L’indagine su Lorenzo Cesa, spiegata
Gli elementi dell'inchiesta sul dimissionario segretario dell'UDC e le conseguenze sui tentativi di allargare la maggioranza che sostiene Conte
Giovedì 21 gennaio, 48 persone sono state arrestate a seguito di un’indagine della procura antimafia di Catanzaro: 13 si trovano in carcere e per altre 35 sono stati disposti gli arresti domiciliari. L’accusa è, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, riciclaggio, traffico illecito di influenze e altri reati ancora. Nell’inchiesta risulta indagato per associazione a delinquere aggravata per avere agevolato la mafia anche Lorenzo Cesa, il segretario nazionale dell’UDC (Unione di Centro) che, ieri, si è dimesso dall’incarico. Da giorni l’UDC viene nominato come uno dei possibili partiti che potrebbe dare solidità alla maggioranza di Giuseppe Conte, ma l’inchiesta sta complicando le cose.
L’inchiesta
L’inchiesta della procura di Catanzaro è stata chiamata “basso profilo”, ed è coordinata dal procuratore Nicola Gratteri e dai sostituti Paolo Sirleo e Veronica Calcagno.
Al centro dell’indagine c’è un’organizzazione criminale di cui farebbero parte politici nazionali e locali, imprenditori, notai, commercialisti, esponenti della polizia ed esponenti della ‘ndrangheta di Crotone, come gli Arena o i Grande Aracri. L’obiettivo della rete sarebbe stato quello di ottenere appalti e forniture in modo illecito, utilizzando società e imprese già esistenti e attive nei settori dei materiali per l’antinfortunistica e delle pulizie. L’obiettivo era anche quello di far espandere queste aziende a livello nazionale, fuori dalla Calabria, e all’estero inserendole illecitamente nel sistema degli appalti pubblici.
Un ruolo importante in questa organizzazione lo avrebbero avuto gli imprenditori Antonio Gallo, detto «il principino», e Antonino Pirrello, entrambi, secondo la procura, legati alla ‘ndrangheta locale. Gallo, in particolare, «avvalendosi della sua intraprendenza imprenditoriale e veicolando parte dei proventi alle cosche, gestiva in regime di sostanziale monopolio la fornitura di prodotti antinfortunistici alle imprese che eseguivano appalti privati nei territori del settore jonico catanzarese», scrivono i giornali riportando parti del comunicato della procura. L’obiettivo di ottenere appalti con enti pubblici avveniva anche «attraverso il potere intimidatorio», la «gestione di società fittizie» e l’uso di «prestanome».
Non solo: l’imprenditore Gallo «si interfacciava con personaggi politici ai quali prometteva pacchetti di voti in cambio di favori per sé e per altri, sia in territorio della provincia catanzarese che in altre realtà territoriali». Gallo, infine, era per i magistrati un «jolly in grado di rapportarsi con i membri apicali di ciascun gruppo mafioso non in senso occasionale e intermittente ma organico e continuo».
Nell’inchiesta sono state ricostruite 388 operazioni bancarie, sono stati sequestrati molti beni, tra cui conti correnti, immobili e auto, e attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali sono stati registrati più di 250mila dialoghi.
La politica
Nell’inchiesta sono coinvolti, e si trovano ora ai domiciliari, Tommaso Brutto (consigliere comunale a Catanzaro), suo figlio Saverio Brutto (assessore comunale a Simeri Crichi) e Francesco Talarico, assessore al Bilancio della Calabria e segretario regionale dell’UDC. Tutti e tre avrebbero favorito l’aggiudicazione degli appalti da parte di Gallo, in cambio di una «provvigione del 5 per cento».
Nel comunicato della procura si legge anche che questa rete avrebbe interferito nelle elezioni politiche del 2018, quando Talarico era candidato alla Camera (risultò il secondo dei non eletti). Talarico, riportano i giornali, avrebbe offerto «il suo appoggio in cambio di un consistente pacchetto di voti, per introdurre gli imprenditori Gallo e Pirrello in ambienti politico istituzionali nazionali».
Di questa organizzazione, secondo la procura, avrebbe fatto parte anche Lorenzo Cesa, la cui casa all’Eur di Roma è stata perquisita giovedì mattina. Cesa ha confermato di aver «ricevuto un avviso di garanzia su fatti risalenti al 2017», quando era europarlamentare. E ha precisato, dando le proprie dimissioni dalla segreteria dell’UDC, di ritenersi «totalmente estraneo» ai fatti.
I fatti citati da Cesa consistono in un pranzo che sarebbe avvenuto nel luglio del 2017 a Roma e a cui avrebbero partecipato Gallo, Talarico, Tommaso e Saverio Brutto. Il 26 giugno 2017 Gallo e Brutto hanno avuto questa conversazione, intercettata: «Partiamo da qui verso le 4, le 5». «Hai capito? Partiamo con la macchina e… verso le 10 potrei combinare l’appuntamento con quello, ci sbrighiamo poi con quella là, e poi a pranzo siamo con Cesa. Come la vedi?». Il 7 luglio gli agenti della Direzione investigativa antimafia, scrive il Corriere della Sera, vedono Gallo e Brutto «pranzare assieme» a Lorenzo Cesa e a Francesco Talarico nel ristorante romano «da Tullio». Lorenzo Cesa è indagato perché, secondo l’accusa della procura, era il rappresentante politico più alto nella rete di relazioni costruita da Gallo.
I giornali hanno pubblicato molte altre intercettazioni, in cui Cesa non c’è ma in cui si parla di lui: si dice che Cesa avrebbe presentato a Gallo un amico consulente di vari enti (Enac, Eni, Telecom, Anas) che lo avrebbe potuto favorire nell’ottenere commesse a livello nazionale. Brutto dice anche di aver «saputo che Lorenzo (Cesa, ndr) potrebbe avere contatti anche con politici in Albania dove è conosciuto». Talarico conferma: «È sicuro, lui da parlamentare europeo può creare buoni contatti direttamente con parlamentari europei». E Brutto: «Questo è pure importante… Una cosa è che ti crea un contatto Cesa in Albania… che là non è come qua, un ministro in Albania gli molli…». Talarico: «Uuuuhhh… corruzione totale».
Il procuratore Nicola Gratteri è stato intervistato sul Corriere della Sera di oggi, dove ha riassunto le motivazioni che hanno portato alle accuse dei confronti di Cesa:
«Per i contatti con l’imprenditore Antonio Gallo, noto per essere il collettore della ’ndrangheta nella provincia di Crotone, che mira ad allargare i suoi affari e le sue attività. È arrivato (Gallo, ndr) a Reggio Calabria e s’è rivolto al clan De Stefano-Tegano per organizzare la campagna elettorale di Talarico, e poi a Roma per cercare di ottenere appalti di livello nazionale. Per questo organizza, tramite Talarico, un incontro con Cesa. Talarico sapeva perfettamente che Gallo si rivolgeva alle cosche reggine; Cesa e Talarico erano nello stesso partito e quindi, per ricambiare l’interesse per le elezioni, ha organizzato il pranzo».
Gratteri spiega anche che al momento del pranzo «Cesa era deputato europeo» e che dunque non lo potevano intercettare: «Però sappiamo da altre conversazioni che in quell’occasione hanno discusso di appalti con Anas, Enel e altri enti statali per far lavorare Gallo. C’è un’intercettazione in cui Talarico parla di Cesa, delle forniture di Gallo e del 5 per cento… In altre Gallo dice chiaramente che c’è un accordo, e che è salito a Roma appositamente per incontrare Cesa».
Trattative, ma di governo
Negli ultimi giorni, nell’ambito delle trattative per allargare la maggioranza di governo e garantire all’attuale esecutivo stabilità e concreta operatività, l’UDC (con i suoi tre senatori Paola Binetti, Antonio Saccone e Antonio De Poli) sembrava essere tornato centrale.
L’operazione di riuscire a costituire un gruppo con deputati e senatori tra quelli che lunedì e martedì hanno votato la sfiducia o si sono astenuti, e con il quale poter trovare un accordo su un nuovo patto di legislatura non sembra però andare molto bene. E l’inchiesta “basso profilo” sta complicando le cose.
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Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha dichiarato: «Mi sento di dire che mai il M5S potrà aprire un dialogo con soggetti condannati o indagati per mafia o reati gravi» e posizioni simili sono state espresse da altri deputati del Movimento 5 Stelle. Cesa, nel frattempo, ha ottenuto piena solidarietà dal suo partito e dal vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani.
Secondo alcuni cronisti, però, la crisi del partito di Cesa potrebbe aprire un vuoto al centro, che il nuovo gruppo a sostegno di Conte potrebbe riempire. E l’inchiesta in corso potrebbe convincere alcune e alcuni deputati a lasciare l’UDC e ad entrare in questo nuovo gruppo.
Il 26 gennaio alla Camera e il 27 al Senato verrà presentata la relazione del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Bonafede riassumerà quanto è stato fatto nel 2020, e presenterà anche le linee guida per il 2021, compreso quanto è contenuto sul tema giustizia nel Recovery Fund. Camera e Senato dovranno poi votare la relazione del ministro, e i numeri potrebbero mancare. Matteo Renzi ha già fatto sapere che non voterà a favore.
Il percorso di rafforzamento della maggioranza dovrebbe dunque concretizzarsi entro la data di quel voto, altrimenti la coalizione di governo rischia di andare sotto. A quel punto, si potrebbero riaprire i diversi scenari di cui si era già parlato e che vanno da un terzo governo Conte a nuove elezioni.