essere finiti, ma questo andamento è dovuto principalmente alla presenza delle varianti del coronavirus, più contagiose.
Secondo l’ultimo studio realizzato dall’Istituto superiore di sanità, la cosiddetta variante inglese ha una trasmissibilità media superiore del 37 per cento rispetto ai ceppi del virus. Lo stesso ISS rivela che questa stima ha una grande incertezza statistica, tra il 18 e il 60 per cento. Saranno necessari approfondimenti sui nuovi campioni raccolti in tutta Italia e analizzati dai laboratori regionali. Nell’ultima rilevazione dell’Istituto superiore di sanità, è stata stimata una prevalenza del 17,8 per cento della variante inglese sul totale dei tamponi analizzati. Nei prossimi giorni sarà diffuso un aggiornamento di questo studio e secondo molti esperti questa percentuale è destinata a crescere.
Al contrario dei nuovi positivi, continua il calo dei decessi: negli ultimi sette giorni sono stati 2.083 e sono diminuiti del 3,5 per cento rispetto ai sette giorni precedenti. È una diminuzione meno marcata rispetto a quella registrata ogni settimana negli ultimi mesi. Il numero dei decessi sarà uno dei dati più importanti da monitorare nelle prossime settimane, anche per capire gli effetti della fase 2 della campagna vaccinale, con la somministrazione alle persone con più di 80 anni.
Gli anziani sono le persone più a rischio e l’inizio della vaccinazione dovrebbe garantire loro più protezione. I dati che provengono da paesi dove la campagna vaccinale è in fase più avanzata sono confortanti: in Scozia, per esempio, la somministrazione del vaccino Pfizer-BioNTech ha ridotto il tasso di ricoveri dell’85 per cento quattro settimane dopo la somministrazione della prima dose.
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Nell’ultima settimana l’aumento dei nuovi positivi ha convinto molti amministratori a istituire nuove zone rosse locali oppure zone arancioni, limitate ai confini provinciali o comunali. Ogni regione prevede criteri e misure restrittive diverse. Spesso le nuove zone hanno regole meno rigide rispetto alle zone rosse per come erano state concepite finora, e più restrittive delle classiche zone arancioni. Per questo si è parlato di zone arancioni “rinforzate”. In realtà è difficile attribuire nomi a questi provvedimenti, che sono legati a complesse situazioni in tutto il territorio italiano.
Regione Lombardia ha previsto una nuova zona arancione in tutta la provincia di Brescia, nei comuni di Viadanica, Predore, Adrara San Martino, Sarnico, Villongo, Castelli Calepio, Credaro e Gandosso, in provincia di Bergamo, e nel comune di Soncino, in provincia di Cremona. La decisione è stata presa in seguito all’aumento dei contagi registrato negli ultimi giorni, soprattutto a Brescia, che era stata tra le province con più contagi e morti durante la prima ondata. È stata prevista la chiusura di tutte le scuole, dai nidi alle università, lo smart working obbligatorio nei casi in cui è possibile, il divieto di recarsi nelle seconde case e l’obbligo di mascherine chirurgiche o analoghe (e quindi non in stoffa) sui mezzi di trasporto.
In Emilia-Romagna, da sabato 27 febbraio 59 comuni – 14 nell’imolese e tutta l’area metropolitana di Bologna – saranno in un’area chiamata “arancione scuro”: non ci si può spostare, nemmeno all’interno del proprio comune, anche per visite a parenti e amici, se non per motivi di salute, lavoro e comprovate necessità.
Gli effetti della zona rossa si vedono in Umbria, dove si è registrato un calo del 17 per cento rispetto ai sette giorni precedenti. La zona rossa era stata introdotta in tutta la provincia di Perugia e anche in alcuni comuni della provincia di Terni dopo che era stata accertata la presenza delle varianti “inglese” e “brasiliana” .
La crescita dei casi in molte regioni si può notare anche dal grafico che mostra l’andamento nelle ultime settimane: si vede un netto aumento dei contagi in Lombardia e in Emilia-Romagna, mentre in molte regioni del Sud c’è una fase di stabilità, se non un calo, come in Sardegna.
Il quadro regionale trova conferma anche nella mappa che mostra l’incidenza in tutte le province italiane. La Sardegna è la regione dove la situazione sembra essere più sotto controllo, mentre l’incidenza più alta si registra ancora nella provincia autonoma di Bolzano con 1117 nuovi casi ogni 100mila abitanti nelle ultime due settimane.
Tra le province con un marcato aumento c’è Pescara, dove l’incidenza è arrivata a 865 nuovi casi in due settimane, ogni 100mila abitanti. La necessità di nuove misure restrittive in Emilia-Romagna sembra essere evidente dai colori della mappa, soprattutto in provincia di Bologna dove sono stati trovati 653 nuovi casi ogni 100mila abitanti.
Dal confronto tra due importanti indicatori – casi settimanali per 100mila abitanti e variazione percentuale rispetto ai sette giorni precedenti – emerge uno spostamento verso l’alto di quasi tutte le regioni italiane. Quando le regioni sono nel riquadro in alto significa che i casi sono aumentati rispetto ai sette giorni precedenti. La situazione più delicata è quando il pallino che rappresenta le regioni è in alto e nella parte destra del grafico: nell’ultima settimana questa posizione è occupata dalla provincia autonoma di Trento. Ma anche la situazione in Emilia-Romagna e Abruzzo merita attenzione. Per la seconda settimana consecutiva, invece Sardegna e Valle d’Aosta hanno un numero di casi molto basso. Se questa incidenza sarà confermata anche nel prossimo monitoraggio, il ministero potrebbe valutare di inserirle in area bianca, con minime restrizioni. La valutazione però dipende anche da altri indicatori come il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva e la scoperta di eventuali focolai.
Al momento molte regioni hanno un tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva superiore alla soglia di allerta del 30 per cento. In Umbria si conferma una percentuale molto alta, 54,6 per cento, come nelle ultime settimane. Superano il 30 per cento anche Abruzzo, Marche, Molise, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, provincia autonoma di Trento, provincia autonoma di Bolzano. La regione con il tasso di occupazione più contenuto è la Valle d’Aosta con il 5 per cento dei letti occupati nei reparti di terapia intensiva.
In questa infografica è possibile consultare i dati relativi agli ingressi settimanali in terapia intensiva di tutte le regioni. Come si può osservare, quelle che hanno avuto una crescita più significativa sono Emilia-Romagna, Lombardia e Campania.
La regione con la più alta incidenza di decessi rispetto alla popolazione è la provincia autonoma di Bolzano con 10,2 decessi ogni 100mila abitanti. L’incidenza è tornata a crescere, pur di poco, in Friuli Venezia Giulia dove negli ultimi sette giorni ci sono stati 6,9 decessi ogni 100mila abitanti. La regione con il dato più basso è la Calabria con 0,8 decessi ogni 100mila abitanti.
Dopo una fase di stabilità, è tornato a crescere il tasso di positività dei tamponi, cioè la percentuale di tamponi che risultano positivi sul totale di quelli fatti. Quando questa percentuale è bassa significa che i contagi sono sotto controllo e che stiamo facendo abbastanza test. Se invece la percentuale sale, significa che qualcosa sta andando storto. Questo indicatore, però, è sottoposto a molte variabili e nel corso degli ultimi mesi non è stato più così affidabile, anche se è bene non sottovalutare questo andamento in crescita.
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Nell’ultima settimana è stata superata la soglia di due milioni di tamponi: ne sono stati eseguiti 2 milioni e 112mila. È un buon risultato, in linea con gli auspici degli ultimi mesi. Più test si eseguono, più possibilità ci sono di trovare nuovi positivi, isolarli ed evitare la trasmissione del contagio.
Nonostante ci sia ancora uno scarso utilizzo del vaccino AstraZeneca da parte delle regioni, la campagna vaccinale continua a mantenere buoni ritmi di somministrazione. In tutte le regioni è iniziata la vaccinazione delle persone con più di 80 anni, una delle fasi più delicate e attese.
La Valle d’Aosta sta utilizzando quasi tutte le dosi a disposizione, mentre la Calabria ha ritmi ancora contenuti: al momento ha utilizzato solo il 59,1 per cento delle dosi consegnate dall’inizio della campagna vaccinale.