In Giappone ci sono due paesini che vogliono le scorie nucleari
Sono Suttsu e Kamoenai, spopolati villaggi di pescatori dell'Hokkaido, e c'entrano dei sussidi statali
Un mese fa, dopo anni di attesa, è stata pubblicata la mappa delle aree d’Italia potenzialmente idonee a ospitare le scorie nucleari italiane. Quasi subito i rappresentanti politici delle località segnalate nella mappa, come il presidente della Puglia Michele Emiliano e quello della Sardegna Christian Solinas, se ne sono lamentati e sembra che non sarà facile trovare un accordo per scegliere il comune dove alla fine – entro il 2025, in teoria – sarà costruito il deposito. Anche in Giappone si deve scegliere il luogo dove costruire un deposito nazionale per le scorie nucleari, ma lì la situazione è diversa: alla fine di ottobre due paesini dell’isola di Hokkaido, Suttsu e Kamoenai, si sono candidati per ospitarlo.
Suttsu e Kamoenai distano circa 40 chilometri, si trovano a ovest di Sapporo, la città capoluogo di Hokkaido, e si affacciano entrambi sul mar del Giappone. Suttsu ha 2.885 abitanti, Kamoenai 810. Sono due località che negli ultimi anni si sono spopolate per via dell’invecchiamento generale della popolazione (il Giappone è il primo paese del mondo per anzianità della popolazione, davanti all’Italia) e del declino dell’industria della pesca, su cui si basava la loro economia. La pandemia da coronavirus ha ulteriormente aggravato la loro situazione.
Oggi Suttsu e Kamoenai ricevono dei sussidi dallo stato perché si trovano vicino alla centrale nucleare di Tomari, l’unica centrale nucleare di Hokkaido, che è stata attiva dal 1989 al 2012; se in futuro ospitassero il deposito nazionale delle scorie nucleari, riceverebbero ulteriori finanziamenti. Inoltre avrebbero la possibilità di creare nuovi posti di lavoro, perché un deposito di rifiuti radioattivi ha bisogno di numerose attività di manutenzione, specialmente nella prima fase della sua esistenza.
Le scorie nucleari sono un problema a lungo o a lunghissimo termine, a seconda del tempo necessario a far decadere la loro radioattività. Quelle da gestire per un periodo di tempo maggiore sono i rifiuti radioattivi a media e alta attività (HLW-High Level Waste, secondo la classificazione internazionale), che devono essere tenuti isolati per migliaia di anni: sono ad esempio i resti del combustibile usato nelle centrali nucleari. Poi ci sono rifiuti meno radioattivi, quelli a bassa attività, che derivano dallo smantellamento delle centrali nucleari, da impianti nucleari di ricerca, da istituti dove si pratica la medicina nucleare e da industrie: perché arrivino ad avere un livello di radioattività trascurabile devono passare “solo” 300 anni.
In Italia il deposito nazionale per le scorie nucleari dovrà contenere soprattutto rifiuti radioattivi di questa seconda categoria: sarà quindi progettato per durare qualche centinaio di anni e si troverà in superficie. In Italia infatti l’energia nucleare è stata prodotta per 26 anni e solo in quattro centrali.
Per il Giappone le cose sono molto diverse: la prima centrale nucleare giapponese fu attivata 54 anni fa e nel tempo sono stati costruiti 54 reattori nucleari, di cui 9 tuttora attivi. Un altro modo per farsi un’idea della differenza tra i due paesi è considerare il combustibile nucleare esaurito, che rientra nelle scorie nucleari ad alta attività: dalle centrali nucleari italiane negli anni ne uscirono meno di 2mila tonnellate; in Giappone – solo considerando quello non ancora riprocessato – attualmente ce ne sono 19mila tonnellate, conservate in depositi provvisori in giro per il paese.
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Per questo il Giappone, molto più dell’Italia, ha bisogno di un deposito nazionale che possa durare per millenni. Per la precisione, di un deposito geologico: si chiama così perché bisogna costruirlo nel sottosuolo, a una profondità di più di 300 metri, cioè al sicuro da terremoti, inondazioni e altri accidenti che possono capitare in superficie. Tutti i paesi che hanno molte scorie nucleari dovrebbero costruirne uno, ma finora nel mondo ce n’è solo uno in funzione: il Waste Isolation Pilot Plant (WIPP), che si trova a Carlsbad, nello stato americano del New Mexico, e ospita rifiuti a media e alta attività di origine militare. Gli unici paesi che finora hanno scelto dove costruire i propri depositi geologici per le scorie uscite dalle centrali nucleari sono la Finlandia e la Svezia, e solo quello finlandese, pensato per durare centomila anni, è già in corso di costruzione sull’isola di Olkiluoto.
Nel 2000 il Giappone decise che avrebbe trovato il posto in cui costruire il proprio deposito geologico entro il 2025 e avrebbe cominciato a riempirlo entro il 2035. Da allora l’atteggiamento di molti giapponesi nei confronti del nucleare è cambiato a causa del disastro di Fukushima del 2011: nell’anno successivo tutti i reattori del Giappone furono spenti e da allora solo 9 sono stati riattivati, e il governo ha messo da parte gli obiettivi temporali sulla costruzione del deposito geologico. Nel 2017 ha comunque fatto una sua mappa di località potenzialmente idonee a ospitarlo (per le loro caratteristiche geologiche e sismiche e per la distanza dalle centrali nucleari), simile a quella italiana: Suttsu e Kaomenai ne facevano parte.
Da quando i due paesini si sono candidati a ottobre, è cominciata una fase di ricerche in cui l’Organizzazione per la gestione delle scorie nucleari del Giappone (NUMO) deve verificare che il territorio di Suttsu e Kaomenai sia davvero adatto per la costruzione di un deposito geologico. Già in questa fase di ricerca, che durerà due anni, i paesini riceveranno dei sussidi: in due anni otterranno fino a 2 miliardi di yen, equivalenti a 15,8 milioni di euro. Se dovessero passare alla fase successiva, quattro anni in cui realizzare i primi scavi, riceverebbero altro denaro: 7 miliardi di yen, pari a 55 milioni di euro.
Nonostante questo non tutti gli abitanti dei due paesi sono favorevoli all’idea che il deposito nazionale delle scorie nucleari sia costruito vicino a casa loro, ha raccontato Bloomberg. A Suttsu molti cittadini hanno protestato contro il sindaco Haruo Kataoka: avevano chiesto che fosse organizzato un referendum cittadino per esprimersi in merito, ma l’assemblea comunale ha votato contro. Qualcuno ha minacciato il sindaco lanciando un piccolo ordigno incendiario contro casa sua.
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Kataoka ha detto di essere consapevole della contrarietà di molti abitanti di Suttsu, ma che parte di loro è favorevole ad affrontare almeno la prima fase di verifiche per l’idoneità del territorio, quella che porterà la prima fetta di sussidi. Kataoka vorrebbe usarli per costruire una nuova centrale eolica in mare: la prima di questo genere mai costruita in Giappone si trova proprio al largo di Suttsu e il sindaco vorrebbe che il paese continuasse a investire in questo campo.
Il governatore dell’Hokkaido, Naomichi Suzuki, è tra le persone contrarie all’idea che Suttsu o Kaomenai diventino la sede del deposito geologico delle scorie nucleari. A ottobre, dopo che i due paesini si candidarono, disse che non avrebbero potuto farlo per via di un’ordinanza locale del 2000 secondo cui nessun tipo di rifiuto nucleare poteva essere tenuto a Hokkaido. La fase iniziale per verificare l’idoneità di Suttsu e Kaomenai è comunque cominciata, ma non sarà semplice costruire il deposito anche solo per i tempi necessari: se anche uno dei due paesi dovesse essere giudicato idoneo, passeranno almeno 30 anni prima che il deposito possa essere costruito e attivato.
E i politici attualmente coinvolti potrebbero essere sostituiti nel frattempo. Nel gennaio del 2007 l’allora sindaco di Toyo, sull’isola di Shikoku, aveva candidato il suo comune a ospitare il deposito geologico: tre mesi dopo perse le elezioni e il nuovo sindaco ritirò immediatamente la candidatura.