Il coronavirus in automobile
Una nuova ricerca ha valutato i rischi di contagio per i viaggi in auto, e misurato le soluzioni più efficienti per ridurli
Un gruppo di ricercatori statunitensi ha simulato diverse condizioni di viaggio in automobile, per capire come il coronavirus si possa diffondere tra i passeggeri e quali precauzioni adottare per ridurre i rischi. Il loro studio, da poco pubblicato sulla rivista scientifica Science Advances, è uno dei primi a occuparsi estesamente delle automobili, dopo che diverse altre ricerche avevano interessato autobus, treni, aerei e altri mezzi da trasporto. Come per gli altri ambienti chiusi, anche per la permanenza in auto è consigliato un costante ricambio d’aria e l’impiego delle mascherine, con qualche particolare accortezza aggiuntiva.
I ricercatori della Brown University (Rhode Island) hanno utilizzato una simulazione al computer per analizzare le modalità di diffusione del coronavirus nell’abitacolo di un’automobile, con una forma simile a quella di una Toyota Prius, una delle auto ibride più vendute al mondo. Sono partiti da un modello solitamente impiegato per valutare l’aerodinamica dei veicoli, al loro esterno e al loro interno, adattando alcuni parametri alle conoscenze sviluppate nell’ultimo anno sulla circolazione delle particelle virali in sospensione nell’aria (aerosol), soprattutto negli ambienti chiusi.
Per lo studio è stato scelto uno scenario ipotetico in cui un’automobile viaggia a 80 chilometri orari con due occupanti: il guidatore nel sedile anteriore sinistro e un passeggero, nel sedile posteriore destro. È stata scelta questa disposizione non solo perché tipica in circostanze come prendere un taxi, ma anche perché è consigliata da varie istituzioni sanitarie per ridurre il rischio di contagio: consente di ottenere la maggior distanza possibile tra i due occupanti del veicolo.
Utilizzando il modello, i ricercatori hanno simulato al computer diverse condizioni per valutare la variazione nei flussi d’aria all’interno dell’abitacolo, mantenendo come costante la presenza dell’aria condizionata attiva. Come prevedibile, il ricambio d’aria è risultato più basso nel caso in cui tutti i finestrini fossero chiusi. In questa circostanza, hanno calcolato che fino al 10 per cento degli aerosol emessi da un passeggero possano raggiungere l’altro.
Le cose sono cambiate radicalmente simulando l’apertura di tutti i finestrini, con un tasso di ricambio d’aria molto più alto. In questo caso la simulazione ha indicato come al massimo il 2 per cento degli aerosol emessi da un passeggero possano raggiungere l’altro. Il costante flusso d’aria fa sì che ci sia un ristagno quasi assente di aerosol e rende quasi marginale il rischio di essere contagiati.
Tenere i finestrini aperti mentre si viaggia a 80 chilometri orari non è pratico, soprattutto nella stagione fredda. I ricercatori hanno quindi fatto altre simulazioni rilevando come un buon compromesso sia dato dall’aprire i finestrini dei posti vuoti. Questa soluzione consente di creare un flusso d’aria trasversale, che crea una sorta di barriera tra i due occupanti, riducendo sensibilmente i rischi di contagio.
Il modello aiuta a farsi un’idea delle strategie da adottare, ma ha comunque diversi limiti da tenere in considerazione. Il primo è che ipotizza uno scenario in cui ci siano solamente due individui a bordo, che possono quindi mantenere una maggiore distanza rispetto a quanto potrebbero fare più passeggeri. La simulazione ha inoltre interessato un tipo particolare di veicolo e con dimensioni dell’abitacolo “medie”, rispetto ai modelli di automobili più utilizzati.
Richard Corsi, un esperto di qualità dell’aria della Portland State University (Stati Uniti) e autore di alcune analisi sulla diffusione del coronavirus negli ambienti chiusi, ha commentato con interesse i risultati della ricerca definendola “piuttosto raffinata”, nonostante le inevitabili approssimazioni. Corsi sta lavorando a un nuovo studio sulla diffusione degli aerosol contaminati e il rischio di inalarli, in diverse circostanze. Ha stimato che un viaggio di 20 minuti in automobile con un individuo contagioso possa essere più rischioso rispetto a una cena al ristorante, o a una lezione in classe, della durata di almeno un’ora.
Tornando allo studio della Brown University, i ricercatori spiegano che se entrambi gli occupanti dell’automobile indossano la mascherina c’è un minore rischio di contagio, anche se difficile da valutare e variabile a seconda del tipo di protezione utilizzato e del modo in cui viene indossato. Le attuali normative in Italia richiedono che nella parte anteriore del veicolo ci sia il solo guidatore, e che ci possano essere al massimo due passeggeri per ciascuna ulteriore fila di sedili posteriori: tutti devono indossare la mascherina. I limiti non sono applicati se sul veicolo viaggiano individui conviventi.