La decisione su TikTok, spiegata da chi l’ha presa
Guido Scorza, membro del Garante per la protezione dei dati personali, ha raccontato alla Stampa cosa comporta il divieto di trattare i dati dei presunti minori deciso dopo un caso di cronaca
Due giorni fa il Garante per la protezione dei dati personali dell’Italia ha disposto il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti di TikTok – il social network cinese usato dagli adolescenti per condividere video – per i quali non sia stata accertata l’età. La decisione era arrivata dopo la morte di una bambina di 10 anni che i giornali e la procura di Palermo hanno legato all’utilizzo di TikTok, per ora senza conferme ufficiali. Un membro del Garante, Guido Scorza, ha dato una estesa intervista ad Anna Masera della Stampa in cui spiega le ragioni del provvedimento.
Fra le altre cose Scorza racconta che le prime contestazioni a TikTok risalgono a un mese fa ma ammette che la notizia della morte della bambina abbia influito sul provvedimento: «Sarebbe ipocrita rispondere di no», spiega. Scorza risponde anche alle molte critiche arrivate in questi giorni sul fatto che TikTok non ha le capacità per verificare se i suoi utenti abbiano l’età sufficiente per consentire l’utilizzo dei propri dati personali: «Siamo un’autorità che ha il compito di tutelare un diritto fondamentale dei cittadini e non ho dubbi che sarebbe sbagliato astenerci dall’adottare un provvedimento – che a torto o a ragione riteniamo giusto e necessario – perché inattuabile».
Al momento TikTok non ha applicato il provvedimento del Garante, che se accolto avrebbe impedito agli utenti con un’età non verificata di postare nuovi contenuti. TikTok risulta regolarmente disponibile a tutti gli utenti italiani.
Di fatto, che cosa implica il vostro provvedimento? Uno stop temporaneo a nuovi accessi e commenti sulla piattaforma per tutti o solo per chi non ha l’età?
«Il provvedimento vieta a Tik Tok di trattare dati personali di utenti dei quali non è in grado di verificare l’età perché in assenza di verifica non può escludere – ed appare anzi altamente probabile – che anche minori di tredici anni utilizzino il servizio che essa stessa dichiara destinato esclusivamente a un pubblico di ultra-tredicenni e che anche minori di quattordici anni – età prevista dalla disciplina italiana in materia di privacy – prestino il consenso al trattamento dei loro dati per finalità commerciali. Poi starà a Tik Tok valutare se e in che termini riuscirà a dare un’esecuzione selettiva, ovvero limitata solo ad alcuni utenti, al provvedimento. Tik Tok non può porre in essere nessun trattamento di dati personali senza essere ragionevolmente certa che, a monte, vi sia un contratto validamente concluso e/o un consenso validamente acquisito».
Nelle considerazioni del provvedimento prendete atto che «recenti articoli di stampa hanno riportato la notizia del decesso di una bambina di 10 anni a seguito di pratiche emulative messe in atto in relazione alla sua partecipazione alla predetta piattaforma»: avete ceduto in qualche modo alle pressioni dei media?
«È un aspetto sul quale vorrei essere molto chiaro e altrettanto onesto condividendo le perplessità da qualcuno sollevate. Noi abbiamo avviato il nostro procedimento nei confronti di Tik Tok, contestando tra l’altro proprio una certa almeno apparente leggerezza nella verifica dell’età degli utenti e, conseguentemente, una serie di dubbi sulla legittimità del trattamento dei dati personali dei minori oltre un mese fa. L’attenzione al problema è nata, quindi, in tempi non sospetti e su base esclusivamente razionale e giuridica. Venerdì, poi, davanti alla vicenda di Palermo, almeno per come raccontata dai media e sulla base delle prime informazioni acquisite, abbiamo ritenuto che i rischi da noi già paventati un mese prima stessero prendendo forma nella maniera più drammatica possibile e ci siamo risolti a adottare un ordine cautelare, urgente e temporaneo che non pregiudica la decisione finale ma che al tempo stesso, se adempiuto, potrebbe scongiurare il rischio del verificarsi di altri episodi come quello accaduto a Palermo o, probabilmente, accaduto a Palermo. Abbiamo agito sulla base della pressione dei media? Non direi. L’umanità e la nostra coscienza hanno avuto un ruolo nella decisione? Sarebbe ipocrita rispondere di no.
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