Quelli che hanno decine di figli
La mancanza di regole nazionali e globali consente ai donatori di sperma di concepire più bambini di quanti dovrebbero, racconta il New York Times
Nel 2015 Vanessa van Ewijk, una donna olandese single di 34 anni, si incontrò alla stazione centrale dell’Aia, nei Paesi Bassi, con Jonathan Jacob Meijer, un musicista trentenne suo connazionale, di bell’aspetto, con occhi azzurri e ondulati capelli biondi. Gli pagò 165 euro più le spese del viaggio e lui le consegnò il suo sperma: il risultato fu la prima figlia di lei e l’ottavo di lui. Van Ewijk restò soddisfatta da Meijer, un donatore di sperma che lei aveva trovato in uno dei tanti siti privati nati negli ultimi anni; lo aveva scelto perché «sembrava il classico ragazzo della porta accanto», come raccontò poi al New York Times, e due anni dopo decise di ricontattarlo per avere un secondo figlio. Pagò più o meno la stessa somma e rimase di nuovo incinta, stavolta di un bambino, il suo secondogenito.
Nel frattempo Meijer era diventato padre di almeno 102 bambini, come aveva scoperto un’indagine del ministero della Salute olandese, concepiti donando sperma in cliniche della fertilità in tutto il paese. Contattato da Van Ewijk, Meijer le confermò che i suoi figli erano almeno 175 ma che poteva averne anche altri: «Sto semplicemente aiutando le donne a esaudire il loro più grande desiderio». Nei Paesi Bassi vivono circa 17 milioni di persone e il rischio che due figli di Meijer si incontrino e si frequentino da grandi, inconsapevoli di essere fratellastri, non è trascurabile.
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Sono passati più di 40 anni da quando il 25 luglio del 1978 nacque a Londra Louise Brown, il primo essere umano concepito con la fecondazione assistita in provetta. Da allora la pratica si è perfezionata e sono proliferati in tutto il mondo donatori, banche del seme e cliniche della fertilità. Mancano ancora, però, delle regole condivise e internazionali su come gestire la donazione di sperma: ogni paese, spesso ogni singola clinica, ha i suoi limiti sulla quantità di figli che ogni donatore più avere e non esiste un archivio globale dei donatori.
Il risultato è un mercato – anche se non sarebbe corretto chiamarlo così perché di norma la donazione è gratuita – incontrollato, dove uomini come Meijer possono dare vita a centinaia di figli sparsi in tutto il mondo, senza che nessuno lo sappia.
Il caso di Meijer non è isolato. Nel 2015 i giornali avevano raccontato la storia di Ed Houben, un uomo, sempre olandese, di 46 anni, donatore da quando ne aveva 32 e che aveva procreato almeno 106 figli. Nel 2019 la Fondazione dei donatori olandesi – un gruppo che sostiene donatori e persone nate dalla fecondazione assistita a rintracciare i proprio genitori e figli biologici – scoprì attraverso il test del DNA che il dottor Jan Karbaat, uno specialista della fertilità morto nel 2017, aveva segretamente concepito almeno 68 bambini, nati da donne che si erano rivolte alla sua clinica a Rotterdam.
La sua storia ricorda quella del dottor Donald Cline di una clinica della fertilità di Indianapolis, nell’Indiana: tra gli anni Settanta e Ottanta, Cline aveva utilizzato il proprio sperma nella fecondazione assistita di alcune sue clienti, mentendo e spacciandolo per quello di donatori anonimi. Le indagini su di lui iniziarono nel 2014 dopo che alcune donne avevano scoperto, grazie al test del DNA, di essere sorellastre e sue figlie. Ancora prima, nel 1992, uno specialista della fertilità della Virginia era stato condannato, tra le altre cose, per aver inseminato con il proprio sperma alcune pazienti a loro insaputa.
Ari Nagel, professore di matematica di New York, è stato soprannominato “Target Donor” perché consegnava il suo sperma in provetta solo in luoghi pubblici, come nella catena Target; ha raccontato al New York Times di aver avuto 76 figli, decisamente pochi rispetto agli 800 concepiti in tutto il mondo dal britannico Simon Watson, almeno stando a quanto disse a BBC nel 2016.
Concepire così tanti figli, soprattutto in un’area geografica ristretta, è pericoloso, come mostra la vicenda raccontata dal New York Times, di un altro donatore di sperma olandese, noto solo come Louis, che avrebbe generato più di 200 bambini. Sei anni fa il 36enne olandese Ivo van Halen scoprì di essere uno di loro e da allora è riuscito a contattare 42 fratellastri. Alcuni erano stati segnalati come compatibili tra loro (i cosiddetti match) su Tinder, la app di incontri online. Uno addirittura si era visto suggerire come potenziali partner 4 sorellastre. Ora il gruppo aggiorna un elenco con i nomi di tutti i fratellastri, man mano che vengono scoperti, per evitare di uscirci insieme, portare avanti una relazione e concepire figli con potenziali problemi genetici dovuti alla condivisione dello stesso DNA.
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La Società americana per la medicina riproduttiva consiglia di non superare i 25 figli a donatore in una popolazione di 800mila persone.
Alcuni paesi hanno posto dei limiti per legge: in Germania un donatore di una banca del seme non può diventare padre di oltre 15 bambini; nel Regno Unito si può donare al massimo a 10 famiglie senza vincolo sul numero di figli; negli Stati Uniti non c’è una regola nazionale ma lo sperma di un singolo donatore non può andare a più di 25 o 30 famiglie diverse. La maggior parte degli altri paesi non prevede nemmeno queste restrizioni.
L’altro problema è che, anche qualora esistano, non c’è nessuno a far rispettare queste norme. Storie come quella di Meijer hanno dimostrato che le banche del seme e le cliniche della fertilità non verificano sufficientemente che i donatori non collaborino con altre istituzioni; inoltre i donatori possono offrire il proprio seme in modo indipendente, su siti privati o agenzie internazionali come Cryos International, la più grande banca del seme globale, con sede in Danimarca. Quando ci si sposta oltre i confini nazionali, la situazione diventa ancora più incontrollabile.
Meijer si è servito di tutti i metodi disponibili per donare il proprio sperma: lo ha fatto privatamente e si è registrato in diverse cliniche private e banche del seme sia olandesi che internazionali, contravvenendo alla richiesta del rapporto di esclusività. La Fondazione olandese dei donatori ha stabilito che aveva concepito privatamente almeno 80 figli nei Paesi Bassi, a cui si aggiungevano i 102 identificati dal ministero della Salute olandese in 11 cliniche diverse. Due donne olandesi che lavoravano nella stessa scuola per l’infanzia hanno scoperto di avere avuto Meijer come donatore osservando la sorprendente somiglianza dei loro figli, entrambi di nove anni.
Tim Bueter, un avvocato che rappresenta le famiglie nel caso contro il dottor Karbaat, è stato contattato da 12 madri che avevano usato lo sperma di Meijer per sapere se potevano fargli causa ma a oggi la legislazione non consente di fare molto. Nel frattempo il ministero della Salute ha vietato alle cliniche di utilizzare lo sperma di Meijer.
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Joëlle de Boer, una volontaria della Fondazione olandese dei donatori, ha ricostruito gli spostamenti di Meijer: dal 2007 ha viaggiato in Europa, sempre donando a cliniche e privatamente. De Boer ha rintracciato donne che avevano concepito figli con il suo sperma in Italia, Australia, Serbia, Ucraina, Germania, Polonia, Ungheria, Svizzera, Romania, Danimarca, Svezia, Messico e Stati Uniti. Meijer si era registrato anche su Cryos, che non pone limiti ai figli che un donatore può procreare, limitandosi ad aderire alle restrizioni fissate da ciascun paese.
Secondo le organizzazioni che si occupano di donazione di sperma, una delle prime cose da fare sarebbe la creazione di un registro nazionale per impedire agli uomini di donare a più cliniche contemporaneamente. Sarebbe utile estendere il registro a livello internazionale e approvare una regolamentazione condivisa globalmente con limiti e controlli. Spesso le agenzie private consentono ai donatori di usare un falso nome e chiedono che siano loro a tenere il conto dei figli concepiti.
Secondo Judith Daar, a capo del comitato etico della Società americana per la medicina riproduttiva, si dovrebbero imporre limiti al numero dei figli di ogni donatore. Al momento, infatti, niente impedisce che un uomo rispetti quelli fissati da ogni paese ma finisca per generare comunque centinaia di figli in tutto il mondo. Daar sottolinea che rivolgersi ai privati, per quanto più amichevole e spesso economico, consente al donatore di sfuggire al controllo dei medici e delle banche del seme, con esiti potenzialmente negativi.
Il New York Times ha anche cercato di capire le ragioni di tanta prolificità. Un articolo del 2013 della rivista del Donor Sibling Registry – un’associazione che mette in contatto le persone concepite con la fecondazione assistita con i loro genitori biologici – identificò tre motivi principali: denaro, generosità e il desiderio di spargere il proprio DNA. Molti dei donatori intervistati esaltavano il proprio amore per i bambini e la gioia di aiutare genitori in difficoltà, ma secondo Ties van der Meer – direttore della Fondazione olandese dei donatori, nato con la fecondazione assistita e a sua volta donatore di sperma – è una semplice gara a chi fa più figli.
I titoli di molti giornali che raccontavano di Ed Houben e dei suoi 106 figli – compresa BBC con il suo «è l’uomo più virile d’Europa» – suggeriscono che potrebbe avere ragione.
Meijer, dal canto suo, ha detto al New York Times: «Ho circa 250 bambini, dire che siano mille è ridicolo. Sono deluso dall’ossessione per i numeri. Sono diventato un donatore non per i numeri ma per aiutare i genitori a realizzare i loro sogni. Non capisco perché stare a fissarsi sui numeri e considerare i figli che ho generato solo come un numero». Nel frattempo circa 50 donne, i cui desideri ha aiutato a realizzare, hanno fondato un’associazione che vuole impedirgli di continuare a donare lo sperma e che sta cercando di rintracciare e mettere in contatto tra loro tutti i suoi figli.