Perché la visita del capo della diplomazia europea in Russia è stata un fallimento
Josep Borrell voleva fare pressioni per la liberazione di Alexei Navalny, ma le cose sono andate molto male
Fra venerdì e sabato il capo della diplomazia dell’Unione Europea, l’Alto rappresentante agli Affari esteri Josep Borrell, è stato in Russia per una visita ufficiale durante la quale ha incontrato, tra gli altri, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Per Borrell è stata la prima visita in Russia dall’inizio del suo mandato, nel 2019. La visita era molto attesa: da mesi i rapporti fra Unione Europea e Russia sono ancora più tesi del solito per via dell’avvelenamento e del successivo arresto del dissidente russo Alexei Navalny – curato in Germania dietro pressione dei paesi europei – e della repressione delle successive proteste.
Il giudizio unanime è che la visita sia stata fallimentare: i giornali hanno parlato di un «pasticcio» e di una «umiliazione» di Borrell, e lui stesso al rientro ha ammesso che al momento la Russia «non vuole cogliere l’occasione di avviare un dialogo costruttivo con l’Unione Europea».
Nei giorni precedenti alla visita di Borrell diversi osservatori avevano avvertito che incontrare funzionari russi in un momento del genere avrebbe comportato una legittimazione che il governo autoritario guidato da Vladimir Putin non aveva fatto nulla per meritarsi, anzi. Borrell aveva respinto i timori spiegando che l’Unione Europea «non può permettersi di dire “non mi piaci, resterò nel mio angolo”», e sottolineando l’importanza di trovare «un comune denominatore» su cui avviare un dialogo.
Uno degli obiettivi più espliciti della visita di Borrell era inoltre la liberazione di Alexei Navalny, condannato una settimana fa a tre anni e mezzo di carcere per avere violato la libertà vigilata che gli era stata concessa nel 2014 dopo una poco credibile condanna per truffa. Il piano B, considerato assai più realistico, prevedeva una visita in carcere a Navalny.
Non solo Borrell non ha raggiunto nessuno dei due obiettivi, ma è stato anche maltrattato da Lavrov durante la conferenza stampa congiunta che i due hanno tenuto venerdì pomeriggio.
Per tutta la conferenza stampa, Borrell ha mantenuto un approccio costruttivo e conciliante. Ha auspicato che le autorità europee autorizzino presto il vaccino russo contro il coronavirus, lo Sputnik V, limitando al massimo le critiche nei confronti di Putin – mai citato né nella conferenza stampa né nelle successive risposte ai giornalisti. Borrell si è inoltre concentrato sui temi su cui secondo lui Russia e Unione Europea potrebbero collaborare, come la lotta al cambiamento climatico, la gestione del Mare Artico e la ricerca scientifica.
Lavrov, invece, si è comportato in maniera molto diversa: ha passato tutta la conferenza stampa ad attaccare l’Unione Europea accusandola di intromettersi negli affari interni della Russia, di avere approvato sanzioni “illegittime” per l’invasione della Crimea e dell’Ucraina orientale, e in definitiva di essere «un partner inaffidabile» nelle questioni di politica estera.
Lavrov ha anche respinto la tesi secondo cui Navalny sarebbe stato avvelenato dai servizi di sicurezza russi: questa tesi è stata accettata da tutte le agenzie di intelligence occidentali e confermata da uno degli agenti che hanno partecipato all’operazione. Borrell non ha risposto nel merito a nessuna delle accuse di Lavrov. Una fonte di Politico ha commentato che «per usare una metafora calcistica, Lavrov ha segnato un gol dopo l’altro senza che Borrell riuscisse a difendersi o contrattaccare».
Borrell ha anche dato una risposta molto imbarazzata quando un giornalista russo gli ha chiesto dell’embargo statunitense nei confronti di Cuba, spingendolo a criticare gli Stati Uniti – gli alleati storici dell’Unione Europea – proprio durante una visita in Russia, alleata di Cuba.
Proprio durante la conferenza stampa, inoltre, è stata diffusa la notizia che il governo russo avrebbe espulso tre diplomatici europei rispettivamente di Svezia, Germania e Polonia per aver partecipato nelle scorse settimane alle manifestazioni contro l’arresto di Navalny. In un incontro tenuto dopo la conferenza stampa, Borrell ha chiesto conto a Lavrov dell’espulsione dei diplomatici: secondo una fonte di Politico che ha partecipato alla visita in Russia, Lavrov ha risposto che la notizia delle espulsioni era trapelata senza il consenso delle autorità russe, che avevano in programma di diffonderla lunedì.
Fonti vicine a Borrell hanno sottolineato che non era da tutti andare in Russia per affrontare Lavrov in un momento di grandi tensioni con l’Unione Europea, ma la stragrande maggioranza dei commenti è stata negativa.
«È stato un grave errore fare questa visita e farsi umiliare in questo modo da una persona esperta come Lavrov», ha scritto su Twitter il vice primo ministro lettone Artis Pabriks: «Non imparano mai! Non metterti a giocare coi russi se non li capisci. Che peccato». «È difficile spiegarsi cosa l’Unione Europea pensasse di ottenere con questa visita», ha commentato uno dei corrispondenti del Financial Times dalle istituzioni europee, Michael Peel. James Kanter, ex corrispondente del New York Times a Bruxelles, ha ipotizzato che il problema principale sia stato proprio l’assenza di un mandato chiaro.
I paesi dell’Unione Europea, che mantengono una grandissima autonomia nel decidere la propria politica estera, sono da tempo divisi sull’approccio da mantenere nei confronti della Russia: la Germania ha avviato da alcuni anni una politica più conciliante nei confronti della Cina e della Russia – con cui ha in progetto di costruire un nuovo e controverso gasdotto, il Nord Stream 2 – mentre i paesi baltici e la Polonia temono la crescente aggressività russa e chiedono all’Unione Europea posizioni più nette. In mezzo, con varie sfumature, ci sono tutti gli altri paesi.
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Per approvare sanzioni nei confronti di un paese straniero, l’Unione Europea deve ottenere l’unanimità di tutti e 27 i paesi membri: l’approccio nei confronti della Russia sarà discusso nel Consiglio Europeo di marzo, la riunione a cui partecipano i capi di stato e di governo, ma al momento sembra improbabile che l’arresto di Navalny e la repressione delle proteste bastino per approvare nuove sanzioni.
Nonostante queste difficoltà, in molti pensano che Borrell avrebbe potuto fare di più: per esempio ribattere punto su punto alle accuse di Lavrov durante la conferenza stampa, oppure interrompere la visita dopo la notizia dell’espulsione dei diplomatici europei. «Borrell è un fine intellettuale da think tank di sinistra», ha detto al Foglio una fonte europea, «[ma] quando si è al tavolo delle grandi potenze quello che conta sono i muscoli, non il numero di citazioni di poeti spagnoli». Due diplomatici europei hanno invece detto a Politico che in seguito a questo viaggio Borrell ha perso la fiducia di alcuni leader europei, e che nel breve termine avrà ancora meno margine per sviluppare una propria linea.