La versione di AstraZeneca sui ritardi del vaccino
Il capo dell'azienda farmaceutica ha detto che il contratto con l'Unione Europea non prevede obblighi specifici sul numero delle dosi da consegnare
Il CEO dell’azienda farmaceutica britannico-svedese AstraZeneca, Pascal Soriot, ha negato in un’intervista buona parte delle accuse ricevute negli ultimi giorni dalla Commissione Europea sui ritardi annunciati e le inefficienze sulle consegne del proprio vaccino contro il coronavirus. Soriot ha detto che AstraZeneca consegnerà una “quantità sufficiente” di vaccini nonostante l’annunciato taglio del 60 per cento delle dosi nel primo trimestre di quest’anno, aggiungendo che nei contratti – che non sono pubblici – si prevede che AstraZeneca faccia «del suo meglio» per produrre le dosi previste, senza particolari vincoli.
Nei mesi scorsi, la Commissione Europea aveva scommesso molto su AstraZeneca, con un contratto da 300 milioni di dosi (più un’opzione su altri 100 milioni) per un vaccino più economico e semplice da gestire rispetto ai concorrenti finora autorizzati, come quelli di Pfizer-BioNTech e di Moderna. Le prenotazioni erano state effettuate nell’estate del 2020, prima che emergessero dubbi sull’efficacia del vaccino di AstraZeneca e notizie su alcuni errori nella gestione dei test clinici.
Venerdì scorso, AstraZeneca aveva annunciato che non sarebbe stata in grado di produrre le dosi richieste dalla Commissione nei tempi pattuiti, con tagli alle consegne del 60 per cento circa nel primo trimestre: da 80 a 31 milioni per tutta l’Unione. In Italia entro fine marzo dovrebbero arrivarne circa 3,4 milioni, rispetto ai 16 milioni inizialmente previsti, condizione che farà ritardare di almeno un mese la campagna vaccinale.
Dopo alcune riunioni con i responsabili di AstraZeneca nei primi giorni di questa settimana, le autorità europee avevano accusato l’azienda di non rispettare i patti, sollevando l’ipotesi che i suoi dirigenti avessero deciso di privilegiare le consegne ad altri paesi dove erano riusciti a vendere il vaccino a prezzi più alti. Senza citarlo, il paese principalmente indiziato sembrava essere il Regno Unito, che ha già autorizzato il vaccino di AstraZeneca (nell’Unione Europea l’autorizzazione dovrebbe essere concessa entro pochi giorni).
Soriot ha negato questa circostanza in un’intervista ai giornali del consorzio Leading European Newspaper Alliance, tra cui Repubblica, ricordando che nella prima fase di distribuzione AstraZeneca si è impegnata a non trarre profitti dal proprio vaccino. Ha poi aggiunto che il Regno Unito aveva stretto un accordo circa tre mesi prima rispetto all’Unione Europea, dando all’azienda più tempo per disporre la produzione delle dosi nei propri impianti britannici:
Come detto, Regno Unito e Unione Europea hanno due catene produttive diverse e al momento quelle britanniche sono più efficienti perché sono partite prima. In ogni caso, sia chiaro: non c’è alcun obbligo verso l’Unione Europea. Nel nostro contratto c’è scritto chiaramente: “best effort”, ossia “faremo del nostro meglio”. In quella sede abbiamo deciso di utilizzare questa formula nel contratto perché all’epoca l’Unione Europea voleva avere la stessa capacità produttiva del Regno Unito, nonostante il contratto fosse stato firmato tre mesi dopo. Così noi di AstraZeneca abbiamo detto: “OK, faremo del nostro meglio, faremo il possibile, ma non possiamo impegnarci contrattualmente perché abbiamo tre mesi di ritardo rispetto al Regno Unito”. Non è dunque un obbligo contrattuale, ma un impegno a fare il massimo. Perché sapevamo che sarebbe stato difficile e difatti ora abbiamo un po’ di ritardo.
La versione di Soriot, fornita più o meno in questi termini alle riunioni dei giorni scorsi, non ha però convinto molto la Commissione Europea, che continua a chiedere ad AstraZeneca maggiori informazioni sui problemi tecnici alla base dei ritardi citati dall’azienda. Secondo le autorità europee, la società non ha finora fornito dettagli o prove che dimostrino i problemi produttivi e di conseguenza la maggiore lentezza nel produrre le dosi.
La commissaria alla Salute Stella Kyriakides ha criticato le reticenze dell’azienda e ha espresso la necessità di avere un maggior controllo sulle modalità produttive e di distribuzione del vaccino. Nel Regno Unito la produzione prosegue a un buon ritmo, ma Soriot ha escluso che per ora le dosi prodotte nel paese possano essere esportate altrove:
Nell’accordo che abbiamo firmato con l’Unione Europea c’è scritto che la fornitura europea potrebbe sì arrivare anche dal Regno Unito, ma questa è solo una possibilità secondaria. […] Appena si sarà raggiunto un numero di vaccinazioni sufficienti nel Regno Unito, allora potremo utilizzare gli stabilimenti britannici anche per la fornitura destinata all’Unione Europea. Ma il contratto con i britannici è stato firmato prima, il governo Johnson ci ha chiesto “di rifornire prima noi” e questo è comprensibile. Del resto, il vaccino è stato sviluppato con una collaborazione tra il governo britannico, Oxford e AstraZeneca. Ma appena ce ne sarà la possibilità, aiuteremo anche l’Unione Europea.
Rispondendo all’intervista, il portavoce della Commissione Europea Eric Mamer ha ribadito che AstraZeneca debba rispettare i propri obblighi contrattuali con il dovere di spiegare nel dettaglio che cosa impedisca di consegnare le quote di vaccini promesse. In precedenza aveva ricordato che negli accordi non si citava un sito produttivo nello specifico (probabile riferimento al fatto che le dosi prodotte nel Regno Unito non vengano impiegate altrove), ma che si parla generalmente di una capacità di produzione tale da poter rispettare gli impegni presi, senza tagli alle forniture.