C’è stato un colpo di stato in Myanmar
L'esercito ha arrestato Aung San Suu Kyi e ha dichiarato un anno di stato di emergenza a causa dei presunti brogli alle ultime elezioni
Lunedì l’esercito del Myanmar (o Birmania) ha compiuto un colpo di stato: ha arrestato Aung San Suu Kyi, leader del partito che ha la maggioranza nel parlamento e di fatto capo del governo, ha dichiarato un anno di stato d’emergenza nel paese, ha interrotto le linee telefoniche nella capitale Naypyitaw e nella città di Yangon, e ha sospeso le trasmissioni della televisione di stato. Il capo delle forze armate birmane, il generale Min Aung Hlaing, ha sostenuto che nelle elezioni tenute lo scorso 8 novembre ci fossero stati brogli e irregolarità che la commissione esaminatrice non aveva riscontrato, e che perciò l’esercito aveva deciso di prendere il potere.
Il colpo di stato è avvenuto nel giorno in cui il parlamento del Myanmar avrebbe dovuto riunirsi per la prima volta dopo le elezioni. L’ex generale Myint Swe, che dal 2016 era uno dei due vicepresidenti, ricoprirà la carica di presidente ad interim.
Le elezioni – le seconde dalla fine del regime militare, nel 2011 – erano state vinte dalla Lega nazionale per la democrazia (NLD), il partito di Aung San Suu Kyi, da tempo molto criticata a livello internazionale per aver negato l’esistenza del genocidio della minoranza musulmana dei rohingya. L’NLD aveva ottenuto una vittoria schiacciante, conquistando 368 seggi su 434, mentre il principale partito di opposizione, il Partito per la solidarietà e lo sviluppo dell’Unione (USDP), sostenuto dai militari, si era aggiudicato solo 24 seggi.
Fin da subito i militari avevano contestato la regolarità delle elezioni, sostenendo che ci fossero stati brogli a favore del partito di Aung San Suu Kyi. Insieme a lei lunedì sono stati arrestati anche altri esponenti dell’NLD. Un portavoce del partito ha commentato gli arresti a Reuters, invitando la popolazione birmana a non «rispondere in maniera avventata» al colpo di stato e «a continuare a comportarsi secondo la legge».