Perché Pfizer consegna meno fiale di vaccino
E perché l’Italia sta valutando un’azione legale su ritardi e meccanismi della distribuzione
L’Italia e la Polonia sono gli unici paesi europei ad aver minacciato Pfizer di avviare azioni legali in seguito alla temporanea riduzione di vaccini consegnati dall’azienda statunitense. Venerdì scorso, Pfizer ha comunicato all’Italia e a tutti gli altri paesi europei che tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio sarebbero state consegnate meno dosi rispetto a quelle previste. L’8 per cento in meno, per la precisione, come scritto da AP. Eppure l’Italia ha minacciato azioni legali lamentando un taglio del 29 per cento in questa settimana, e del 20 per cento per la settimana prossima. Il divario tra l’8 per cento e il 29 per cento si spiega con la possibilità di estrarre sei dosi da ogni fiala di vaccino, anziché cinque. Partiamo dall’inizio.
Venerdì scorso, una nota diffusa dall’azienda ha spiegato che i ritardi di consegna sono stati causati da interventi di potenziamento nello stabilimento belga di Puurs che consentiranno di aumentare la produzione di vaccini nei prossimi mesi. Pfizer ha anche annunciato che ci sarebbero stati ritardi solo questa settimana e che le consegne sarebbero tornate regolari a partire da lunedì 25 gennaio, con un aumento di produzione dal 15 febbraio. Questi interventi permetteranno «di consegnare le quantità di dosi di vaccino previste per il primo trimestre e un quantitativo nettamente superiore nel secondo trimestre», si legge nella nota.
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La sesta dose non è gratis
Secondo i dati diffusi dalla struttura commissariale italiana, questa settimana c’è stata una riduzione pari al 29 per cento delle dosi previste, mentre nella settimana prossima verrà consegnato il 20 per cento di dosi in meno. Diversi osservatori hanno sottolineato che questi numeri sarebbero la fusione di due distinte azioni di Pfizer. La prima, come già detto, è la riduzione temporanea di consegne dovuta agli interventi nello stabilimento di Puurs. La seconda azione, invece, non sarebbe un taglio, ma solo una ridistribuzione in seguito alla possibilità di estrarre sei dosi da ogni flaconcino anziché cinque.
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Il 28 dicembre infatti l’AIFA, l’agenzia italiana del farmaco, ha confermato che è possibile estrarre la sesta dose di vaccino grazie a siringhe di precisione, che consentono di prelevare con esattezza la quantità di liquido necessario. L’8 gennaio l’EMA, l’Agenzia Europea per i Medicinali, ha ufficializzato questa novità e ha comunicato la modifica delle istruzioni del vaccino chiarendo che ogni flaconcino contiene sei dosi e non più solo cinque. Quella che era sempre stata chiamata “dose extra”, insomma, è una dose effettiva.
In una nota inviata al Financial Times, Pfizer ha spiegato che gli accordi stretti con i paesi europei si basano «sulla consegna di dosi, non di fiale». Finora, grazie alla sesta dose, l’Italia e tutti gli altri paesi europei hanno avuto il 20% di dosi in più rispetto al previsto. Questa possibilità è stata sfruttata fino al 15 gennaio, ma ora Pfizer ha confermato che non si trattava di un regalo.
A sostegno di questa argomentazione ci sono anche le parole pronunciate dal commissario per l’emergenza coronavirus, Domenico Arcuri, durante la conferenza stampa che si è tenuta ieri sera. «Purtroppo abbiamo ricevuto il 29 per cento di fiale in meno nella settimana corrente, e ci è stato comunicato che riceveremo il 20 per cento di fiale in meno la prossima settimana». Arcuri ha parlato di fiale, non di dosi. E ieri sono arrivate anche le parole del portavoce della Commissione europea, Stefan de Keersmaecker che ha confermato il ripristino delle consegne al 100% già dalla prossima settimana. «Torneremo al 100 per cento delle consegne concordate e le consegne previste per il primo trimestre verranno rispettate», ha detto de Keersmaecker.
Le ragioni italiane
L’Italia ha comunque qualche ragione. Pfizer, che ha in carico l’intera catena di distribuzione delle fiale sul territorio nazionale, ha stabilito una ridistribuzione delle dosi tra le regioni italiane senza criteri precisi. Alcuni centri di somministrazione non hanno avuto tagli, altri invece hanno avuto una riduzione fino al 60 per cento. Solo in Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Umbria e Valle d’Aosta non ci sono stati ritardi. Al momento, non è ancora chiaro come verranno distribuite le consegne la settimana prossima.
Molti presidenti di regione si sono lamentati di questa disparità durante una riunione che si è tenuta martedì sera con Arcuri. «Pfizer ha deciso unilateralmente dove inviare meno dosi di quanto preventivato», ha detto Arcuri durante la conferenza stampa di ieri sera. «Abbiamo condiviso con le regioni la necessità di una redistribuzione delle dosi che ci arriveranno la prossima settimana per compensare l’asimmetria e poi redistribuire le restanti dosi a disposizione».
Arcuri ha spiegato che il ritardo nelle consegne dei vaccini ha ritardato la campagna vaccinale con una riduzione dei ritmi di due terzi rispetto ai giorni scorsi. Dalle quasi 90mila dosi giornaliere somministrate fino a settimana scorsi si è passati a meno di 30mila dosi al giorno. In molte regioni è stata rimandata la somministrazione delle prime dosi per non correre il rischio di esaurire i vaccini e dover somministrare la seconda dose in ritardo rispetto ai 21 giorni previsti.
La possibile azione legale
Come già anticipato nei giorni scorsi, l’Italia sta valutando un’azione legale contro Pfizer. Ieri sera Arcuri ha detto che l’avvocatura generale dello stato sta istruendo un dossier per formalizzare «una serie di iniziative a tutela della campagna di vaccinazione in Italia e il potenziale danno che la sua riduzione e il suo rallentamento potrebbe portare alla nostra nazione».
Secondo Repubblica, che ha pubblicato alcuni stralci del dossier, i legali dell’avvocatura di stato stanno ipotizzando due possibili strategie: la prima consiste nel citare in giudizio Pfizer al tribunale civile di Roma presentando una diffida per inadempimento contrattuale basata sulle forniture previste da contratto. La seconda, invece, prevede un contenzioso avviato a Bruxelles, quindi un’azione legale a livello europeo e non solo italiano. Secondo Repubblica ci sarebbe anche una terza possibilità, più remota, di denunciare Pfizer alla procura di Roma per attentato alla salute pubblica, sul piano penale e non amministrativo.
I contenuti del contratto sottoscritto da Pfizer con i paesi dell’Unione Europea sono secretati, ma è noto che siano state previste penali in caso di ritardi sui tempi di consegna previsti ogni trimestre. In Italia, per esempio, devono essere consegnate 8 milioni e 749mila dosi entro la fine fine marzo. Finora in Italia Pfizer ha consegnato un milione e 560mila dosi di vaccino.
Fino ad oggi l’Italia era l’unico paese europeo ad aver minacciato azioni legali contro Pfizer. Venerdì mattina anche la Polonia ha detto che valuterà un contenzioso. «Penso che questa decisione (l’azione legale, ndr) potrebbe essere presa il mese prossimo, se le forniture non verranno completate in conformità con la dichiarazione del produttore», ha detto Piotr Müller, portavoce del governo polacco. Lunedì la Polonia ha ricevuto 176mila dosi di vaccino, il 50% di quelle previste.
Gli altri paesi europei per ora non hanno valutato azioni legali. Secondo il Wall Street Journal, un portavoce del ministero della Salute della Germania ha detto che non esiste nessuna tutela legale contro la riduzione delle consegne decisa da Pfizer. Il ministro della Salute tedesco, Jens Spahn, ha detto che il problema è soprattutto legato ai tempi di annuncio da parte di Pfizer, ma non ha parlato di tagli. «Capisco le ragioni, devono crescere. È positivo che stiano espandendo le loro capacità, ma sono molto, molto dispiaciuto che lo abbiano annunciato dall’oggi al domani», ha detto Spahn.
Durante il summit dei 27 leader europei, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha detto che tutti si aspettano un’accelerazione delle campagne vaccinali e che le aziende rispettino gli impegni. L’obiettivo dell’Unione Europea è arrivare a vaccinare il 70% della popolazione adulta entro l’estate. «Questo potrebbe essere il punto di svolta nella lotta contro il virus. La pandemia però avrà fine solo quando tutti nel mondo avranno accesso ai vaccini. Intensificheremo i nostri sforzi per contribuire a garantire i vaccini per i paesi vicini e per i nostri partner in tutto il mondo», ha dichiarato Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea.