Un tribunale polacco ha ordinato a due accademici di chiedere scusa per aver accusato un uomo di complicità nell’Olocausto
Il 9 febbraio un tribunale di Varsavia, in Polonia, ha ordinato agli accademici Jan Grabowski e Barbara Engelking di scusarsi per aver accusato un uomo di complicità nell’Olocausto durante la Seconda guerra mondiale. I due studiosi dovranno chiedere scusa alla nipote dell’uomo, che li aveva denunciati per diffamazione in seguito alla pubblicazione di un loro studio del 2018 sull’Olocausto in Polonia.
La decisione del tribunale sta facendo molto discutere, soprattutto perché da alcuni anni il governo polacco, guidato dal primo ministro Mateusz Morawiecki, del partito di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS), sta cercando di negare il coinvolgimento della Polonia nello sterminio degli ebrei, compiendo un’opera che secondo molti analisti è di revisionismo storico.
Nel gennaio del 2018 il Senato polacco aveva approvato una nuova legge che vietava di accusare la Polonia di complicità nell’Olocausto e di riferirsi ai campi di concentramento nazisti in Polonia come “polacchi”. La legge aveva però provocato moltissime critiche verso il governo polacco e pochi mesi dopo il Parlamento aveva approvato un emendamento per correggerla. Più di recente, nel 2019, Polonia e Israele si erano scontrati sul tema dell’Olocausto per alcune frasi che aveva pronunciato il ministro degli Esteri israeliano, Yisrael Katz.
Nello studio di Grabowski e Engelking, dal titolo Dalej jest noc (in italiano “Notte senza fine”), i due accademici raccontavano tra le altre cose che lo zio della donna, Edward Malinowski, all’epoca dei fatti sindaco del paesino di Malinowo, era stato «corresponsabile della morte di diverse decine di ebrei» che si erano nascosti in un bosco fino a quando lui non li aveva denunciati ai tedeschi.
Durante il processo, la donna, Filomena Leszczynska, di 80 anni, è stata aiutata dalla Lega polacca contro la diffamazione, un’organizzazione che si batte contro la rappresentazione ingiusta della Polonia. Gli avvocati di Leszczynska hanno sostenuto che la figura di Malinowski rappresentata nello studio fosse falsa e che la storia ledesse i diritti della donna, perché lo zio era stato ingiustamente descritto come un criminale.
Secondo loro, inoltre, lo studio avrebbe omesso che durante un processo tenutosi dopo la Seconda guerra mondiale, Malinowski era stato assolto dall’accusa di collaborazionismo con i nazisti. Grabowski e Engelking hanno annunciato che faranno ricorso in appello.
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