Cos’è questo ministero per la Transizione ecologica
Sembra che Draghi abbia accettato di crearlo e il M5S lo sta presentando come una sua vittoria, ma al momento se ne sa poco
Mercoledì, uscita dal confronto con il presidente incaricato Mario Draghi insieme ai rappresentanti di altre organizzazioni ambientaliste, la presidente del WWF Donatella Bianchi ha annunciato che «nel nuovo governo ci sarà il ministero della Transizione ecologica». È stata una delle principali notizie politiche di ieri, perché si sapeva che era la principale richiesta del Movimento 5 Stelle per accettare di entrare nel governo. E infatti il partito ha subito rivendicato il ministero come un proprio successo, aprendo le votazioni sulla piattaforma Rousseau e sottoponendo un quesito formulato in un modo che suggerisce senza ambiguità la posizione favorevole all’ingresso nel governo della dirigenza.
Per ora, comunque, sul ministero della Transizione ecologica non ci sono vere conferme ufficiali, e soprattutto non ci sono dettagli concreti. L’ipotesi principale, però, è che avrà responsabilità importanti nella gestione di parte dei fondi che arriveranno all’Italia attraverso il Recovery Fund, l’imponente strumento di aiuti dell’Unione Europea per rilanciare gli stati membri dopo la crisi dovuta alla pandemia.
La proposta di istituire un ministero per la Transizione ecologica era stata fatta qualche giorno fa da Rossella Muroni, deputata di Liberi e Uguali da tempo impegnata sui temi ambientali e vicina ai movimenti. Il movimento Fridays For Future aveva a sua volta scritto una lettera a Mario Draghi in cui chiedeva di porre al centro del nuovo governo una «profonda riconversione ecologica». Durante le consultazioni, infine, la proposta del ministero era stata avanzata quasi come condizione da Beppe Grillo e dal M5S, che l’aveva ribadita più volte sui social con post e video.
Da giorni il M5S sta attraversando profonde divisioni sul sostegno a Draghi, e sta faticando a mantenere la centralità politica che spetterebbe al primo partito in Parlamento. L’insistenza improvvisa sul ministero per la Transizione ecologica, che finora non era stato discusso né proposto nonostante il governo uscente fosse guidato proprio dal M5S, è stata secondo molti osservatori una strategia per trovare qualcosa da presentare ai propri elettori come una vittoria politica ottenuta nelle consultazioni, una ragione per entrare nel governo. Il principale promotore di questa operazione, nei fatti, è stato Grillo, tornato a occuparsi direttamente della gestione politica del partito dopo una lunga assenza.
Quello di una transizione ecologica è da tempo un concetto centrale per i movimenti ambientalisti: comporta la trasformazione del sistema produttivo verso un modello più sostenibile, che renda meno dannosi per l’ambiente la produzione di energia, la produzione industriale e, in generale, lo stile di vita delle persone. Oggi esiste già un dipartimento per la Transizione ecologica e gli investimenti verdi, fa parte del ministero per l’Ambiente guidato da Sergio Costa, vicino al Movimento 5 Stelle. Come si legge sul sito, il dipartimento «cura le competenze del ministero in materia di economia circolare, contrasto ai cambiamenti climatici, efficientemento energetico, miglioramento della qualità dell’aria e sviluppo sostenibile, cooperazione internazionale ambientale, valutazione e autorizzazione ambientale e di risanamento ambientale».
Draghi non ha confermato che creerà il ministero, ma il giorno dopo non l’ha nemmeno smentito, nonostante l’anticipazione di Bianchi sia stata già commentata e celebrata tra gli altri dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. È estremamente probabile quindi che sia sua intenzione crearlo, ma per ora non sappiamo molto di cosa abbia in mente. Potrebbe unire gli attuali ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, oppure potrebbe potenziare il ministero dell’Ambiente, con nuove competenze in politica energetica e con maggiori fondi a disposizione. Compresi quelli previsti per la transizione ecologica nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, cioè il programma di spesa dei fondi del Recovery Fund.
Per accedere ai fondi del programma Next Generation EU, cioè ai fondi che arriveranno all’Italia dall’Unione Europea e che ammonteranno a circa 210 miliardi di euro, è necessario che il Piano nazionale di ripresa e resilienza sia in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo e che si basi su alcuni principi fondamentali, come ad esempio la transizione ambientale. Il Piano che il secondo governo Conte ha approvato è diviso in sei «missioni» e per la rivoluzione verde e la transizione ecologica prevede di stanziare 67,5 miliardi di euro: ma è stato piuttosto criticato dalle associazioni ambientaliste ricevute ieri da Draghi. Non è ancora chiaro però che responsabilità precise avrebbe l’ipotetico ministero per la Transizione ecologica nella gestione di questi fondi, né di quanti dei quasi 70 miliardi di euro previsti si occuperebbe in concreto.
Per ora, quindi, quella di un ministero per la Transizione ecologica è principalmente una notizia importante dal punto di vista simbolico: segno della volontà, dicono i movimenti ambientalisti, di portare avanti un vero e proprio programma ambientale e climatico di governo. Ivan Novelli, presidente di Greenpeace Italia, ha detto che «in Italia la politica non ha mai considerato l’emergenza climatica come una priorità. L’approccio del presidente Draghi va in tutt’altra direzione». Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, ha a sua volta spiegato che «le risorse sono tante e devono essere spese tutte e bene con i progetti giusti: con eolico e fotovoltaico, con impianti per l’economia circolare» aggiungendo di aver «sottolineato la necessità di snellire la burocrazia, rafforzare i controlli ambientali e professionalizzare la pubblica amministrazione. Le sue parole ci fanno ben sperare».
Un ministero della Transizione ecologica esiste già in Francia e in Spagna. In Francia si chiama ministero della Transizione ecologica e solidale, a indicare che un nuovo modello di sviluppo non può (o non dovrebbe) prescindere dalla giustizia sociale: si occupa di politiche di protezione ambientale, ma anche di trasporti, energia, politiche abitative e di difesa della biodiversità e gestisce quasi 50 miliardi di euro all’anno. Il ministero spagnolo ha due principali obiettivi: una legge sui cambiamenti climatici e la creazione di un piano energetico. In Svizzera, il ministero si chiama Datec: riunisce ambiente, trasporti, energia e comunicazioni.