Il sogno dell’Union Berlino
La piccola squadra tedesca posseduta dai suoi tifosi – che per salvarla donarono letteralmente il sangue – sta disputando una stagione straordinaria in Bundesliga
di Pietro Cabrio
La caratteristica che rende diverso il calcio tedesco è data dalla cosiddetta regola del “50+1”, la quale stabilisce che le quote di maggioranza di ciascun club professionistico debbano essere di proprietà dei soci, quindi di tifosi e sostenitori, e non di un unico soggetto. Questa regola è considerata alla base del grande attaccamento dei tifosi tedeschi alle loro squadre, anche le meno note, alcune delle quali, per fare un esempio, portano allo stadio più tifosi di diversi grandi club italiani. Garantisce inoltre la solidità dei bilanci tramite spese oculate e una crescita senza eccessi.
Dall’altro lato, però, la convinzione che il “50+1” sia diventato un freno alla crescita economica delle squadre è diffusa, soprattutto tra i dirigenti dei club, i quali nel 2018 proposero senza successo la sua abolizione. La divisione tra le due “correnti” si fa ogni anno più evidente, con i sostenitori del “50+1” che hanno preso l’abitudine di contestare i club che, per motivi storici o altro, rappresentano delle eccezioni: parliamo del Bayer Leverkusen, nata come squadra aziendale dell’azienda farmaceutica Bayer, del Wolfsburg di proprietà della Volkswagen, dell’Hoffenheim e soprattutto del Lipsia, che la multinazionale austriaca Red Bull comprò alzando di dieci volte le quote d’ingresso ai soci per diventarne l’unica e incontrastata proprietaria.
È in questo contesto che l’Union Berlino, vecchia e atipica squadra di Berlino Est, si sta sorprendentemente imponendo ai vertici del calcio tedesco come il più autentico esempio degli aspetti positivi portati dalla regola del “50+1”.
L’Union non si limita soltanto a rispettare le regole che impongono la posizione maggioritaria dell’azionariato popolare, ma le applica alla totalità delle sue quote. Tutti i suoi soci contano allo stesso modo e nessuno può avere più “peso” degli altri, come accade invece in altri club: ad esempio il Bayern Monaco, tra i cui soci di minoranza ci sono grosse aziende come Adidas, Audi e Allianz. Il presidente dell’Union, Dirk Zingler, è soltanto un tifoso come un altro, con esperienza nel settore imprenditoriale, eletto dalla maggioranza dei soci, le cui decisioni devono comunque ricevere l’approvazione di un gruppo di supervisori, cioè di altri tifosi. E a tutti va bene così.
Lo stadio An der Alten Försterei, dove in tre dei suoi quattro settori le partite si guardano rigorosamente in piedi, è stato ricostruito nel 2009 da tifosi volontari, gli stessi che nel 2004 salvarono il club da una probabile bancarotta con i rimborsi ricevuti per aver donato il sangue, come si usa in Germania. L’impianto è a disposizione della squadra e al servizio della comunità che lo ha costruito. Ogni Natale — salvo l’ultimo, a causa della pandemia — viene aperto per un grande mercatino natalizio dove oltre 20mila persone si ritrovano tra bancarelle, canti natalizi ed eventi benefici. In un’altra occasione, i Mondiali di calcio del 2014, l’Union invitò i tifosi a portare divani, sedie e poltrone per guardare le partite sul prato come se fossero a casa loro.
Lo spirito anticonformista che i tifosi dell’Union conservano e riflettono sulla loro squadra deriva dal passato del club, fondato nel 1906 dall’unione di alcune piccole squadre locali su iniziativa di un gruppo di residenti del quartiere popolare di Köpenick, periferia orientale di Berlino. Dopo la costruzione del Muro e la divisione della città tra settori, l’Union rimase una squadra di connotazione operaia e finì a giocare nel campionato della DDR, dove nacque una sentita rivalità con la Dinamo Berlino e la Dinamo Dresda, le squadre controllate da militari e corpi di polizia. La contrapposizione alle due squadre statali fece diventare l’Union la squadra di calcio di riferimento per i dissidenti e successivamente anche per le folte scene punk e skinhead di Berlino.
Alla riunificazione della Germania seguirono anni complicati passati tra le categorie minori ma con qualche piccola soddisfazione, come la finale di Coppa di Germania raggiunta nel 2001 e la conseguente qualificazione ai primi turni di Coppa UEFA. Nei successivi anni Duemila, dopo essere stata salvata dalle donazioni di sangue dei suoi tifosi, l’Union ha scalato quattro divisioni. Due stagioni fa, battendo agli spareggi lo Stoccarda, ha ottenuto la prima promozione in Bundesliga della sua storia. Nello stesso anno, a una settimana dal trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, l’Union ha giocato il primo derby della capitale in Bundesliga, contro l’Hertha, la squadra dell’Ovest, battendola 1-0 in una partita giocata tra fumogeni, invasioni di campo e incendi sugli spalti.
A metà della sua seconda stagione in Bundesliga, allenata dallo svizzero-tedesco Urs Fischer, l’Union si trova al quinto posto con 7 vittorie e 7 pareggi in sedici partite, e già 11 punti di vantaggio sui rivali dell’Hertha, da sempre considerati la squadra di riferimento della capitale. Sono risultati stupefacenti, considerano che l’Union è la penultima squadra della Bundesliga per monte ingaggi e valore complessivo della rosa: tra il suo valore stimato e quello del Borussia Dortmund, quarto in classifica con un solo punto in più, ci sono circa 500 milioni di euro di differenza. Ancora più sorprendenti sono i risultati ottenuti dall’Union contro le ricche squadre di alta classifica: Bayern Monaco, Francoforte e Wolfsburg sono state fermate sul pareggio, mentre contro Borussia Dortmund e Bayer Leverkusen sono arrivate due vittorie.