Il Louvre sta facendo le pulizie
La chiusura per via del lockdown è un'opportunità per fare lavori e restauri che coi turisti sarebbe difficile completare
Con quasi 10 milioni di visitatori nel 2019 e fino a 40mila ingressi al giorno, il Louvre di Parigi è il museo più visitato al mondo. Come tutti gli spazi culturali e i musei parigini, da fine ottobre il Louvre è chiuso per via delle restrizioni introdotte per contenere la diffusione del coronavirus: e questo sta dando a curatori e restauratori l’opportunità di prendersi più cura delle opere d’arte e di fare qualche miglioramento nelle sale del celebre museo. La scorsa settimana la giornalista del New York Times Liz Alderman ha visitato il Louvre e ha raccontato cosa sta succedendo a porte chiuse, in attesa che il museo possa riaprire.
Quella degli ultimi mesi è la chiusura più lunga del Louvre dalla Seconda guerra mondiale. Durante il secondo lockdown, introdotto in Francia a fine ottobre, il museo aveva puntato molto sui tour virtuali, che consentono di ammirare le migliaia di opere esposte attraverso internet, e ha lanciato sui social media l’hashtag #LouvreChezVous (il Louvre a casa tua) per mantenere coinvolti i visitatori anche da lontano. In queste settimane, però, la direzione del museo sta approfittando proprio dell’assenza delle migliaia di persone che solitamente affollano le sale per fare un po’ di pulizie e portare avanti alcuni progetti di rinnovamento e abbellimento che sarebbe molto difficile completare a museo aperto.
Lo storico dell’arte e direttore del dipartimento dei dipinti del Louvre, Sébastien Allard, ha detto ad Alderman che per quanto riguarda certi interventi «il lockdown ci ha consentito di fare in cinque giorni quello che avremmo fatto in cinque settimane». Solitamente queste attività vengono svolte il martedì, l’unico giorno di chiusura del museo, ma in queste settimane, con le sale vuote, ci si può lavorare cinque giorni anziché uno solo, accelerando così i ritmi. Alcuni lavori di restauro e manutenzione erano iniziati già prima della pandemia, ma i curatori sperano di concluderli entro la metà di febbraio.
In queste settimane al Louvre sono impegnati circa 250 artigiani, tra curatori, restauratori, conservatori d’arte ed esperti. Si occupano di compiti piuttosto semplici e basilari, come spolverare le cornici dei quasi 4.500 dipinti ospitati dal museo, oppure di appendere circa 40mila nuove targhette descrittive in inglese e in francese accanto alle opere. Ma seguono anche interventi di manutenzione e piani più complessi, come il progetto che prevede una nuova disposizione nella sala delle Antichità egizie o quello con cui verrà ricavato un nuovo piano nell’Ala Sully del museo.
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Un team di esperti si è dedicato alla pulizia di varie sculture, tra cui una stele di granito che contiene le istruzioni per far rivivere nell’aldilà il faraone Sesostri, sovrano egizio della XII dinastia che visse e regnò tra il 1971 a.C. e il 1919 a.C. circa. La stele, che pesa due tonnellate, è stata pulita minuziosamente con uno spazzolino da denti per bambini e secondo il nuovo progetto dominerà l’ingresso della sala.
Gli esperti stanno anche restaurando la Mastaba di Akhethotep, cioè il massiccio edificio tombale che originariamente si trovava a Saqqara, in Egitto, e fu ricostruito al Louvre nel 1903, diventando una delle attrazioni principali del museo. Il direttore del reparto egizio del museo, Vincent Rondot, ha detto che «nessuno sta festeggiando il virus. Ma possiamo comunque essere contenti di questa situazione perché ci permette di concentrarci sul lavoro».
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Alderman ha raccontato che è surreale e allo stesso tempo molto emozionante poter ammirare celebri sculture come la Venere di Milo o dipinti come la Zattera della Medusa di Théodore Géricault senza l’intrusione di decine di smartphone né essere spintonati dalla folla. Il suo articolo per il New York Times si intitola in maniera piuttosto efficace “la Gioconda è sola, ma sorride lo stesso”, facendo riferimento al famosissimo dipinto di Leonardo Da Vinci solitamente circondato da centinaia di turisti che si accalcano a pochi metri dalla piccola teca che lo protegge.
Molte opere sono coperte da teli o cellophane, mentre nei paraggi si svolgono i lavori di ristrutturazione, in un via vai che rende vivo il museo anche senza visitatori. Altre, come il grosso dipinto Venere chiede a Vulcano le armi per Enea di Anthony Van Dick, vengono tolte dalle pareti, adagiate su cuscini e trasportate con cura in altre sale, dove sono poi preparate per essere destinate a mostre temporanee in altri paesi, sempre che le restrizioni consentano di non rimandarle. Solitamente il Louvre presta circa 400 opere ogni anno ad altri musei, e ne riceve a sua volta diverse per speciali mostre temporanee.
A proposito di misure di sicurezza, le regole sul distanziamento fisico impediscono a troppe persone di lavorare insieme, soprattutto negli spazi più piccoli, e possono rallentare un po’ il ritmo. È il caso delle stanze dove abitava Luigi XIV, il famoso “Re Sole”, dove tra le altre cose i restauratori devono togliersi la mascherina per soffiare sulle sottilissime foglie d’oro che applicano sugli ornamenti già esistenti.
Non si sa ancora quando i musei potranno riaprire, ma nei giorni scorsi il presidente francese Emmanuel Macron stava valutando l’ipotesi di introdurre un terzo lockdown per contenere la diffusione dei contagi. Nel frattempo, per farsi trovare pronto per la riapertura, il Louvre ha iniziato a pianificare anche altri tipi di eventi, tra cui diverse esperienze interattive e sessioni di yoga nelle sale dei dipinti francesi il mercoledì, ogni mezz’ora: come ha detto la responsabile di queste iniziative, Marina Pia Vitali, «è un modo per richiamare l’attenzione e dire che il museo è vivo».
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