Il whisky accelerato
Varie aziende stanno studiando come produrre in pochi giorni quello che ora richiede anni, con risultati per il momento discreti
Così come per ogni altro alcolico invecchiato in botte, per fare un buon whisky servono soldi, spazio, competenze e tanta pazienza. Serve infatti aspettare che avvenga la distillazione e che, tra le altre cose, evapori quella che è anche nota come “la parte degli angeli“. O meglio, serviva. Da qualche anno, infatti, si stanno affermando aziende che riescono a produrre whisky e altri distillati il cui invecchiamento è durato giorni anziché anni o perfino decenni. In certi casi velocizzando di molto il processo d’invecchiamento, in altri saltandolo del tutto. Ne ha parlato il New York Times, spiegando che è uno di quei casi in cui siamo ancora a metà strada tra grandi ambizioni e risultati finora discreti.
Non sono ancora nemmeno lontanamente buoni come i whisky tradizionali, insomma, e difficilmente arriveranno a competere con i distillati di fascia medio-alta. Ma i whisky a invecchiamento accelerato hanno prospettive commerciali interessanti perché, abbattendo i costi e i tempi, potrebbero occupare proficuamente la grossa fetta di mercato di quei prodotti più dozzinali, usati per esempio nei cocktail a basso prezzo e rivolti a un pubblico poco esigente.
Bespoken Spirits
La prima azienda che nelle parole del New York Times sta cercando di usare la tecnologia per “hackerare il whisky” è Bespoken Spirits, della quale si parlò alcuni mesi fa dopo che ottenne finanziamenti per oltre due milioni e mezzo di dollari. Bespoken Spirits ha sede a Menlo Park, nella Silicon Valley, e sul suo sito dichiara di aver sviluppato «una tecnologia in grado di fare in pochi giorni distillati con aroma, colore e sapore su misura»; una tecnologia che ha «reimmaginato e rimpiazzato l’antiquato e dispendioso invecchiamento in botte», a loro dire.
In poche parole, il procedimento di Bespoken Spirits prevede di velocizzare e replicare in piccolo i processi che avvengono lentamente in ogni grande botte. L’azienda usa infatti dei piccoli pezzi di legno («grandi come mezzo mignolo» secondo l’unità di misura scelta dal New York Times) che insieme a piccole quantità di whisky sono messi in contenitori di acciaio. Il whisky e i pezzi di legno vengono quindi sottoposti a rapide variazioni di pressione e temperatura, che costringono il liquido a “interagire” con il legno. L’idea è di provare a replicare quello che succede, più lentamente e con modalità diverse, in una botte.
Oltre ad abbattere i tempi, il procedimento di Bespoken Spirits ha un altro vantaggio dichiarato: il fatto di usare tanti piccoli contenitori permette di sperimentare in ognuno diverse interazioni tra legno e liquido, ogni volta ottenendo un prodotto diverso. «L’azienda sostiene di poter lavorare su 17 miliardi di combinazioni diverse», ha scritto il New York Times. Finora, l’azienda ha prodotto qualche migliaio di combinazioni diverse e alcune sue bottiglie sono già in vendita dall’autunno 2020.
Lost Spirits
Un’altra azienda californiana che sta lavorando alla riduzione dei tempi di invecchiamento dei distillati è Lost Spirits, il cui procedimento di base è simile a quello di Bespoken Spirits, con un’aggiunta: il liquido viene infatti «bombardato con una luce intensa» che secondo quanto spiegato da Bryan Davis, fondatore dell’azienda, riesce a «rimodulare la struttura del legno», contribuendo così alla creazione di gusti e sapori di un certo tipo.
Si parla di “liquido” perché dopo essere partito dal whisky (che è ottenuto dalla fermentazione e distillazione di cereali), Lost Spirits ha preferito dedicarsi al rum (che si ottiene invece dalla melassa e dalla canna da zucchero). Secondo quanto detto da Davis, però, il suo obiettivo principale non è ridurre i tempi di invecchiamento, bensì rendere controllabile in ogni suo aspetto un processo che, dal suo punto di vista, nella versione “tradizionale” lascia troppo al caso. «Voglio poter avere il controllo, così da creare qualcosa di interessante» ha detto «come fa un artista con la sua opera».
Endless West
Il New York Times cita diverse altre aziende o startup con un approccio essenzialmente simile a quello di Lost Spirits e Bespoken Spirits. Ma parla anche di una, anch’essa californiana, che invece «fa qualcosa di totalmente diverso»: è Endless West, che esiste dal 2015 e ha già ricevuto circa 13 milioni di dollari di finanziamenti.
Endless West «analizza i componenti molecolari del whisky, prendendoli da fonti naturali come piante e cereali, e poi li inserisce in una base alcolica». Un procedimento che secondo l’azienda può essere efficace sul whisky così come sul vino, replicando in laboratorio quello che in natura si ottiene in anni. Alec Lee, uno dei fondatori di Endless West, ha detto che secondo lui l’azienda potrebbe fare agli alcolici di grande qualità (e quindi di alto prezzo) quello che internet e la rivoluzione digitale hanno fatto con la musica, cioè «allargare l’accesso delle persone alla grande arte». Lee punta quindi a un mondo in cui, anche per un buon whisky, «la qualità e la possibilità di accesso non siano in conflitto tra loro».
Ma come sono?
«Tutte e tre queste aziende fanno prodotti qualificati e piacevoli», ha scritto il New York Times. Ma ognuno ha comunque i suoi difetti: al whisky di Bespoken Spirits manca per esempio «la morbidezza di un whisky invecchiato in modo convenzionale» e qualcosa di simile si può dire del rum di Lost Spirits.
Per giudicare il whisky “molecolare” di Endless West, il New York Times si prende qualche riga in più e spiega che è «piacevole da bere e da mischiare in un cocktail» ma aggiunge che lo è «nello stesso modo in cui un androide con orecchie, occhi, mani e capelli simili a quelli umani somiglierebbe a un umano, senza però ovviamente esserlo davvero». Fuori di metafora, quindi, «ha molti dei componenti di sapore di un whisky, eppure non è che sappia davvero di whisky».
Insomma, c’è ancora molta strada da fare prima che questi nuovi prodotti possano giocarsela davvero con i distillati tradizionali. Ma non è una strada impossibile da percorrere: a questo proposito il New York Times fa l’esempio dei computer per giocare a scacchi degli anni Settanta e scrive: «può essere che sia solo questione di tempo prima che un whisky di Endless West batta una bottiglia di Macallan, così come Deep Blue riuscì a battere Garry Kasparov.
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A cosa puntano?
Ma non è nemmeno detto che i “nuovi whisky” debbano per forza arrivare a quei livelli. La fetta di mercato più grande, e quindi più redditizia da occupare, è quella dei prodotti di media e bassa qualità, magari da aggiungere in cocktail dozzinali a clienti che non fanno troppa attenzione alle piccole sfumature di gusto, sapore o colore. Certe volte, come scrive il New York Times, non serve essere il migliore e basta accontentarsi di essere migliore del peggiore (a patto però che, nel caso di un prodotto, lo si faccia a un prezzo competitivo).
Ci sono poi da considerare tutte le possibilità legate alla creazione di whisky personalizzati e su misura: da un’azienda che li voglia regalare ai suoi dipendenti o da un influencer che li voglia vendere ai suoi follower (ma senza pagare troppo e dover aspettare anni per il risultato).
I “nuovi whisky” potrebbero anche avere interessanti prospettive di crescita nei paesi emergenti o in paesi come Cina o India che, al momento, impongono grandi dazi all’importazione di distillati. Qualora questi dazi dovessero venire meno, aziende in grado di produrre whisky in pochi giorni potrebbero occupare molto rapidamente nuovi mercati. Intanto, un segno del possibile successo dei whisky a invecchiamento rapido sta nel fatto che una grande e storica azienda britannica come Edrington (che produce il pregiato Macallan) si sia già mossa per acquistare Relativity, un’azienda americana che usa un procedimento simile a quello di Bespoken.
I “nuovi whisky” dovranno però anche vedersela con le regole in materia. Come spiegò qualche mese fa da Ferdevini (che si occupa di vini ma anche di “acquaviti, liquori, sciroppi, aceti ed affini”), infatti, «negli stati membri dell’UE, il whisky deve essere invecchiato per almeno tre anni in botti di legno» ed «esistono anche requisiti di invecchiamento per i whisky americani, anche se le regole variano a seconda del tipo». Un po’ come succede con la carne che non è propriamente carne, anche su questi nuovi whisky (in particolare quelli molecolari di Endless West) si dovrà decidere se considerarli un nuovo modo per fare qualcosa di vecchio o qualcosa di totalmente nuovo e diverso, con le sue regole.
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