Che storie raccontano le “monete della sfida”
Sono oggetti celebrativi diffusi nell'esercito americano e fra i presidenti: quelle emesse da Trump sono, come lui, sopra le righe
Almeno dai tempi di Bill Clinton, i presidenti americani emettono dei challenge coin: sono monete che commemorano eventi associati alla presidenza, regalate a personaggi importanti, alleati fedeli o a membri delle forze armate che si sono particolarmente distinti. L’usanza si diffuse nell’esercito – alcuni ne fanno risalire le origini alla Prima guerra mondiale, altre alla guerra di Corea – dove ogni unità aveva una moneta con il motto e le insegne che identificava gli appartenenti a quel gruppo, cementandone il legame. Il presidente uscente Donald Trump si è distinto per la sua passione per i challenge coin e, come ha scritto il New York Times, durante la sua presidenza «ha prodotto più monete, più elaborate, lucenti, appariscenti e grandi» dei suoi predecessori. Ha innescato anche una crescita di coniatori di monete, falsari e collezionisti, tanto che una sua moneta ufficiale è stata venduta su eBay per mille dollari.
L’interesse di Trump per i challenge coin risale alla campagna elettorale, quando aveva fatto circolare tra i membri del suo staff alcune monete che raffiguravano il suo logo e lo slogan della campagna, Make America Great Again. L’uso ricordava quello comune per queste monete, ovvero indicare un’affiliazione. Una volta diventato presidente, dispose dietro la scrivania dello Studio Ovale la sua collezione di monete, una pratica che aveva inaugurato Clinton, e poi iniziò a fabbricarne lui stesso.
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Come Trump, anche i suoi challenge coin erano sopra le righe e rompevano con la tradizione, che prevedeva il sigillo presidenziale, il motto americano E pluribus unum (“Da molti uno”) e 13 stelle simbolo delle prime 13 colonie; al loro posto c’era invece la scritta Make America Great Again. Una delle monete ufficiali più discusse fu pagata dal Comitato nazionale Repubblicano su approvazione di Trump: è più spessa, larga e fatta con più oro di quelle dei precedenti presidenti e riporta il suo nome e il suo slogan elettorale. Allora il consulente legale della Casa Bianca ricordò che le risorse del governo non dovevano essere utilizzate per messaggi politici partigiani, invitò i membri dello staff a non esporre la medaglia e raccomandò che non fosse distribuita a membri delle forze armate, come da tradizione. La moneta venne ritirata dopo le polemiche e le prese in giro della stampa.
Una sua riproduzione fu messa in vendita dal White House Gift Shop, un negozio privato della Pennsylavnia un tempo affiliato al governo federale. Ne ordinò 100mila copie realizzate da Challenge Design, un’azienda specializzata in monete decorative: costavano 49 dollari l’una e furono così richieste che il sito andò offline. Il negozio vende altri 10 challenge coin dedicati a Trump, tra cui uno che celebra gli sforzi dell’amministrazione per combattere la recente pandemia (poco efficaci nella realtà): mostra un disegno del coronavirus su una mappa del mondo, accompagnato dalla scritta World vs Virus: We Fought the Unseen Enemy. Everyday HEROES Suited Up. Everyday CITIZENS Did Their Part (“Il mondo contro il virus. Abbiamo combattuto il nemico invisibile. EROI si sono impegnati ogni giorno. Ogni giorno CITTADINI hanno fatto la loro parte).
Altre monete dedicate a Trump sono state realizzate da organizzazioni private o corpi militari. L’agenzia di comunicazioni della Casa Bianca ne produsse una che celebrava l’incontro a Singapore tra Trump e il presidente nordcoreano Kim Jong-un, che venne molto criticata perché raffigurava in modo positivo un brutale dittatore. Gli appartenenti a un’unità militare della Casa Bianca ne hanno commissionata un’altra che mostra su un lato il suo club privato in Florida, Mar-a-Lago, e sull’altro il sigillo presidenziale, la Casa Bianca e l’Air Force One. La sua scorta privata, composta da ex-agenti dell’FBI e poliziotti di New York, ne fece una con scritto «Porta un’arma, ti farà andare avanti», mentre l’unità di polizia dell’antiterrorismo che protegge la Trump Tower, a New York, fece coniare un challenge coin che raffigura Trump con un fucile automatico pronto a sparare per strada.
La polizia americana ha infatti una tradizione di challenge coin ufficiosi che inneggiano alla violenza, al razzismo e all’impunità dei suoi appartenenti (quelli ufficiali invece tendono a essere patinati e inoffensivi). Ne ha riparlato di recente il sito Mother Jones, presentandoli come prova dei valori spesso diffusi tra i poliziotti, che quest’anno sono stati protagonisti di singoli episodi brutali che hanno provocato la morte di cittadini afroamericani, spesso innocenti – come George Floyd e Breonna Taylor – e della repressione delle proteste più o meno pacifiche del Black Lives Matter, il movimento che rivendica i diritti dei neri e di altre minoranze. Alcune monete celebrano per esempio le squadre antisommossa di Baltimora che risposero alle proteste per l’uccisione di George Floyd; un’altra, commissionata da un ex poliziotto di Louisville, in Kentucky, mostra soldati davanti alla città in fiamme durante la manifestazioni per la morte di Breonna Taylor.
Mother Jones racconta di una moneta dedicata dai suoi colleghi a Matthew Spina, un agente del Connecticut che nel maggio del 2020 aveva fermato un automobilista per un controllo, tenendo un comportamento violento e ingiustificato; la scena era stata ripresa dalle telecamere e Spina era stato sospeso. Nella moneta viene raffigurato come un eroe. Altre celebrano episodi di “blue flue”, la pratica di protestare dandosi malati in massa, e quindi la forza contrattuale della polizia.
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Nel 2019 il sito ProPublica scoprì che challenge coin non ufficiali circolavano tra i poliziotti addetti alla protezione della dogana e delle frontiere. Raffiguravano una massa di persone sotto la bandiera dell’Honduras con scritto «continuate a far venire le carovane»: alludevano ai migranti centroamericani che Trump avrebbe voluto tenere lontano dagli Stati Uniti costruendo un muro alla frontiera con il Messico. I rappresentanti della divisione hanno detto a Mother Jones che non era stata «approvata ufficialmente». Un’altra moneta dei poliziotti di frontiera mostra uno scheletro che digrigna i denti con due pistole fumanti, un’altra ancora raffigura Trump con la loro divisa e scritto «proteggi il confine o chiudilo».
I challenge coin sono molto diffusi tra i 36mila poliziotti di New York. Spesso vengono commissionati dai membri di una squadra a scopo celebrativo: ce n’è una dedicata a un agente che aveva sparato e ucciso 4 persone e un’altra alla rappresaglia contro un poliziotto che aveva denunciato un sistema di corruzione interno. Nel 2017, i membri del sindacato di polizia della città realizzarono una moneta per raccogliere fondi per un agente ferito a Brooklyn: su un lato c’era scritto «Per quelli a cui piace la caccia, non c’è niente come la caccia di uomini»; una versione aveva l’immagine di un uomo nero messo all’angolo da poliziotti con scritto «Ora ci divertiamo». Alcune monete della polizia di New York hanno il logo del Punitore, un personaggio della Marvel che combatte i criminali in modo brutale ed estremamente violento.
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Al di là degli usi recenti più preoccupanti, monete simili ai challenge coin esistevano già tra i soldati dell’Impero Romano. Proseguirono nel Medio Evo e nel Rinascimento, quando commemoravano eventi o individui ed erano regalate e date in premio dai signori. Una variante cinquecentesca erano i méreau calvinisti: erano monete distribuite dall’anziano, punto di riferimento della comunità, se le azioni dei fedeli erano state conformi alla dottrina, ed erano l’unico modo per ottenere la comunione. In Francia dopo il ritiro dell’editto di Nantes nel 1685 – e la ripresa delle persecuzioni contro gli ugonotti, i protestanti francesi – molti continuarono a praticare la propria fede di nascosto e usarono i méreau per identificarsi e venire ammessi alla messa.
Secondo una delle storie più raccontate, i challenge coin vennero introdotti nell’esercito dei tempi moderni durante la Prima guerra mondiale. Prima che gli Stati Uniti entrassero nel conflitto, nel 1917, alcuni si erano arruolati come volontari, e tra loro c’erano molti giovani ricchi e istruiti. Tra questi c’era il tenente di uno squadrone che distribuì un medaglione in bronzo a tutti i suoi membri; uno di loro lo conservò in una custodia di pelle e se lo mise al collo. Mentre volava in ricognizione, venne abbattuto dal fuoco nemico, atterrò e fu catturato dai tedeschi, che gli sequestrarono qualsiasi effetto personale tranne la custodia e il medaglione. Una notte, durante i bombardamenti, riuscì a scappare, attraversò la trincea e si imbatté in un gruppo di soldati francesi. Questi però non riconobbero il suo accento, sospettarono fosse uno dei tanti infiltrati e lo condannarono a morte. Il soldato non poteva dimostrare in nessun modo la sua identità se non grazie al medaglione: lo mostrò ai francesi e qualcuno di loro riconobbe le insegne dello squadrone. Allora sospesero la condanna e gli diedero il tempo di confermare la sua storia; quando venne fuori che era vera, gli offrirono da bere.
Da allora tutti i membri del suo squadrone portavano sempre con sé la moneta. Ogni tanto qualcuno chiedeva a un compagno di mostrargliela per verificare che ce l’avesse: se non ce l’aveva doveva offrire da bere, altrimenti pagava l’altro. Deriverebbe da qui il nome di challenge coin, cioè moneta della sfida.
Un’altra leggenda li fa risalire alla Seconda guerra mondiale: sarebbero stati usati dagli agenti dell’Office of strategic services – i servizi segreti americani durante la Seconda guerra mondiale, precursori della CIA – nella Francia occupata dai nazisti per riconoscersi e prevenire l’infiltrazione di spie nemiche. Una volta finita la guerra, molti intrapresero una carriera nell’esercito, contribuendo a diffonderne l’uso.
Oggi queste monete non sono usate soltanto dai soldati ma sono diffuse anche in altri corpi e organizzazioni per rafforzare il senso di identità, commemorare eventi, raccogliere fondi o premiare azioni valorose. In questo caso, il superiore la consegna con gesto quasi segreto: una stretta di mano che nasconde la moneta luccicante.