La storia dei presunti vaccini sottratti dagli Stati Uniti all’Unione Europea
È stato insinuato in televisione negli ultimi giorni, collegando i ritardi di Pfizer al piano vaccinale annunciato da Biden: ma non ci sono prove
In questi giorni in Italia sono stati avanzati alcuni dubbi intorno ai ritardi nelle consegne delle dosi di vaccino contro il coronavirus prodotto da Pfizer-BioNTech, con insinuazioni che le dosi che non stanno arrivando all’Unione Europa siano state destinate agli Stati Uniti, dove il nuovo presidente Joe Biden ha promesso la somministrazione di 100 milioni di dosi in 100 giorni. Non c’è però nessuna prova che le due cose siano collegate.
Durante un’intervista con Barbara D’Urso al Live – Non è la D’Urso, il commissario straordinario per l’emergenza, Domenico Arcuri, ha detto che se Pfizer e BioNTech «tolgono i vaccini a un paese che non ha ancora iniziato la campagna, o la fa lentamente, non gli fa lo stesso danno che hanno fatto a noi che avevamo iniziato una campagna molto massiccia». D’Urso ha chiesto ad Arcuri se ad aggiudicarsi i vaccini che non sono stati consegnati sia «chi paga di più» come «l’Arabia, l’America, così», e Arcuri ha risposto in maniera piuttosto evasiva, dicendo che possono esserci «delle asimmetrie».
Dei ritardi nelle consegne dei vaccini ha parlato anche il virologo Massimo Galli, che in un’intervista ad Agorà ha detto che i rallentamenti sono «anche una questione di mercato. L’Unione Europea ha avuto garanzie di avere una grande quantità di vaccino a determinate condizioni e adesso c’è mezzo mondo che probabilmente sta offrendo di più, ma non traggo conclusioni».
I ritardi di Pfizer, secondo quanto detto dall’azienda, sono stati causati da interventi di potenziamento nello stabilimento belga di Puurs che consentiranno di aumentare la produzione di vaccini nei prossimi mesi. Pfizer ha anche annunciato che ci sarebbero stati ritardi solo questa settimana e che le consegne sarebbero tornate regolari a partire da lunedì 25 gennaio, con un aumento di produzione dal 15 febbraio.
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A questo annuncio si è sovrapposto un ridimensionamento del numero di fiale di vaccino di cui è prevista la consegna: perché le autorità europee hanno approvato la procedura che permette di estrarre sei dosi da ciascuna fiala, invece che cinque. Dato che i contratti tra Pfizer e i paesi si basano sul numero di dosi, l’azienda ha rivisto al ribasso il numero di fiale da consegnare: se prima per 60 dosi servivano 12 fiale, ora Pfizer può raggiungere gli stessi obiettivi di dosi consegnate con 10 fiale.
Secondo Associated Press, a Puurs sono prodotte tutte le dosi del vaccino escluse quelle distribuite negli Stati Uniti, dove Pfizer ha attivato tre dei suoi stabilimenti – in Missouri, Michigan e Massachusetts – per la produzione domestica. I ritardi produttivi dello stabilimento belga, quindi, non sembrano influire direttamente sulla linea produttiva statunitense. Nel contratto tra il governo statunitense e Pfizer, inoltre, è specificato che le prime 100 milioni di dosi prodotte negli Stati Uniti saranno distribuite localmente. Il Canada, ricevendo i vaccini prodotti in Europa, ha invece sofferto gli stessi problemi dei paesi europei negli ultimi giorni.
Nelle scorse settimane, comunque, anche negli Stati Uniti ci sono stati problemi e ritardi nelle consegne del vaccino di Pfizer, cominciate al rilento e poi pian piano aumentate, fino ad arrivare negli ultimi giorni a una media di 1 milione e 400mila persone vaccinate al giorno, anche prima dell’insediamento di Biden. Il piano, pur ambizioso, di vaccinare 100 milioni di persone in 100 giorni, quindi, è in linea con il ritmo attuale.
I contratti stipulati tra le società farmaceutiche e i governi relativamente alla fornitura delle dosi di vaccini, in ogni caso, sono piuttosto rigidi: per questo, anche se è possibile che ci siano dei rallentamenti nelle consegne, sarebbe probabilmente molto complesso per Pfizer-BioNTech decidere di scambiare le consegne di dosi previste tra paesi o decidere di tagliarle del tutto.
Durante il programma Mezzora in più, al quale è intervenuto anche l’ex direttore di Rai News, Antonio Di Bella, la giornalista Lucia Annunziata ha chiesto all’epidemiologo e fondatore del Northeastern Network Science Institute di Boston, Alessandro Vespignani, se Pfizer possa essere «accusata di rispondere più a un mercato o di star speculando soprattutto nei rapporti con l’Europa». Vespignani ha spiegato che «ci possono essere degli intoppi nei meccanismi di produzione» ma che gli «sembra molto difficile» che questo possa essere un «gioco dietro le quinte in cui si cerca di massimizzare gli interessi economici».