PD e M5S hanno fatto un altro passo verso un’alleanza stabile
Insieme a LeU hanno annunciato che coordineranno le proprie posizioni politiche in un intergruppo al Senato
Martedì pomeriggio Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Liberi e Uguali, cioè la maggioranza dei partiti che sostenevano il precedente governo guidato da Giuseppe Conte, hanno annunciato che in futuro coordineranno le proprie attività parlamentari al Senato con un intergruppo, cioè in un’assemblea ristretta dei rispettivi capigruppo.
In un lungo articolo di opinione pubblicato stamattina da Repubblica il segretario del PD Nicola Zingaretti ha descritto l’intergruppo come «punto di appoggio più solido e credibile per l’esperienza di direzione del paese appena avviata», legandolo soprattutto al sostegno al nuovo governo di Mario Draghi: ma diversi osservatori inquadrano la decisione nel tentativo del PD guidato da Zingaretti di costruire un’alleanza strutturale col Movimento 5 Stelle, in vista delle prossime elezioni locali e nazionali.
In un comunicato congiunto, i tre capigruppo dei partiti coinvolti – Ettore Licheri del M5S, Andrea Marcucci del PD e Loredana De Petris di LeU – hanno scritto che il gruppo proporrà «iniziative comuni sulle grandi sfide del Paese, dall’emergenza sanitaria, economica e sociale fino alla transizione ecologica e all’innovazione digitale». Il Corriere della Sera scrive che i tre partiti starebbero scrivendo un documento per elencare le proprie priorità nei primi mesi del mandato di Draghi. Al momento al Senato i tre partiti controllano circa 130 seggi, più o meno quanti la coalizione di centrodestra.
L’avvicinamento al Movimento 5 Stelle è stata la direzione più visibile presa dalla nuova segreteria di Zingaretti, eletta nel 2019. L’obiettivo piuttosto esplicito era quello di allontanare il M5S – definito il partito del «populismo mite» da uno dei principali consiglieri di Zingaretti, Goffredo Bettini – dalla Lega e dal centrodestra, e inserirlo in un’alleanza da contrapporre a quella di centrodestra, che ormai da un paio d’anni viene data regolarmente sopra il 50 per cento da parte dei principali sondaggi. Le rilevazioni più recenti indicano in effetti che una ipotetica coalizione, che comprenda però anche i centristi di Italia Viva, Azione e +Europa, sarebbe perlomeno competitiva col centrodestra, con l’attuale legge elettorale.
I critici del piano sostengono che in nome del tentativo di alleanza il Partito Democratico si sia appiattito su molte posizioni del Movimento 5 Stelle, senza però ottenere granché in cambio. Il lascito più concreto del secondo governo Conte, per esempio, rimarrà probabilmente l’approvazione del taglio del numero dei parlamentari, una battaglia storica del M5S che il Partito Democratico ha condiviso soltanto dopo la formazione del governo, e dopo essersi opposto per anni.
In cambio del sostegno alla legge e del successivo referendum, il M5S aveva promesso al PD vari bilanciamenti, per esempio sulla legge elettorale, che non si sono mai materializzati. Nell’anno e mezzo del secondo governo Conte, il PD non è riuscito nemmeno a realizzare due misure su cui Zingaretti aveva insistito molto nei primi mesi da segretario, cioè il cosiddetto ius soli e una legge sul salario minimo.
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Ma i punti di distanza fra PD e Movimento 5 Stelle non si limitano alle proposte politiche. A livello locale i due partiti sono sempre stati avversari e le uniche volte che hanno provato a sostenere una candidatura comune, per esempio alle elezioni regionali in Umbria o in Liguria, hanno perso contro il candidato del centrodestra. Al momento non ci sono piani per sostenere candidati comuni in nessuna delle principali città che voteranno in primavera alle elezioni comunali come Roma, Milano, Torino, Bologna, Salerno e Trieste.
Non è chiaro se la decisione di creare un intergruppo al Senato significherà un maggiore coordinamento anche su altri fronti, o una decisione simile anche per la Camera. Diverse correnti del PD, sia al centro sia a sinistra, hanno criticato la scelta di Zingaretti: Alessandro Alfieri, coordinatore della corrente moderata Base Riformista, ha detto che «eviterei di caricare [l’intergruppo] di eccessivi significati politici», mentre l’ex presidente del PD Matteo Orfini ha criticato Zingaretti per l’«assurda subalternità» al Movimento 5 Stelle.
La notizia dell’intergruppo è stata invece commentata positivamente dall’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, secondo cui la decisione è stata «giusta e opportuna».