Il piano vaccini è cambiato
Viste le novità con AstraZeneca, la somministrazione su diverse categorie di under 55 sarà anticipata e sono cambiati i criteri di distribuzione regionale
Mercoledì è stata comunicata alle regioni una importante modifica al piano che regola la campagna vaccinale contro il coronavirus, che è stato cambiato dopo la ridistribuzione delle forniture delle dosi di Pfizer-BioNTech e Moderna, e la raccomandazione dell’AIFA di somministrare il vaccino di AstraZeneca preferibilmente alle persone tra i 18 e i 55 anni. Il piano vaccini originale era stato organizzato a dicembre con una serie di aspettative diverse – e ben più ottimistiche – riguardo alla capacità delle aziende farmaceutiche di produrre milioni di dosi in poco tempo.
La novità principale è che la fase 3 del piano è stata anticipata, per le novità nella disponibilità dei vaccini: quindi le prenotazioni e le somministrazioni su milioni di persone sotto i 55 anni di diverse categorie, dagli insegnanti alle forze armate ai lavoratori dei servizi essenziali, cominceranno probabilmente già dalla prossima settimana con il vaccino AstraZeneca. Questa fase avverrà in parallelo alla conclusione della fase 1, quella che riguarda gli anziani con più di 80 anni e che sfrutta i vaccini di Pfizer e Moderna. Oltre a questo, sono state definite nuove categorie prioritarie per la fase 2, che se non ci saranno grossi intoppi comincerà ad aprile coinvolgendo le persone fragili e quelle via via sotto gli 80 anni, fino ai 55.
Il 27 dicembre in Italia era iniziata la somministrazione del vaccino prodotto da Pfizer-BioNTech, ma già nei primi giorni di gennaio è stato chiaro che sarebbero stati necessari cambiamenti ai programmi originari, perché non sempre le dosi erano state consegnate nei tempi previsti e c’erano stati ritardi che avevano costretto le regioni a rallentare il ritmo di somministrazione. In questo momento la campagna vaccinale è nell’ultima parte della fase 1, quella in cui dovrebbero essere vaccinate tutte le persone con più di 80 anni. In alcune regioni è iniziata la prenotazione degli appuntamenti, in altre invece non si sa ancora quando e come saranno coinvolti gli anziani.
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Ieri si è tenuta una riunione a cui hanno partecipato il commissario straordinario per l’emergenza Domenico Arcuri, il ministro della Salute Roberto Speranza, il ministro agli Affari regionali Francesco Boccia e i presidenti delle regioni. Arcuri ha comunicato le modifiche al piano seguito finora: c’è qualche certezza in più rispetto alle ultime settimane anche se il nuovo schema è piuttosto complesso. Sono stati cambiati i criteri di distribuzione delle dosi e soprattutto i tempi: la fase 3 partirà in parallelo all’ultima parte della fase 1 e sono state previste categorie più specifiche per definire la fase 2.
Perché è cambiato il piano
L’organizzazione della campagna vaccinale è cambiata dopo che Pfizer è riuscita a garantire la produzione e la consegna delle dosi previste dal contratto firmato con l’Unione Europea. Nella prima metà di gennaio, infatti, l’azienda farmaceutica aveva ritardato la distribuzione di circa il 9% delle dosi a causa di un intervento nello stabilimento belga di Puurs. Un ritardo a cui si era aggiunto anche il ridimensionamento del numero di flaconi consegnate, dovuto all’autorizzazione all’estrazione di sei dosi anziché cinque da ciascun flacone. Già dalla settimana scorsa la produzione è tornata regolare, così come le consegne. Pfizer ha comunicato che la produzione aumenterà dal 15 febbraio.
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La seconda variabile importante rispetto alle previsioni riguarda il vaccino di AstraZeneca, sviluppato in collaborazione con l’università di Oxford. La settimana scorsa l’azienda ha comunicato un taglio delle forniture che ha causato molta tensione con l’Unione Europea. Venerdì scorso, invece, il vaccino ha ricevuto il parere favorevole dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), l’agenzia dell’Unione Europea che si occupa di farmaci, e poche ore dopo è stato autorizzato dalla Commissione Europea. L’EMA ha però segnalato la mancanza di dati certi sull’efficacia oltre i 55 anni di età.
L’AIFA, l’Agenzia Italiana per il Farmaco, ha autorizzato il vaccino consigliando «un utilizzo preferenziale, in attesa di acquisire ulteriori dati, in soggetti tra i 18 e i 55 anni, per i quali sono disponibili evidenze maggiormente solide». La consegna delle prime dosi del vaccino di AstraZeneca è attesa nella prossima settimana, nei giorni in cui le regioni inizieranno l’ultima parte della fase 1, con la somministrazione agli anziani, che però non potranno riceverlo.
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Come è cambiato il piano
Le fasi della campagna vaccinale sono sempre quattro, come nel piano iniziale. Nella fase 1 sono compresi gli operatori sanitari, i dipendenti delle strutture sanitarie e gli ospiti delle RSA, gli anziani con più di 80 anni. La vaccinazione delle prime tre categorie è quasi conclusa. Nella fase 2 invece ci sono le persone con più di 60 anni, gruppi a rischio più elevato di malattia grave, il personale scolastico “ad alta priorità”.
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Nella fase 3 sono stati compresi i lavoratori di servizi essenziali, le persone in carcere e in comunità, il personale scolastico e universitario, persone con «comorbidità moderata di ogni età», con più malattie anche non gravi, a cui dovrebbe essere data la priorità. Nella fase 4, l’ultima, verrà vaccinato tutto il resto della popolazione. Una delle novità più significative del piano vaccinale è l’anticipo di una parte della fase 3, che verrà eseguita in parallelo all’ultima parte della fase 1. Questa modifica è dovuta all’arrivo in Italia delle prime dosi di AstraZeneca, raccomandate sotto i 55 anni.
In questa tabella, la nuova definizione delle fasi comunicata ieri alle regioni
Già dalla prossima settimana, quindi, partirà la prenotazione e probabilmente anche la somministrazione al personale scolastico ed universitario sotto i 55 anni (1 milione e 107mila persone), a lavoratori delle forze armate sotto i 55 anni (551mila persone), alle persone in carcere e dipendenti del sistema carcerario (97mila persone), alle persone che sono in comunità (200mila persone) e infine nel piano sono indicate altre 2 milioni e 167mila persone in generici “servizi essenziali”. In totale, nella fase 3, verranno coinvolte 3 milioni e 894mila persone con meno di 55 anni a cui verrà somministrato il vaccino di AstraZeneca. In parallelo verranno vaccinati 4,4 milioni di anziani con più di 80 anni.
Fin dall’inizio della campagna vaccinale, le regioni hanno chiesto di avere a disposizione più dosi per vaccinare il maggior numero di persone nel minor tempo possibile. Al momento, però, è ancora presto per capire come verrà organizzata materialmente la somministrazione. In alcune regioni, come nel Lazio e in Campania, è iniziata la prenotazione per gli anziani. Altre regioni, come il Piemonte e l’Emilia-Romagna, convocheranno direttamente le persone con più di 80 anni attraverso le aziende sanitarie. In molte regioni, invece, non ci sono state comunicazioni precise sull’organizzazione. Ma con l’anticipo della fase 3 tutte le regioni dovranno accelerare per utilizzare le dosi di AstraZeneca già dalla settimana prossima.
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Se tutte le consegne verranno rispettate senza nuovi intoppi, e i ritmi di vaccinazione rispetteranno le previsioni, la fase 2 dovrebbe iniziare da aprile. In totale saranno coinvolti 19,8 milioni di italiani.
Oltre alle categorie già individuate nel piano di dicembre, sono stati introdotti nuovi gradi di priorità. Le prime persone che saranno vaccinate nella fase 2 saranno quelle definite “estremamente vulnerabili (indipendentemente dall’età)” (2 milioni di persone), poi gli anziani tra 75 e 79 anni (2,6 milioni di persone), la fascia d’età tra i 70 e 74 anni (3,3 milioni di persone), le persone “vulnerabili under 70” (5,8 milioni), le persone nella fascia d’età tra 60 e 69 anni che non presentano rischi specifici (3,7 milioni), e infine le persone tra 55 e 59 anni che non presentano rischi specifici (2,1 milioni).
In questa tabella sono state riassunte tutte le categorie di persone comprese nella fase 2. Oltre alla categoria e alla sottocategoria, è stata inserito un grado di priorità.
La nuova distribuzione
Un’altra importante novità arrivata con la riunione di ieri è la modifica dei criteri di distribuzione delle dosi. Le consegne non saranno più disposte sulla base del numero di abitanti, ma individuando il fabbisogno necessario di ogni regione per ogni fascia del piano vaccinale. Per esempio, in questa fase le regioni in cui vivono più anziani avranno a disposizione più dosi. Nei giorni scorsi questa modifica era stata chiesta da alcuni presidenti di regione come Alberto Cirio, del Piemonte, Massimiliano Fedriga del Friuli Venezia Giulia e dall’assessora al Welfare di Regione Lombardia Letizia Moratti.
Arcuri ha presentato ai presidenti anche la nuova tabella che mostra i tempi e le forniture garantite dalle aziende farmaceutiche. AstraZeneca consegnerà 1,25 milioni di dosi a febbraio e 4,05 milioni a marzo. In tutto il 2021 l’azienda consegnerà all’Italia 40,17 milioni di dosi. Da Pfizer-BioNTech arriveranno invece le 40,64 milioni di dosi previste, anche se l’azienda ha detto che cercherà di consegnarne di più.
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L’8 gennaio, infatti, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen aveva annunciato l’acquisto di 300 milioni di dosi in aggiunta alle 300 milioni già garantite dal contratto firmato con Pfizer-BioNTech. Con una fornitura complessiva da 600 milioni di dosi, in Italia ne dovrebbero arrivare 81 milioni. Non è chiaro il motivo del mancato aggiornamento della tabella presentata ieri ai presidenti delle regioni.
Nel momento in cui stiamo scrivendo, dall’inizio della campagna vaccinale in Italia sono state somministrate 2,2 milioni di dosi, di cui 867mila richiami. Con 13,5 milioni di dosi totali entro la fine di marzo, sarà possibile vaccinare poco quasi 7 milioni di persone: la metà rispetto agli obiettivi iniziali dichiarati dal ministro Roberto Speranza, che però contava su 16 milioni di dosi di AstraZeneca.
Questa è la nuova tabella con il numero di dosi e i tempi di consegna previsti
Al termine della riunione di ieri, il presidente della conferenza Stato-Regioni e presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, ha spiegato che ora la priorità è vaccinare le persone con più di 80 anni. «Come tutti sappiamo, gli anziani sono la categoria più colpita dalla pandemia ed è fondamentale metterla in sicurezza il prima possibile. Per questo abbiamo convenuto di assegnare a ogni Regione e Provincia autonoma un numero di dosi di vaccini pari al numero degli ultraottantenni che vi sono assistiti. Successivamente, si procederà a compensazioni», ha detto Bonaccini.
I presidenti delle regioni hanno anche chiesto ai ministri e al commissario Arcuri di valutare l’opportunità di acquistare anche i vaccini prodotti da altre aziende. L’assessora al Welfare di Regione Lombardia, Letizia Moratti, ha proposto di acquistare anche dosi del vaccino Sputnik V, prodotto in Russia, e di valutare un tempo di somministrazione tra la prima e la seconda dose oltre le tre settimane.
Per velocizzare la somministrazione, inoltre, il governo proverà a trovare un accordo nazionale con i medici di famiglia a cui però dovranno seguire accordi su base regionale. Uno dei nodi più critici riguarda il compenso: è stato ipotizzato un riconoscimento di circa 10 euro a dose se somministrata negli studi medici, e fino a 28 euro se la somministrazione è a domicilio. La trattativa è appena iniziata: da poche ore è stata inviata la prima bozza di protocollo ai sindacati dei medici di famiglia. Secondo Bonaccini l’accordo consentirà di vaccinare in tempi più veloci. «In particolare i malati cronici o con specifiche patologie», ha detto Bonaccini. «Non c’è tempo da perdere, le regioni sono pronte a offrire la massima collaborazione perché la campagna vaccinale ritorni ai ritmi delle prime settimane e anzi venga velocizzata».