Sta arrivando l’animazione africana
Dopo il successo di fumetti e graphic novel, sembra sia il momento dei contenuti di animazione, anche grazie a Disney e Netflix
Già da qualche anno si parla del relativo successo, in Africa ma anche altrove, dei fumetti africani. In particolare di fumetti di supereroi, in grado di presentare a un ampio pubblico storie che spesso riprendono e rielaborano miti, questioni e tradizioni dei paesi in cui sono ambientate. Come ha raccontato di recente l’Economist, ora potrebbe essere arrivato il momento del successo, non solo in Africa, dei contenuti audiovisivi che prendono spunto da alcuni di quei fumetti.
Nei siti non di settore e su certi giornali statunitensi ed europei, della crescita dei fumetti e graphic novel africani si iniziò a parlare tra il 2015 e il 2016, quando a farsi notare furono soprattutto Kwezi e The Pack. Il primo prende il nome dal suo protagonista, un supereroe adolescente che vive a Gold City, una città nata in un futuro imprecisato sulle ceneri di Johannesburg, in Sudafrica. Il secondo parla di un gruppo di lupi mannari egiziani, con diversi riferimenti alla mitologia di alcuni stati dell’Africa occidentale.
Sempre in quel periodo – che precedette di diversi mesi l’uscita del film Marvel Black Panther, ambientato nell’immaginario e futuristico stato africano di Wakanda – si fece notare anche la startup nigeriana Comic Republic, i cui personaggi furono chiamati da qualcuno gli “Avengers Africani”, con riferimento a quelli ben più noti della Marvel. Tra i più noti supereroi di Comic Republic ci sono Guardian Prime, un venticinquenne nigeriano che lavora come designer ma ha una forza straordinaria che usa per combattere i criminali, e Hilda Avonomemi Moses, una donna proveniente da un piccolo villaggio che può vedere e comunicare con gli spiriti.
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In parte replicando quello che con tutt’altri tempi è successo negli Stati Uniti negli ultimi decenni, anche in Africa alcuni fumetti – di supereroi, ma non solo – sono diventati o stanno per diventare la base di contenuti audiovisivi, spesso di animazione. A farsi notare in questo senso è stata soprattutto Kugali, una società di produzione fondata nel 2017 da un ugandese e da due nigeriani. Uno di loro, Ziki Nelson, ha raccontato all’Economist di essere cresciuto con i cartoni animati televisivi sugli X-Men e sull’Uomo Ragno e di essere da lì passato ai fumetti della statunitense Archie Comics e poi ai manga e agli anime giapponesi. Sempre, però, soffrendo il fatto che «nessuno raccontasse storie che spiegassero agli africani da dove venivano».
Di Kugali si è parlato in particolare a fine 2020, dopo che la società ha fatto con Disney un importante accordo per la produzione di una serie di fantascienza intitolata Iwájú e ambientata in una versione futuristica di Lagos, la più grande città della Nigeria. L’Economist ha scritto che la serie, il cui titolo significa “il futuro”, «sarà intrisa di cultura Yoruba» (un gruppo etnico-linguistico dell’Africa occidentale, che rappresenta circa il 30 per cento della popolazione nigeriana).
In a first-of-its-kind collaboration, Disney Animation and Pan-African entertainment company Kugali will team up to create an all-new, science fiction series coming to #DisneyPlus in 2022: Iwájú. Check out a first look at visual development art from the series. pic.twitter.com/9iuWFDr61T
— Disney Animation (@DisneyAnimation) December 11, 2020
Già nel 2019, invece, Netflix – che si è interessata al mercato globale e alle produzioni africane molto prima di Disney – aveva deciso di produrre Mama K’s Team 4, che diventerà la prima serie d’animazione africana della piattaforma. Una serie per bambini «ambientata nella neofuturistica città di Lusaka, in Zambia», scritta dall’artista zambiana Malenga Mulendema, e co-prodotta dalla società sudafricana Triggerfish.
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Che si tratti di storie di supereroi o storie per bambini, tra le storie africane d’animazione che potrebbero farsi notare nei prossimi anni, molte provano a unire la storia e le tradizioni locali con una visione di quello che potrebbe essere il futuro, che molto spesso è un futuro positivo, con ambientazioni futuristiche (che in certi casi ricordano l’avanzatissimo regno di Wakanda delle storie Marvel).
Ma ci sono ovviamente eccezioni: Razor-Man, per esempio, ha per protagonista un meccanico diventato supereroe, che cerca di vendicare la morte del padre facendosi strada tra la repressione e la corruzione dello Zimbabwe. Lake of Tears racconta i problemi dell’industria ittica ghanese e parla di traffico di minori, Un Voyage Sans Retour parla di una migrazione verso l’Europa e Zana – un altro dei fumetti citati dall’Economist – «è ambientato in un futuro in cui l’apartheid non è mai finita».
I fumetti africani e le storie ambientate in Africa esistevano ovviamente già da prima che, qualche anno fa, iniziassero ad avere maggiori attenzioni e lettori anche in altri continenti. La loro crescita degli ultimi anni ha a che fare, sempre secondo l’Economist, con il fatto che «le piattaforme digitali e i software più accessibili hanno reso più facili i guadagni». C’entra anche un crescente interesse per il racconto di storie in cui sia più facile identificarsi rispetto a quella di un ragazzo di New York che diventa supereroe dopo il morso di un ragno o di un supereroe miliardario che vive a Gotham City.
Nell’ottobre 2020, anche un articolo di BBC provò invece a dare alcune spiegazioni ai crescenti interessi nei confronti dell’animazione africana. L’articolo citava, tra le altre cose, una particolare capacità nel raccontare «storie difficili in termini semplici» e nelle quali l’animazione era scelta al posto della recitazione per provare ad aggiungere – secondo una delle persone intervistate – «una sorta di anonimato e una certa distanza tra quello che si racconta e le prospettive degli altri».