Cosa sappiamo dell’attacco di lunedì in Congo
Ci sono nuove informazioni sull'assalto al convoglio dell'ONU in cui sono state uccise tre persone, tra cui l'ambasciatore italiano Luca Attanasio
Tra lunedì e martedì sono emerse nuove informazioni sull’attacco nella Repubblica Democratica del Congo in cui sono stati uccisi l’ambasciatore italiano Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista dell’auto su cui i due viaggiavano, Mustapha Milambo. L’attacco, che non è ancora stato rivendicato e di cui non si conoscono ancora diversi dettagli, è stato compiuto lunedì contro un convoglio dell’ONU che stava viaggiando su una strada che collega la città di Goma a Butembo, nella provincia congolese di Kivu Nord.
Il convoglio ospitava una delegazione diretta verso Rutshuru, verso nord, per visitare un progetto di alimentazione scolastica gestito dal Programma alimentare mondiale (World Food Programme, WFP), un’agenzia dell’ONU che si occupa di promuovere la sicurezza alimentare nel mondo. Il convoglio era guidato da Mustapha Milambo, un operatore del WFP, e trasportava in tutto sette persone.
La strada su cui stava viaggiando il convoglio attraversa il parco nazionale di Virunga, una vasta riserva naturale che si trova a pochi chilometri da Uganda e Ruanda, dove sono attive diverse milizie che combattono per ottenere il controllo sulle terre e sulle risorse naturali del Congo orientale. Un portavoce del parco ha detto che l’attacco è avvenuto attorno alle 10.15 (le 9.15 italiane). Reuters ha scritto che secondo un testimone il convoglio è stato attaccato nei pressi di un villaggio chiamato Rurimba, circa 25 chilometri a nord di Goma, che è la capitale della provincia di Kivu Nord; secondo La Stampa l’attacco è avvenuto più vicino a Goma, verso Kanyamahoro, mentre il Corriere della Sera ha parlato di Kimumba, tre chilometri a nord della città.
Secondo il Corriere, Attanasio stava partecipando a una missione informale che avrebbe dovuto includere anche l’addetto consolare Alfredo Russo, che poi era rimasto a casa. Il convoglio non aveva una scorta, era identificato soltanto dai distintivi dell’ONU sulle portiere e le persone a bordo non indossavano giubbotti antiproiettile e non portavano auricolari di sicurezza: malgrado in quella zona del paese ci fossero stati diversi attacchi violenti, quella strada era stata definita “sicura”.
L’attacco è stato molto rapido, scrive il Corriere: gli uomini armati avrebbero dato istruzioni ai membri della delegazione in swahili, lingua molto diffusa in Africa, ma tra di loro parlavano kinyarwanda, una lingua tipica del Ruanda e comune tra diverse milizie locali.
Carly Nzanzu Kasivita, il governatore della provincia di Kivu Nord, ha detto ad Al Jazeera che secondo il racconto dei sopravvissuti gli assalitori hanno fatto fermare il convoglio con alcuni spari di avvertimento; hanno quindi trascinato giù dal mezzo i passeggeri, portandoli nella foresta, dove hanno chiesto soldi all’ambasciatore. Pochi minuti dopo hanno sparato prima a Milambo e poi a Iacovacci, uccidendo entrambi.
Sempre secondo la ricostruzione di Nzanzu e alcune fonti di intelligence citate dalla Stampa, Attanasio è stato colpito all’addome durante una sparatoria tra gli uomini armati e i ranger del parco di Virunga, intervenuti assieme a un’unità dell’esercito congolese dopo aver sentito gli spari. Ma quando sono intervenuti i rangers, gli aggressori hanno sparato al carabiniere e al diplomatico. In un comunicato il ministro dell’Interno del Congo ha detto che Attanasio è stato soccorso e trasportato all’ospedale messo in piedi dalle Nazioni Unite di Goma, dove è morto poco dopo.
Min. @luigidimaio: "Ho appreso con grande sgomento e immenso dolore della morte oggi del nostro Ambasciatore nella Repubblica Democratica del Congo e di un militare dell’Arma dei Carabinieri." […] https://t.co/VEdmhplxqp pic.twitter.com/6qYqn4xakT
— Farnesina 🇮🇹 (@ItalyMFA) February 22, 2021
Nella ricostruzione di ciò che è accaduto ci sono ancora alcune cose poco chiare. Per esempio, non è chiaro se Iacovacci sia stato ucciso quasi subito o durante la sparatoria tra i ribelli e le forze intervenute per proteggere la delegazione. Inoltre, inizialmente AP aveva scritto che le altre quattro persone che erano a bordo del convoglio erano state rapite, e che una di queste era stata ritrovata dall’esercito congolese: un’informazione confermata anche anche dal ministro dell’Interno del Congo. Nzanzu, intervistato alcune ore dopo da BBC, ha invece detto che i ranger «erano riusciti a liberare» quattro persone. Non si hanno inoltre informazioni certe su quanti siano i feriti, e in che condizioni si trovino. Il Corriere ha scritto che tra le persone a bordo del convoglio c’era anche un altro funzionario italiano del WFP, Rocco Leone, che è stato ricoverato «sotto choc, ma senza ferite».
Allo stesso tempo, non è chiaro come mai il convoglio stesse viaggiando senza scorta e perché la strada fosse considerata sicura nonostante gli attacchi precedenti. Nzanzu ha detto anche che le forze di sicurezza locali non erano state informate della presenza della delegazione dell’ONU nella zona.
Non è la prima volta che un diplomatico viene ucciso nella Repubblica Democratica del Congo. Nel gennaio del 1993 l’ambasciatore francese Philippe Bernard fu ucciso nella capitale Kinshasa durante una rivolta in protesta contro l’allora presidente dello Zaire, Mobutu Sese Seko. L’area del parco nazionale di Virunga, inoltre, è nota perché negli ultimi anni diverse milizie armate hanno preso di mira militari, civili e guardie forestali, uccidendo più di 200 persone.
Il ministro dell’Interno ha imputato l’attacco a una milizia hutu, le Forze democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), che nel 2018 aveva rapito alcuni turisti britannici nei pressi del parco, portando alla chiusura della riserva nazionale per diversi mesi. Secondo quanto ha scritto il sito Actualité, l’FDLR ha negato il coinvolgimento dei suoi uomini armati nell’attacco. La Procura di Roma ha aperto un’indagine per chiarire l’accaduto, mentre il ministero degli Esteri ha chiesto un report dettagliato al WFP e l’inizio di un’inchiesta ONU per chiarire su quali basi quella strada fosse ritenuta sicura.
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