Il festival di Glastonbury è stato cancellato anche quest’anno
È il primo dei tantissimi festival estivi europei ad averlo annunciato, creando un po' di allarme nel settore dei concerti
L’edizione del 2021 del festival di Glastonbury, il celebre evento musicale che si tiene ogni anno una quarantina di chilometri a sud di Bristol, in Inghilterra, è stata cancellata, come già era successo all’edizione del 2020. Gli organizzatori hanno spiegato che, nonostante tutti gli sforzi fatti, si sono resi conto che sarebbe stato impossibile pianificare il festival per via dei problemi legati alla pandemia da coronavirus, pur non attribuendo esplicitamente la cancellazione all’epidemia. In Europa ci sono decine di altri grossi festival musicali estivi che per le stesse ragioni rischiano di dover essere annullati per il secondo anno di fila: gli organizzatori di alcuni di questi eventi sono cauti, altri invece rimangono ottimisti.
Il festival di Glastonbury si tiene d’estate, a fine giugno, nel Somerset, nei pressi di Pilton, a Worthy Farm. Ogni anno ci partecipano decine di migliaia di persone, negli ultimi anni tra le 150mila e le 200mila, e artisti internazionali molto famosi. Per dare l’idea, nell’edizione del 2019 a Glastonbury si erano esibiti artisti affermati come i Cure, Miley Cyrus e Kylie Minogue, ma anche popstar emergenti, come Billie Eilish. All’edizione del 2020, che avrebbe segnato il cinquantesimo anniversario del festival, si sarebbero dovuti esibire tra gli altri Paul McCartney, Taylor Swift e Kendrick Lamar.
With great regret, we must announce that this year’s Glastonbury Festival will not take place, and that this will be another enforced fallow year for us. Tickets for this year will roll over to next year. Full statement below and on our website. Michael & Emily pic.twitter.com/SlNdwA2tHd
— Glastonbury Festival (@glastonbury) January 21, 2021
Il fatto che l’annuncio della cancellazione del festival sia arrivato già a gennaio fa capire la gravità della pandemia nel Regno Unito, dove giovedì sono stati registrati 1.820 morti e quasi 40mila contagi da coronavirus.
Emily Eavis, che organizza il festival col padre Michael, aveva già parlato delle grosse incertezze riguardo all’edizione del 2021 in un’intervista a BBC lo scorso dicembre. Eavis aveva spiegato che la cancellazione della manifestazione nel 2020 era costata «milioni» di sterline e che lei e il padre erano molto cauti nel dire che l’edizione di quest’anno potesse darsi per certa. Uno dei problemi principali per i festival, infatti, è ottenere rimborsi da parte delle assicurazioni in caso di cancellazione. Per questa ragione Eavis e altri organizzatori di festival avevano chiesto al governo di istituire un fondo per coprire almeno in parte i costi relativi alla cancellazione degli eventi per cause legate alla pandemia, che ha avuto effetti disastrosi sul settore dei concerti.
Parlando della cancellazione del festival, il ministro della Cultura britannico, Oliver Dowden, ha scritto su Twitter che la decisione è «spiacevole ma comprensibile» e ha aggiunto che il governo continuerà ad «aiutare le arti nella ripresa e ad approfondire i problemi inerenti ai rimborsi assicurativi».
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La cancellazione del festival di Glastonbury, che è uno dei più storici e importanti tra tutti i festival europei, ha allarmato gli organizzatori di altri grossi eventi musicali estivi.
Come ha spiegato in un’intervista al New York Times Olivier Garnier, portavoce del festival francese di musica metal Hellfest, la notizia «ha lanciato un segnale molto negativo». Hellfest si tiene a fine giugno anno a Clisson, vicino a Nantes, nella Francia nord-occidentale, e ospita circa 60mila persone: per l’edizione del 2021 sono stati già venduti tutti i biglietti. Lunedì gli organizzatori di Hellfest hanno inviato una lettera alla ministra della Cultura francese, Roselyne Bachelot, per chiedere conferme sulla fattibilità del festival e proponendo tra le altre cose di effettuare un test per rilevare la presenza del coronavirus a tutti i partecipanti al momento dell’arrivo. Martedì Bachelot ha liquidato le richieste degli organizzatori, sottolineando che i festival sono un ovvio luogo di potenziale diffusione del contagio.
In Danimarca, dove a giugno dal 1971 si tiene il Roskilde, uno dei festival più grandi d’Europa, l’organizzazione degli eventi estivi sta invece procedendo. Come ha spiegato Esben Marcher di Dansk Live, un’associazione che rappresenta gli organizzatori di eventi danesi, in Danimarca gli eventi sono comunque più piccoli rispetto a Glastonbury e l’organizzatrice di Roskilde, Signe Lopdrup, ha detto di essere «cautamente ottimista» sul fatto che il festival si farà.
La scorsa settimana John Giddings, il capo del festival Isle Of Wight, che dovrebbe tenersi a luglio a Newport, sull’Isola di Wight, in Inghilterra, aveva detto a NME che secondo lui il festival potrebbe tenersi regolarmente se il 50 per cento dei partecipanti fosse vaccinato e l’altro 50 per cento potesse fare un test per accertare la negatività al coronavirus nel giro di poco tempo, come 5-10 minuti. Secondo Giddings la cosa «non è irrealizzabile» visto che il festival è tra sei mesi.
Hi, rest assured we’re continuing to work behind the scenes to get ready for Download this summer and hope to have more news for you by March 1st. In the meantime, stay safe.
— Download Festival (@DownloadFest) January 22, 2021
Gli organizzatori di altri festival contattati dal New York Times, tra cui il noto Primavera Sound di Barcellona, non hanno voluto commentare la cancellazione di Glastonbury, mentre quelli del festival belga Dour, durante il quale il prossimo luglio dovrebbero esibirsi tra gli altri il rapper A$AP Rocky, Stormzy e i Black Lips, hanno detto di essere sorpresi dalla notizia ma di essere «sicuri» che il loro festival si farà.
Nel frattempo, in Austria è stato introdotto un particolare piano assicurativo per coprire i costi degli eventi che non possono essere posticipati, compresi anche i festival musicali. Il ministero dell’Economia tedesco vorrebbe invece istituire due appositi fondi per attutire le conseguenze della pandemia sul settore culturale: uno per pagare un bonus agli organizzatori degli eventi più piccoli e l’altro per garantire la copertura assicurativa agli eventi a cui partecipano diverse migliaia di persone.
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