Nuove e vecchie copertine di “1984”
Stanno arrivando nuove traduzioni del più famoso romanzo di Orwell, non più coperto dal diritto d'autore, e qualcuna chiama il Grande Fratello "Fratello Maggiore"
Dal primo gennaio, le opere di George Orwell fanno parte del pubblico dominio. Significa che le versioni originali – in inglese – di 1984, La fattoria degli animali, Omaggio alla Catalogna, Fiorirà l’aspidistra e via dicendo, non sono più coperte dal diritto d’autore e possono essere liberamente pubblicate e diffuse da chiunque senza dover compensare in qualche modo gli eredi di Orwell. Questo vale per i paesi dell’Unione Europea, dove il diritto d’autore sulle opere letterarie scade il primo gennaio successivo al 70esimo anniversario della morte dell’autore in questione. Il risultato è che nelle librerie sono arrivate molte nuove traduzioni e copertine di 1984, il romanzo distopico del 1949 a cui Orwell deve gran parte della sua fama e che ha avuto, e continua ad avere, un’enorme influenza culturale.
1984 è infatti ancora un libro lettissimo e compratissimo: un po’ perché è spesso nelle liste di libri da leggere durante l’estate che danno a scuola, un po’ perché periodicamente sembra aver anticipato la realtà del presente. Ovviamente c’entra anche il fatto che è un grande romanzo. In Italia solo nel 2020 ne sono state vendute più di 78mila copie. Per questo con l’entrata nel pubblico dominio delle opere di Orwell molte case editrici si sono organizzate per commissionare nuove traduzioni e proporre una propria edizione.
Per anticipare la concorrenza, Mondadori, che fino all’anno scorso aveva i diritti esclusivi per la pubblicazione di 1984, lo aveva ripubblicato in una nuova traduzione dello scrittore Nicola Gardini alla fine del 2019. Per quanto riguarda invece le edizioni appena arrivate nelle librerie, quelle di Einaudi e Bompiani sono state tradotte, rispettivamente, dagli scrittori Marco Rossari e Vincenzo Latronico. Feltrinelli si è affidata a Franca Cavagnoli, scrittrice e traduttrice di moltissimi importanti autori anglosassoni, da Mark Twain e Francis Scott Fitzgerald a Toni Morrison e Jamaica Kincaid; Garzanti alla traduttrice Bianca Bernardi. Newton Compton invece ha fatto tradurre tutti i romanzi di Orwell a Enrico Terrinoni, professore di letteratura inglese all’Università per Stranieri di Perugia e autore di una delle nuove traduzioni italiane di Ulisse di James Joyce.
Il mondo di 1984 è talmente entrato nell’immaginario collettivo che anche chi non l’ha mai letto sa a grandi linee di cosa parla e, anche se non è così, almeno conosce la più nota espressione inventata da Orwell nel romanzo: il Grande Fratello. Così nella prima edizione italiana del romanzo, pubblicata nel 1950, Gabriele Baldini (critico, traduttore e marito di Natalia Ginzburg) tradusse Big Brother, che in inglese vorrebbe dire “fratello maggiore”, “fratellone”. È il nome con cui è noto il misterioso dittatore di 1984, la cui faccia baffuta è rappresentata su manifesti onnipresenti i cui occhi seguono i passanti.
Proprio per questo tra le innumerevoli copertine di 1984, nuove e vecchie, italiane e straniere, moltissime mostrano appunto l’immagine di uno o più occhi. Molte altre invece mostrano telecamere di sorveglianza, o uomini baffuti: alcuni sono rappresentazioni del Grande Fratello, altre dello stesso Orwell, che come Stalin e Hitler, possibili modelli del dittatore di 1984, portava i baffi. Poi le copertine si potrebbero dividere anche tra quelle che mostrano il titolo del romanzo in lettere (come la prima edizione britannica) e quelle che invece lo riportano in cifre, decisamente più comuni.
Vecchie copertine di 1984, italiane e no:
Copertine a parte, un criterio per scegliere tra le nuove edizioni è quello della traduzione. Dato che è impossibile farsi un’idea completa di tutte le nuove traduzioni ci si può basare su quella scelta per tradurre “Big Brother”. Rossari, per Einaudi, ha deciso di mantenere “Grande Fratello”, come ha fatto Gardini per Mondadori. Latronico nell’edizione Bompiani ha invece scelto di mantenere la versione inglese, anche per distanziarla dal Grande Fratello televisivo. Ha fatto lo stesso con tutte le parole del “newspeak“, la lingua “ridotta” imposta dalla dittatura di 1984, che in italiano era nota come “neolingua”: le ragioni di questa scelta sono che oggi l’inglese di base è conosciuto ai lettori italiani, diversamente dagli anni Cinquanta, e dunque la lingua volutamente semplificata di Orwell lo è a sua volta. Mantenerla nella versione originale è dunque, per Latronico, una scelta più fedele.
Anche Franca Cavagnoli ha usato “Big Brother” (tra le sue motivazioni, spiegate in una nota in fondo al libro, sottolinea anche: «I francesi, che pur traducono tutto, hanno conservato Big Brother fin dalla prima versione degli anni cinquanta e non lo hanno trasformato nel fratello maggiore di nessuno»), ma ha tradotto “newspeak” come “parlanuovo”. Infine, nell’edizione Sellerio, Pincio ha scelto una traduzione più letterale: non solo ha tradotto “newspeak” con “Parlanuovo”, il suo “Big Brother” è “Fratello Maggiore”. Nell’introduzione al romanzo ha spiegato così la sua scelta:
Diciamo Grande Fratello e subito pensiamo a un’entità superiore e a noi estranea che cala dall’alto per sottometterci. Ci trovassimo in un romanzo di fantascienza, potremmo figurarcelo come un’immensa astronave giunta dal pianeta del male per oscurare il cielo. Orwell non pensava a niente di così remoto. Se ha chiamato il despota a quel modo è proprio per dirci che il male lo abbiamo in casa e non è neanche il padre, autorità primigenia in tanti miti e religioni, ma qualcuno di ancora più simile a noi, nostro fratello, colui che può guardarci dall’alto soltanto perché è nato prima di noi, il Fratello Maggiore.