Le scelte che hanno davanti Conte e i partiti
Una guida per orientarsi in questo momento di stallo e trattative della crisi di governo, che non ha una soluzione semplice
La crisi di governo innescata dall’uscita di Italia Viva e Matteo Renzi dalla maggioranza che sostiene il governo Conte va ormai avanti da due settimane senza che si intraveda una facile soluzione. La situazione è particolarmente difficile da sbloccare perché nessuno dei partiti coinvolti, né nella maggioranza né nell’opposizione, ha solo da guadagnare o da perdere: praticamente ogni scenario prevede dei pro e contro che i leader politici vogliono rimandare, soppesare con calma o negoziare fino all’ultimo minuto disponibile. Queste, al momento, sono le scelte che hanno davanti nell’ultimo giorno di consultazioni al Quirinale per la formazione di un nuovo governo, con qualche semplificazione, e la premessa che in queste settimane le cose sono già cambiate diverse volte, e rapidamente.
Italia Viva
Il partito di Matteo Renzi sta riuscendo, per ora, nell’obiettivo che si era posto nel breve termine: indebolire il presidente del Consiglio uscente Giuseppe Conte, che Renzi critica ormai da molti mesi sia per questioni di merito – la sua gestione del Recovery Fund e del MES – sia probabilmente per questioni di interesse politico: una eventuale prosecuzione della carriera politica di Conte potrebbe prosciugare l’elettorato centrista a cui si rivolge proprio Italia Viva. Nel colloquio avuto ieri col presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il partito di Renzi ha fatto capire che non accetterebbe un nuovo incarico a Giuseppe Conte, almeno non nell’immediato. Ma in altre sedi ha anche dimostrato di considerare questo punto negoziabile.
Sostenere un nuovo governo guidato da Conte: così facendo otterrebbe sicuramente maggiore influenza, per esempio sul piano da predisporre per accedere al Recovery Fund, e qualche ministero di peso. Ma verrebbe accusata da tutto l’arco politico di aver paralizzato il paese per settimane per una crisi infruttuosa, e per ottenere incarichi e un peso maggiore nel governo. Col rischio di essere continuamente presa di mira da alleati e oppositori e di ridurre ulteriormente i propri consensi in vista nelle prossime elezioni, previste attualmente per il 2023.
Rimuovere Conte e far accettare a PD e M5S un nuovo presidente del Consiglio: Renzi uscirebbe vincitore dallo scontro politico con Conte, dimostrando che non si può fare una maggioranza senza Italia Viva e che la sua strategia ha portato al risultato che auspicava. E oltre a ottenere maggiore influenza nel prossimo governo, depotenzierebbe un potenziale avversario per le future elezioni. Ma al momento sia il Partito Democratico sia soprattutto il Movimento 5 Stelle non sembrano smuoversi dal loro sostegno a Conte, per ragioni diverse. I dirigenti e i potenziali elettori del PD lo apprezzano molto, almeno per ora, mentre nel M5S nonostante qualche subbuglio l’appoggio a Conte è il collante che tiene insieme un partito in crisi ormai da mesi.
Sostenere un “governo istituzionale”: l’altra ipotesi citata da Renzi nella sua conferenza stampa gli garantirebbe una vittoria di immagine, ma diluirebbe il peso di Italia Viva nel nuovo governo. A meno di sorprese sarebbe infatti sostenuto da una maggioranza più ampia del governo uscente: cioè quella che viene chiamata “maggioranza Ursula”, che comprende anche Forza Italia o comunque almeno un pezzo del centrodestra.
– Leggi anche: Cos’è la “maggioranza Ursula”
Andare alle elezioni: sarebbe probabilmente piuttosto disastroso per un partito che i sondaggi danno intorno al 3 per cento. Di certo otterrebbe solo una frazione dei 18 senatori e 29 deputati che esprime oggi (e non solo perché i parlamentari saranno un terzo di meno, nella prossima legislatura).
Partito Democratico
Negli ultimi giorni il principale partito progressista in Italia si è stretto intorno a Giuseppe Conte. Il segretario Nicola Zingaretti lo ha indicato come «punto di equilibrio più avanzato» della fragile alleanza col Movimento 5 Stelle, rifiutandosi di proporre altri presidenti del Consiglio a Mattarella e al pubblico. Ora però deve scegliere che fare nei prossimi giorni.
Convincere Italia Viva a sostenere un nuovo governo Conte: al momento, ma la situazione potrebbe cambiare nelle prossime ore, è l’ipotesi preferita dal gruppo dirigente del PD. Significherebbe cedere a Renzi un’influenza e un peso ancora maggiori rispetto al governo precedente, e accettare di privarsi di qualche ministero. Ma l’operazione di sostituire Italia Viva con i voti di altre forze politiche centriste è fallita, e questa soluzione consentirebbe al PD rimanere al governo rinviando le elezioni: a cui il partito arriverebbe con sondaggi più bassi rispetto all’ultimo voto, le Europee del 2019. E soprattutto, gli consentirebbe di scegliere nel 2022 il nuovo presidente della Repubblica con questo Parlamento, concordandolo sostanzialmente con la stessa maggioranza che sosteneva il governo uscente.
Proporre un presidente del Consiglio più gradito a Italia Viva: posto che al momento non sono circolati nomi né ipotesi molto concrete in questo senso, un presidente del Consiglio diverso obbligherebbe Italia Viva a far cadere i propri veti ma metterebbe in grossa difficoltà il Movimento 5 Stelle, che potrebbe spaccarsi in due fra l’ala più disposta a rimanere al governo e quella più radicale che potrebbe approfittarne per chiedere le elezioni e provare a guadagnare il controllo del partito, ormai da mesi guidato dal reggente temporaneo Vito Crimi. Darla vinta a Renzi, poi, scontenterebbe un pezzo sostanziale del PD, che voleva approfittare di questa crisi per tagliare del tutto con Italia Viva, considerata ormai da molti un alleato inaffidabile.
– Leggi anche: Piccolo atlante dei partitini
Sostenere un “governo istituzionale”: la legislatura e l’elezione del presidente della Repubblica con questo Parlamento sarebbero salvi, ma il peso del partito nel governo sarebbe diluito e i suoi leader sarebbero costretti a cedere parecchi ministeri; per di più a partiti di opposizione, col rischio che si legittimino e rafforzino in vista delle elezioni.
Andare a elezioni: difficilmente il PD potrebbe vincere, dato che i sondaggi lo danno sotto di qualche punto alla Lega e appena sopra il Movimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia; ma a meno di sorprese o di novità – come l’ipotetico partito di Giuseppe Conte – non ne uscirebbe troppo ridimensionato, e Zingaretti avrebbe la possibilità di mettere insieme le liste elettorali, assicurandosi un notevole controllo sui gruppi parlamentari nei prossimi anni.
Movimento 5 Stelle
Negli ultimi giorni ha subito la crisi di governo senza smuoversi dalla propria posizione di totale appoggio a Conte, che però nasconde alcune discrepanze. Nei giorni scorsi Luigi Di Maio aveva lasciato intendere di essere disponibile a governare di nuovo con Italia Viva, e venerdì pomeriggio dopo le consultazioni con Mattarella lo ha confermato il dirigente Vito Crimi proponendo «un governo politico a partire dalle forze di maggioranza attuali». Nei giorni scorsi aveva detto l’esatto contrario, per intenderci su quanto cambino velocemente le cose.
Ma Alessandro Di Battista, leader dell’ala più radicale del M5S, ha risposto minacciando di lasciare il partito, se dovesse succedere: «Tornare a sedersi con Renzi significa commettere un grande errore politico e direi storico. (…) Se il Movimento dovesse tornare alla linea precedente io ci sono. Altrimenti arrivederci e grazie».
Convincere Italia Viva a rientrare in maggioranza e sostenere un governo Conte: a questo punto sembra la soluzione preferita dal M5S, più o meno per gli stessi motivi del Partito Democratico. Lo ha di fatto confermato dopo il colloquio con Mattarella. Ma oltre agli svantaggi di una soluzione simile –allearsi di nuovo con Renzi, considerato una specie di nemesi anche prima della crisi, per formare un governo in cui avrà ancora più potere contrattuale – ora si è aggiunta la preoccupazione di una possibile divisione interna, dopo le minacce di Di Battista.
Proporre un presidente del Consiglio più gradito a Italia Viva: a meno che il nuovo presidente del Consiglio non sia espresso dal Movimento 5 Stelle – sono giorni, del resto, che circolano voci su Di Maio, che secondo il M5S sono messe in giro da Renzi per destabilizzare il partito – difficilmente il partito potrebbe convincersi a mollare Conte, a meno che si trovi un modo per risarcirlo: magari con un numero di ministeri superiore al governo precedente, o la sostituzione del commissario europeo Paolo Gentiloni con un nome più gradito.
Ma al momento parliamo di ipotesi assai remote, perché il M5S teme la prospettiva di mollare Conte. L’azzardo con cui lo portò a sorpresa a Palazzo Chigi nel 2018, col senno di poi, si è rivelato una delle migliori decisioni prese dal partito. La sua popolarità costante lo ha tenuto a galla nonostante in questa legislatura sia venuto meno a moltissimi dei suoi principi fondativi, alleandosi prima con la destra e poi con la sinistra nel giro di un anno e mezzo.
Sostenere un “governo istituzionale”: i pro e contro sono più o meno gli stessi del Partito Democratico con la differenza che il M5S farebbe ancora più fatica a far digerire al proprio elettorato un governo “tecnico”, a cui in passato si sono sempre opposti.
Andare a elezioni: il partito non sparirebbe, ma complici i consensi dimezzati rispetto al 2018 e la riduzione del numero di parlamentari promossa proprio dal M5S, la maggioranza degli attuali parlamentari non sarebbe probabilmente rieletta.
Giuseppe Conte
Le strade del presidente del Consiglio uscente non sono moltissime, soprattutto dopo il fallimento dell’operazione dei “responsabili”.
Cercare di convincere Renzi e Italia Viva a sostenerlo di nuovo: il governo sarebbe salvo, pur con qualche ritocco nei ministeri, ma Renzi guadagnerebbe influenza e peso per almeno un anno. A partire da luglio infatti si entrerà nel cosiddetto “semestre bianco”, cioè gli ultimi sei mesi di mandato del presidente della Repubblica in cui la Costituzione impedisce lo scioglimento delle Camere. Giovedì, si è saputo, Conte ha chiamato personalmente Renzi, probabilmente per trattare il suo rientro nella maggioranza.
Farsi da parte: significherebbe probabilmente rinunciare alla propria carriera politica dato che le prossime elezioni si terranno probabilmente fra due anni, quando l’elettorato potrebbe averlo già dimenticato. Ad oggi però sembra che Conte stia facendo di tutto per rimanere al proprio posto.
Accettare di fare qualcos’altro: per esempio il ministro dell’Economia o degli Esteri, il commissario europeo al posto di Gentiloni, o un posto di vertice in un’azienda controllata dallo Stato. La sua carriera politica verrebbe sicuramente ridimensionata, ma sopravviverebbe in attesa di tempi migliori.
Centrodestra
Dato che in Parlamento non ha numeri sufficienti per proporre un governo alternativo in questi giorni sta soprattutto a guardare, pur con qualche distinguo. Mentre il sostegno a un nuovo governo Conte sembra praticamente impossibile, le opzioni a disposizione sono due.
Sostenere un “governo istituzionale”: Forza Italia e la Lega, le due forze che con sfumature diverse si sono dette disponibili ad appoggiare un governo del genere, potrebbero guadagnare credibilità e tornare al centro del dibattito politico. Ma Fratelli d’Italia, il partito a cui più di ogni altro converrebbe tornare al voto, ha già detto di non essere disponibile a operazioni simili. Difficilmente la Lega sarebbe disposta a lasciare al partito di Giorgia Meloni la qualifica di unico partito all’opposizione.
Andare alle elezioni: in questo momento converrebbe quasi solo a Meloni, dato che Forza Italia si disintegrerebbe e anche la Lega è data una decina di punti sotto al risultato delle Europee del 2019.