L’inchiesta di Navalny sul presunto palazzo di Putin
L'organizzazione dell'oppositore russo ha pubblicato informazioni dettagliate su un palazzo enormemente lussuoso, e sostiene che appartenga al presidente
La Fondazione per la lotta alla corruzione (FBK, dall’acronimo russo), l’organizzazione guidata da Alexei Navalny, ha pubblicato online una lunga inchiesta in cui accusa il presidente russo Vladimir Putin di essersi fatto costruire un enorme e lussuoso palazzo sulla costa del mar Nero. L’inchiesta definisce la costruzione come «il palazzo più costoso del mondo», stima che sia costato 1,1 miliardi di euro e sostiene che sia stato finanziato almeno in parte con fondi illeciti, dicendo che si tratterebbe del «più grande atto di corruzione del mondo»: il portavoce di Putin ha smentito.
Navalny, il più famoso leader dell’opposizione in Russia, in questo momento si trova in una celebre prigione di Mosca, la Matrosskaya Tishina. È stato arrestato domenica sera in aeroporto, subito dopo il suo ritorno dalla Germania, dove si trovava per rimettersi da un tentativo di avvelenamento di cui, secondo Navalny stesso e alcune inchieste giornalistiche internazionali, sarebbero responsabili i servizi di sicurezza russi. Navalny è stato trasferito alla Matrosskaya Tishina dopo che un giudice, durante un’udienza improvvisata in una stazione di polizia fuori Mosca, ha deciso che dovrà passare 30 giorni in custodia cautelare. È accusato di una presunta violazione dei termini di una condanna della fine del 2014.
L’inchiesta sul palazzo di Putin è stata completata prima dell’arresto di Navalny e si compone di due parti: un ampio articolo, in russo, e un video lungo quasi due ore, una specie di documentario in cui l’oppositore russo fa da presentatore. Siccome l’arresto di Navalny era previsto (le autorità russe avevano detto che lo avrebbero arrestato appena fosse tornato nel paese, lui ha deciso di farlo ugualmente), la pubblicazione dell’inchiesta è stata studiata per avere un impatto anche sulla cronaca: all’inizio del video una scritta in sovrimpressione si rivolge direttamente agli spettatori russi e chiede loro di scendere in strada per manifestare «nel centro delle vostre città» sabato 23 gennaio alle 14. «Per molti anni, Navalny ha combattuto per i nostri diritti. Ora è il momento di combattere per lui». Il video è in russo ma ha i sottotitoli in inglese. In meno di 24 ore ha fatto circa 25 milioni di visualizzazioni.
Navalny, oltre che per la sua attività politica, è noto anche come attivista anti corruzione e come giornalista d’inchiesta. Con l’associazione no profit FBK ha prodotto molte inchieste sulla corruzione e sulle presunte ricchezze illecite della classe dirigente russa. Il New York Times ha scritto che le inchieste di Navalny hanno uno «stile populista»: sono spesso rigorose ma indulgono anche nel sensazionalismo.
Nei primi minuti del video, Navalny, filmato durante il suo recente soggiorno in Germania, spiega che la sua organizzazione ha lavorato all’inchiesta «mentre mi trovavo in terapia intensiva», cioè dopo l’avvelenamento, ma che «abbiamo deciso immediatamente che l’avremmo pubblicata soltanto quando sarei tornato a casa, in Russia, a Mosca, perché non vogliamo che il protagonista di questo film (Vladimir Putin, ndr) pensi che abbiamo paura di lui e che avrei parlato dei suoi peggiori segreti mentre mi trovavo all’estero».
Una prima, consistente parte dell’inchiesta parla di Putin, del suo passato da agente del KGB (i servizi segreti sovietici) e della sua ascesa al potere. La parte più rilevante e corposa riguarda però il gigantesco palazzo sul mar Nero.
Del palazzo si sapeva già molto. Si trova a Gelendzhik, una cittadina balneare circa 200 chilometri a nord di Sochi, e della sua esistenza si è parlato per la prima volta nel 2010, quando Sergei Kolesnikov, un imprenditore vicino al governo, inviò una lettera aperta all’allora presidente Dmitri Medvedev, uno stretto alleato di Putin, denunciando la costruzione di un gigantesco palazzo sul mar Nero con fondi illeciti. Kolesnikov fuggì dalla Russia poco dopo. Nel 2011, Wikileaks pubblicò foto dell’esterno e dell’interno del palazzo, fatte probabilmente dai lavoratori che lo stavano costruendo. Ci sono inoltre molte immagini satellitari, e non serve usare strumenti specialistici: il palazzo è perfino su Google Maps, identificato come «Putins residence».
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Putin e il Cremlino hanno sempre negato che il palazzo gli appartenga o che abbia a che fare con lui. Anche dopo la pubblicazione dell’inchiesta il suo portavoce, Dmitri Peskov, ha ripetuto che Putin «non ha nessun palazzo a Gelendzhik» e che le accuse sono come «un disco rotto». Ufficialmente, Putin possiede una villa molto più modesta a Sochi, poco più a sud.
L’inchiesta di Navalny e dei suoi, però, aggiunge a quanto era già noto alcuni elementi che cercano di provare il collegamento tra Putin e il palazzo, e inoltre aggiunge un’enorme quantità di dettagli a proposito dell’edificio, dei suoi spazi e dei suoi arredi lussuosi.
Per esempio, l’inchiesta sembra mostrare che l’enorme terreno su cui sorge il palazzo sarebbe di proprietà dell’FSB, l’intelligence interna, ma che la sua gestione sarebbe stata trasferita fino al 2068 all’azienda che ha costruito l’edificio, di proprietà di un imprenditore vicino a Putin. L’FBS vieta la pesca nel mare circostante, e sopra al palazzo è stata istituita una no fly zone, cioè un’area su cui vige divieto di sorvolo. Navalny a un certo punto definisce il palazzo come il luogo più sicuro di tutta la Russia.
Uno degli elementi più notevoli è che Navalny e i suoi sostengono di aver ottenuto da un imprenditore che ha partecipato ai lavori una pianta dettagliata dell’edificio. Per verificarne l’autenticità, l’hanno confrontata con le foto pubblicate nel 2011, ed effettivamente le informazioni combaciano. Nel farlo, Navalny si sofferma molto sull’imponenza e sul lusso eccezionali del palazzo, che si estende su 17 mila metri quadrati, all’interno di un terreno di 68 ettari e comprende un eliporto, un campo da hockey sotterraneo, una chiesa, vigneti, un allevamento di ostriche, un ponte lungo ottanta metri che conduce a una casa da tè grande 2.500 metri quadrati. C’è anche un tunnel che attraversa la scogliera per consentire un accesso diretto al mare. Il palazzo è a tre piani e vi si trovano piscine, saune, un cinema, un locale con un palo per la lap dance, una cantina per i vini e un casinò. La stanza da letto principale misura 260 metri quadrati.
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Maria Pevchikh, che dirige l’unità investigativa dell’organizzazione di Navalny, ha scritto su Twitter che dopo la pubblicazione della pianta dettagliata del palazzo Putin, che è «ossessionato dalla propria sicurezza», «non potrà più usarlo».
L’inchiesta, sia video sia scritta, è stata illustrata con dettagliate ricostruzioni 3D del palazzo e delle sue stanze, e si sofferma molto nella descrizione del lusso degli arredi, arrivando a identificare uno per uno gli elementi del mobilio presenti nelle foto e nel resto della documentazione: per esempio, i divani costano tra i 16 e i 22 mila euro l’uno, e all’interno della residenza ce ne sarebbero 47. Sono individuati anche uno scopino per il water da 700 euro e un porta carta igienica da 1.038 euro, entrambi importati dall’Italia.
Secondo Navalny e i suoi, la costruzione del palazzo sarebbe stata finanziata da aziende vicine a Putin, comprese compagnie di stato come Rosneft, l’azienda petrolifera russa, e sarebbero stati usati fondi illeciti, in parte frutto di atti di corruzione, come finanziamenti dati a progetti inesistenti. Peskov, il portavoce di Putin, ha detto che le accuse contenute nel video sono false.