La quinta notte di proteste a Barcellona
Erano iniziate dopo l'arresto del rapper Pablo Hasél per difendere la libertà di espressione ma ci sono stati scontri e saccheggi
Sabato a Barcellona è stata la quinta notte consecutiva di proteste contro l’arresto del rapper Pablo Hasél, condannato a nove mesi di carcere per aver insultato la Corona spagnola e aver incitato al terrorismo con la sua musica e i suoi tweet. La polizia aveva arrestato Hasél martedì dopo aver fatto irruzione nell’Università di Lleida, in Catalogna, dove il rapper si era barricato lunedì, rifiutando di presentarsi spontaneamente in carcere. Dalla sera di martedì migliaia di persone si sono ritrovate per manifestare sia a Barcellona, e in diverse altre città catalane, sia a Madrid.
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Venerdì e sabato sera, in particolare, alcuni manifestanti hanno razziato alcuni negozi di lusso nel centro di Barcellona e hanno attaccato due suoi edifici emblematici: il Palau de la Música e l’edificio della Borsa. Ci sono stati anche scontri con i poliziotti, 13 feriti di cui due portati in ospedale e 35 arresti; due persone sono state arrestate anche a Tarragona e una a Lleida. Il ministro dell’Interno della Catalogna, Miquel Sàmper, ha detto che quella che era iniziata come una protesta «per il diritto alla libertà di espressione» è degenerata in «atti di vandalismo e razzia nei negozi»; ha aggiunto che la maggior parte delle persone arrestate hanno precedenti per furto e si sono unite per un pretesto «puramente criminale».
L’arresto di Hasél aveva riaperto un grande dibattito sulla libertà di parola ed espressione in Spagna: secondo i critici, le pene contro chi commette i cosiddetti reati d’opinione sono troppo severe. Inoltre, il governo non aveva mantenuto la promessa di ammorbidire le pene relative ai reati legati alla libertà di espressione, come aveva promesso già nel 2018. Il governo aveva annunciato che avrebbe rivisto le pene per i reati legati alla libertà di espressione «più controversi», in modo da punire solamente quelli che comportano un «chiaro» rischio per l’ordine pubblico o l’insorgere di incidenti violenti. Uno degli obiettivi sarebbe evitare che in futuro questi reati vengano puniti col carcere, ma soltanto con pene più lievi.
Il giornale spagnolo El País, che ha parlato con alcuni manifestanti in tutto il Paese, spiega che le proteste, a cui prendono parte soprattutto giovani, vanno al di là della difesa di Hasél e della libertà di espressione e che c’è molta rabbia accumulata. Alex Cantón, un ragazzo di 24 anni che ha preso parte a quelle a Valencia, ha per esempio spiegato che «c’è molta rabbia e un accumulo di ingiustizia e problemi di cui soffriamo soprattutto noi giovani, ma che riguarda comunque l’intera società. Non abbiamo accesso al mercato del lavoro, abbiamo contratti precari, ma non penso che per un 50enne sia più facile». Laura, una manifestante di 40 anni di Barcellona, ha confermato che «Hasél è una scusa. Protestiamo per gli sfrattati, per gli indifesi, per chi non ha protezione, per gli anni passati di repressione. L’arresto è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso».