Il tentato colpo di stato in Spagna, 40 anni fa
Il 23 febbraio 1981 un gruppo di militari guidati dal colonnello Antonio Tejero fece irruzione nel parlamento e tenne in ostaggio i deputati fino alla mattina seguente
Alle 18.24 del 23 febbraio 1981 il colonnello della Guardia Civile spagnola Antonio Tejero fece irruzione nella sede del Congresso a Madrid insieme ad altri militari, che iniziarono a sparare verso il tetto dell’edificio e presero in ostaggio i deputati presenti. L’obiettivo dei soldati era ripristinare la dittatura e fermare il processo di democratizzazione iniziato poco tempo prima, alla fine del periodo franchista. Il tentato colpo di stato durò circa 18 ore, poi i militari vennero arrestati. Il “golpe Tejero”, come è chiamato da allora, fu un momento molto importante nella storia della Spagna democratica e post-franchista.
La storia è nota da tempo, ma di recente El País ha potuto vedere alcune tra le 13mila pagine di documenti dell’inchiesta con cui il Consiglio supremo di giustizia militare della Spagna aveva ricostruito l’origine del tentato colpo di stato del 1981. Tra i documenti, ancora secretati, ci sono anche stralci degli interrogatori alle persone coinvolte nel golpe, da cui emerge come il piano di prendere il controllo del Congresso era stato studiato nei minimi dettagli da mesi e preparato da un ampio gruppo di militari.
Dalla fine della guerra civile spagnola, vinta dai nazionalisti nel 1939, la Spagna era stata governata dal dittatore Francisco Franco per quasi quattro decenni. Morto Franco, nel novembre del 1975, re Juan Carlos prese il suo posto come capo di stato e incaricò Adolfo Suárez di formare un governo per iniziare la transizione del paese dalla dittatura verso la democrazia.
Tejero, che era stato condannato a sette mesi di carcere per un altro tentato colpo di stato nel 1978, condivideva la preoccupazione verso il nuovo sistema democratico con altri importanti generali, come il capitano generale della Terza regione militare Jaime Milans del Bosch e il generale Alfonso Armada, vicino a re Juan Carlos. Secondo quanto aveva raccontato Tejero durante gli interrogatori, Armada aveva detto che il Re era stufo di Suárez e che avrebbe voluto rimpiazzarlo: i militari decisero quindi di portare avanti il colpo di stato persuasi di fare la volontà di Juan Carlos.
Il 23 febbraio del 1981 un gruppo di Guardie Civili guidate da Tejero fece irruzione nella sede del Congresso dei deputati, a Madrid, dove i parlamentari erano riuniti per votare la fiducia al primo ministro nominato da re Juan Carlos, Leopoldo Calvo Sotelo. Tejero raggiunse la tribuna dicendo «¡Quieto todo el mundo!» (Che nessuno si muova!), e ordinò che tutti stessero calmi e aspettassero l’arrivo dell’autorità competente, lasciando intendere che si trattasse di un militare.
Il generale Gutiérrez Mellado, ministro della Difesa, disse ai golpisti di gettare le armi ma fu aggredito dai militari, che iniziarono a sparare contro il tetto dell’emiciclo. Un operatore della televisione nazionale riuscì a filmare per quasi mezz’ora quanto stava accadendo nel Congresso.
I militari guidati da Tejero tennero in ostaggio i deputati per tutta la notte, mentre la Spagna seguiva in diretta gli avvenimenti all’interno del Congresso grazie alla notizie trasmesse dalla radio e dalla televisione.
Nel frattempo, altri militari coinvolti cercarono di portare avanti operazioni simili: a Valencia Milans del Bosch portò per strada i carri armati, dichiarò lo stato d’emergenza e provò a convincere gli altri militari ad assecondare l’operazione. Nella stessa Madrid, il generale Torres Rojas fallì nel suo intento di succedere al generale Juste nel comando nella Divisione corazzata Brunete, con la quale avrebbe dovuto occupare i punti strategici della capitale, tra cui soprattutto radio e televisione, da cui avrebbe diramato un comunicato sul successo del golpe.
Attorno a mezzanotte il generale Alfonso Armada, vicino a re Juan Carlos, entrò nel Congresso e cercò di convincere Tejero a desistere e a lasciare che lui stesso si assumesse il ruolo di capo del governo agli ordini del Re, con una mossa anch’essa anticostituzionale che fu poi definita «golpe blando». Tejero chiese se anche Milans del Bosch avrebbe fatto parte del nuovo governo, ma ricevendo risposta negativa disse che Armada non era «l’autorità competente attesa» e lo allontanò bruscamente dall’emiciclo.
L’intervento determinante per la risoluzione del golpe fu quello di re Juan Carlos, che verso l’una del mattino comparve in televisione vestito con la divisa di capo delle forze armate e si schierò contro i golpisti, difendendo la Costituzione spagnola. A partire da quel momento il colpo di stato si considerò fallito: Milans del Bosch, isolato, annullò i suoi piani e alle cinque di mattina fu arrestato; Tejero resistette fino alla tarda mattinata, poi telefonò al vice capitano della Terza regione militare per annunciare la resa, e i deputati vennero liberati.
Il processo si tenne davanti al Consiglio supremo di giustizia militare e divenne noto come il processo di Campamento. I giudici condannarono 22 dei 33 imputati: Milans del Bosch e Tejero furono condannati a 30 anni di carcere per il colpo di stato militare, e la stessa pena fu inflitta anche ad Armada, a cui inizialmente erano stati dati 6 anni di carcere per cospirazione. La sentenza stabilì che «l’incoraggiamento del re non fu altro che una fabulazione dei principali ribelli, che servì loro per eseguire i loro piani […] e dare un’apparenza di legittimità a quello che era semplicemente un reato di colpo di stato militare».
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Nel 2011, trent’anni dopo il tentato golpe, nei cinema spagnoli uscì il primo film dedicato alla vicenda e intitolato come il nome con cui viene di solito ricordato in Spagna: 23-F (che sta per 23 de febrero, cioè 23 febbraio). Oggi, dopo il discorso al Congresso di Re Felipe VI – figlio di Juan Carlos – per la commemorazione del golpe, i membri di diversi partiti hanno chiesto che i documenti relativi all’inchiesta vengano resi pubblici, di modo da fare luce su ciò che accadde veramente nel 1981.
Tejero uscì dal carcere nel 1996, in libertà condizionale. Nel 2019, a 87 anni, partecipò all’esumazione della salma di Francisco Franco, dove un gruppo di circa 250 persone lo accolse gridando «¡Viva Tejero!» e «¡Arriba España!» (Avanti, Spagna), il motto del partito falangista di cui Franco era leader.