Una canzone dei Lustral
La cosa migliore che possiate immaginare come "musica di sottofondo"
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Una cosa di dieci anni fa: Enrico Brizzi che racconta la grande truffa di Sanremo 1999.
E ho trovato oggi questo vecchio video di Robert Fripp e Peter Gabriel che fanno Here comes the flood, di cui dicemmo.
Everytime
Per un paio di volte ho fatto passare le mie curiosità per il genere musicale “chill out”, o “lounge”, come un vezzo snob momentaneo: ma alla quarta o quinta comincia a diventare tutto più sospetto, mi rendo conto. Sarà che quella musica da Glamorama andava per la maggiore quando venni a Milano ed ebbi la fortuna di attaccarmi agli ultimi fasti di certi magazine di un’altra epoca – ora chiusi o quasi chiusi – che per un paio d’anni mi mandarono in posti del mondo in condizioni piuttosto accoglienti a scrivere di tendenze musicali o festaiole: resta una specie di madeleine, o di oca di Lorenz.
Parlo – ricordo agli assenti alle precedenti lezioni – di “quella musica da locali del genere, chiamata a volte “chill-out”, che ebbe i suoi anni ruggenti ai tempi del Buddha bar e dell’Hotel Costes, locali parigini da cui discese sul mondo quell’estetica di pretesa eleganza che aveva dentro ciotole di ciottoli di fiume, vasi di calle, giapponeserie, poltroncine in similpelle capitonné, e alti e bassi di questi generi. Fu comunque una cosa, vent’anni fa (qui a un certo punto la racconto meglio, dentro un pezzo lungo assai): oggi quando la senti nei locali sembra quasi una forma di resistenza ignara del passaggio del tempo e del cambiamento del mondo (il peggio lo dà la declinazione “cover di pezzi rock cantati da vocette svenevoli come fossero bossa nova da fine stagione”)”.
Tra la manciate di cose distinguibili di quel repertorio omogeneo e di cui possiamo senz’altro dire – come un qualsiasi nonno – “tutto uguale”, c’era questa cosa di un duo britannico che si era dato il nome di un farmaco antidepressivo, Lustral, che aveva in effetti ambizioni maggiori nell’elettronica rispetto alle definizioni sprezzanti che ho incollato qui sopra. In particolare volevano fare qualcosa di simile a Missing degli Everything but the girl, che col suo remix aveva spopolato e aveva rappresentato il successo del cambio di genere elettronico degli Everything but the girl, sempre siano lodati. Quindi arruolarono Tracy Ackerman, che aveva cantato e fatto la corista in molti pezzi dance (ma anche in tour con Eric Clapton) e le consegnarono una specie di base “house”, chiedendole di cantare in un modo diverso dal suo solito, sussurrando appiccicata al microfono. E venne questa cosa qui, che riuscirono a far pubblicare e andò così e così, nel 1997. Il loro produttore però ci credeva molto, e due anni dopo la ripubblicò con maggiori successi in varie versioni remixate in cui rimaneva quasi solo la voce di lei, affidandole a deejay e musicisti famosi e stimati in quei generi. Tra cui il duo che si chiama A man called Adam, che la stravolse proprio e la fece diventare una cosa da divanetti a Ibiza, acquatica, che potrebbe andare avanti per ore, la cosa migliore che possiate immaginare come “musica di sottofondo”.
Everytime (A man called Adam balearic remix) su Spotify
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